I vaccini disponibili in Italia per prevenire COVID-19, la malattia causata dal virus SARS-CoV-2, al momento sono 4 e sono stati tutti autorizzati da EMA (European Medicines Agency – Agenzia Europea per i Medicinali) e da AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco).
Questi vaccini sono di due tipi:
– Quelli a mRNA (Pfizer-BioNTech e Moderna)
– Quelli a vettore virale (Vaxzevria-AstraZeneca e Janssen di Johnson & Johnson)
I vaccini sono stati autorizzati solo per soggetti di età maggiore di 16-18 anni, in quanto negli studi sperimentali non è stata a oggi studiata la popolazione pediatrica. Tuttavia, in alcuni Paesi, si è deciso di diversificare il loro uso in base all’età dei soggetti a cui vengono somministrati.
Questa decisione è arrivata a seguito della comparsa di rari eventi, caratterizzati da un calo del numero di piastrine (trombocitopenia) associato a trombosi, soprattutto venose e talvolta fatali. Questi episodi hanno riguardato per lo più soggetti di età inferiore ai 60 anni, che hanno sviluppato queste problematiche entro due settimane dalla vaccinazione dalla vaccinazione e quasi esclusivamente dopo somministrazione di vaccini a vettore virale.
Questa evidenza ha indotto EMA e AIFA, le due agenzie che regolano i medicinali a livello europeo ed italiano, a condurre un’indagine che ha confermato quanto i benefici del vaccino superino i rischi. In alcuni Paesi, tra cui l’Italia, oggi viene consigliato di somministrare comunque questi vaccini a persone con più di 60 anni.
Il rischio trombosi legato alla somministrazione del vaccino ha fatto molto discutere. Ma di cosa si tratta? Ne abbiamo parlato con il dottor Corrado Lodigiani, Responsabile del Centro Trombosi e Malattie Emorragiche di Humanitas.
Che cos’è la trombosi?
La trombosi si verifica quando all’interno di un vaso sanguigno, si forma un coagulo di sangue (detto trombo) formato da globuli bianchi, rossi e piastrine, che ostacola la circolazione all’interno del vaso. La trombosi è un evento frequente e potenzialmente grave e determina eventi gravi come infarto cerebrale, ictus, infarto del miocardio o embolia polmonare. Complessivamente rappresenta la prima causa di morte nel mondo industrializzato.
Trombosi arteriosa e venosa: quali le differenze?
Nella trombosi arteriosa, i coaguli si formano all’interno delle arterie (come accade per esempio in caso di infarto cardiaco o ictus cerebrale), quei vasi sanguigni che portano il sangue ricco di ossigeno agli organi.Questa patologia è legata prevalentemente all’aterosclerosi che ha come fattori di rischio l’ipercolesterolemia, l’ipertensione, il fumo e l’obesità.
Nella trombosi venosa, invece, il fenomeno interessa il distretto venoso. Le vene hanno il compito di raccogliere il sangue “sporco” da un organo e di portarlo, attraverso il cuore, ai polmoni (dove viene “ripulito”). Le cause principali sono legate a una ridotta mobilità, traumi, interventi chirurgici, tumori e altre malattie infiammatorie o alterazioni genetiche della coagulazione (trombofilia); mentre nelle donne, soprattutto se in sovrappeso, fumatrici e trombofiliche, può essere favorita anche dalla pillola anticoncezionale o dalla terapia ormonale sostitutiva.
Vaccini: quelle osservate non sono trombosi “comuni”
I casi di trombosi a oggi osservati durante la campagna vaccinale mondiale sono molto rari. I numeri parlano chiaro: 40 casi su 35milioni per Vaxzevria-AstraZeneca e 6 casi su 7 milioni per Johnson&Johnson.
“Le trombosi finora descritte non sono nella maggior parte dei casi le trombosi più comuni. Si tratta di trombosi rare – osservate anche in altri contesti clinici al di là dell’ambito vaccinale – che avvengono nelle vene del cervello (seni venosi cerebrali) e più raramente nelle vene degli organi interni dell’addome (trombosi splancniche)”, ci spiega il dottor Lodigiani.
“Parliamo di fenomeni rari perché mentre la trombosi venosa profonda degli arti inferiori ha un’incidenza di circa un caso su 1000 soggetti all’anno (che può arrivare addirittura a un caso su 100 nei pazienti anziani), le trombosi venose cerebrali hanno un’incidenza di circa un caso su 100mila soggetti.
Quelle osservate nel corso della campagna vaccinale sono dunque trombosi estremamente rare, atipiche e che non riconoscono gli stessi fattori di rischio noti per il tromboembolismo venoso più tradizionale.
Sembra essere implicato un meccanismo di tipo autoimmune correlato a una reazione anomala che qualunque organismo può avere nei confronti di un farmaco (in questi casi il vaccino o “il virus-vettore” stesso). Il meccanismo sembra essere identico a quello che si verifica paradossalmente in rarissimi casi (con un’incidenza molto simile a quella del vaccino) nei pazienti cui viene somministrata l’eparina, un farmaco utilizzato quotidianamente su centinaia di migliaia di pazienti proprio per prevenire o curare la trombosi.
I casi osservati nel corso della campagna vaccinale riguardano prevalentemente pazienti sani, sotto i 60 anni di età e nella maggior parte donne. È bene sottolineare che un evento trombotico pregresso, una malattia vascolare o la presenza di alterazioni anche genetiche a livello del sistema della coagulazione non sono di per sé fattori di rischio per questi casi, che – ripetiamolo – sono rarissimi”.
La trombosi causata da COVID-19
“C’è poi un altro aspetto di cui tenere conto: quello che dobbiamo temere è la malattia COVID-19 e non il vaccino, fondamentale per proteggerci. Se la probabilità di avere una trombosi dopo vaccinazione anti-COVID-19 è di 1 su un milione circa, sono invece 164mila su un milione i pazienti che possono sviluppare una trombosi in corso di infezione COVID-19.
Anche se la trombosi non è l’unica causa di morte, la trombosi del circolo polmonare è uno dei motivi principali per cui i pazienti con COVID-19 si ammalano in forma grave, con esiti che possono anche essere fatali.
È stato infatti dimostrato che la forte infiammazione, provocata dal virus soprattutto a livello dell’endotelio (il tessuto di rivestimento interno delle arterie e delle vene) polmonare causa un’attivazione dei fattori della coagulazione con conseguente trombosi locale.
Si tratta di un meccanismo diverso dall’embolia polmonare di cui parliamo di solito: i pazienti con COVID-19 infatti hanno trombosi direttamente a livello del microcircolo polmonare e non causata da frammenti (emboli) di un trombo che, formatosi negli arti inferiori, si dissemina attraverso il sistema venoso fino al polmone.
Nei due casi il quadro clinico è simile ed è dovuto a un’alterazione della funzionalità dei polmoni che non riescono a garantire gli scambi respiratori, ma la causa è differente”, prosegue lo specialista.
I vaccini sono sicuri e fondamentali per prevenire COVID-19
“I casi osservati sono rarissimi e non devono generare eccessiva preoccupazione: ci si può vaccinare e in totale sicurezza. Tutti i vaccini tra quelli finora approvati contribuiscono in maniera significativa a prevenire forme severe di COVID-19 e pertanto sono preziosi e fondamentali nell’affrontare la pandemia. La malattia, come abbiamo purtroppo visto nel corso dell’ultimo anno, può generare quadri clinici molto complessi: non dobbiamo rinunciare al vaccino per paura, ma vaccinarci con fiducia”, conclude il dottor Lodigiani.
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