Tumore al seno, come gestire la menopausa indotta dalla terapia oncologica?

Il trattamento del tumore al seno può, in alcuni casi, portare all’arrivo anticipato della menopausa. Tuttavia, la menopausa indotta dalla terapia medica può, in base al tipo di trattamento e all’età della paziente, essere reversibile.

Ce ne parla il dott. Andrea Sagona, chirurgo senologo presso l’Istituto Clinico Humanitas, gli ambulatori Humanitas Medical Care De Angeli e Premuda a Milano e Fiordaliso-Rozzano.

A cosa serve la terapia ormonale del tumore al seno?

Circa il 70% dei tumori mammari è composto da cellule che possiedono recettori (come della piccole antenne sulla superficie cellulare), mediante i quali legano gli ormoni prodotti dalla donna in pre menopausa, ed in misura minore in post menopausa. Questo comporta che le cellule tumorali possano crescere e moltiplicarsi “coadiuvate” dalla presenza di estrogeni e/o progesterone circolanti. La terapia ormonale, mediante meccanismi diversi, blocca questa stimolazione alla crescita, inibendo quindi lo sviluppo del tumore e diminuendo il rischio di recidive.

Quando si effettua la terapia ormonale per il tumore al seno?

La terapia viene effettuata solitamente dopo l’intervento chirurgico; in rari casi prima dell’intervento chirurgico, al fine di ridurre la massa tumorale, oppure per “contenere” la malattia negli stadi avanzati (pazienti con metastasi a distanza).

Quando la terapia oncologica può portare alla menopausa?

Il caso più frequente avviene quando il tumore è di tipo ormono-responsivo (cioè quando le cellule del tumore crescono anche grazie agli ormoni prodotti dalla paziente): in questa circostanza viene somministrato un farmaco analogo dell’LH-RH (associato ad un antiestrogeno, generalmente il tamoxifene, nelle pazienti con un maggior rischio di recidiva) che agisce sull’asse ipotalamo-ipofisi bloccando gli ormoni ipofisari che regolano la produzione di estrogeni a livello ovarico.

La terapia ormonale completa (analogo LH-RH e tamoxifene o exemestane) dura in genere da tre a cinque anni e si caratterizza per la sospensione delle mestruazioni; diversamente, sempre nelle pazienti più a rischio di ricaduta, il tamoxifene può essere somministrato anche fino a dieci anni.

Un altro caso in cui si può somministrare un farmaco (analogo del LH-RH, sostanza prodotta dall’ipotalamo che regola la produzione ormonale) che interferisce con l’attività ovarica (mette a riposo le ovaie, in modo da proteggere le stesse dagli effetti tossici della chemioterapia e tutelare la riserva ovarica di ovuli), si verifica nelle pazienti giovani in trattamento chemioterapico in cui si vuole preservare quanto più possibile la fertilità.

Quali sono i sintomi della menopausa farmacologica?

In alcuni casi, i sintomi della menopausa farmacologica sono più intensi rispetto a quella fisiologica, perché la menopausa insorge rapidamente (in seguito alla somministrazione dell’analogo LH-RH), diversamente dalla menopausa fisiologica che può impiegare anche qualche anno prima di manifestarsi.

Tuttavia, i sintomi sono comunque gli stessi. Quelli più comuni comprendono: 

Possibili effetti collaterali più rari possono essere:

  • polipi endouterini e carcinoma dell’endometrio (Tamoxifene)
  • trombosi venose
  • cisti ovariche ( in donne in premenopausa che assumono solo tamoxifene senza associazione con analogo LH-RH).                

Come possono essere gestiti i sintomi?

Per gestire le vampate di calore è possibile somministrare la venlafaxina che, tuttavia, può dare diversi effetti collaterali (come disturbi gastrointestinali, secchezza delle fauci, emicrania). Si può ricorrere anche ai fitoestrogeni, estrogeni di origine vegetale (per esempio derivati della soia), la cui efficacia è ovviamente minore rispetto ad una terapia ormonale sostitutiva.

Per l’atrofia genitale in caso di menopausa prolungata si può ricorrere alla laser-terapia, uso di creme a base di ceramidi o ac. ialuronico,  mentre per il trattamento dell’artralgia (dolori articolari), possono essere efficaci l’agopuntura e l’ attività fisica.

Per contrastare le problematiche genitali gravi si possono somministrare per brevi periodi degli estrogeni a livello locale che vengono assorbiti in modo limitato.

Per l’osteoporosi vengono utilizzate terapie che inibiscono il riassorbimento osseo come Bifosfonati o Denosumab.

Specialista in Senologia, Ginecologia e Ostetricia
Dott. Andrea Sagona
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