Fino a qualche tempo fa, chi decideva di mettersi a dieta, faceva sempre (o quasi) riferimento alla figura del nutrizionista o del dietologo. Oggi, invece, molte persone si affidano al “fai da te”, a diete “trendy”, piattaforme online e applicazioni. Nella maggior parte dei casi, basta inserire il peso, l’altezza, gli obiettivi da raggiungere, e il gioco è fatto: in qualche secondo arriva la dieta “personalizzata”.
Tuttavia, sebbene questo approccio possa sembrare più veloce, non può essere considerato quello giusto. Ogni persona è unica, per questo, una dieta “standard” non può andar bene per tutti.
Un sano regime alimentare deve infatti essere costruito ad hoc sulla persona, tenendo conto non solo dei suoi obiettivi (come perdere o mantenere il peso corporeo) ma anche delle sue abitudini e stile di vita, del suo corpo (composizione corporea) e del suo stato di salute in generale.
Ce ne parla la dott.ssa Michela Seniga, nutrizionista presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care De Angeli a Milano.
Perché una dieta generica non può andar bene per tutti?
La personalizzazione di un qualsiasi piano alimentare è il requisito essenziale per un professionista della salute che si occupa di nutrizione. Obiettivo non è infatti far “scendere il numero sulla bilancia” ma mantenere (se non aumentare) la massa metabolicamente attiva, e riducendo quella in eccesso, ovvero il tessuto adiposo.
Perché è importante rivolgersi al nutrizionista prima di mettersi a dieta?
È fondamentale l’intervento preventivo con un professionista per evitare ripercussioni sul proprio stato di salute (carenze vitaminiche, malnutrizione, adeguamento degli apporti energetici, etc.). In aggiunta, mai come in questo momento storico “post Covid” il rapporto con il nostro corpo è stato messo fortemente sotto i riflettori, motivo per cui l’impatto con qualsiasi regime alimentare non è e non può essere solo finalizzato al risultato “quantitativo” ma ha un suo impatto psicologico, ed è compito del professionista evitare che i pazienti entrino nella cosiddetta “trappola della dieta”.
In che modo il nutrizionista costruisce una dieta ad hoc per il paziente?
La costruzione di qualsiasi dieta deve essere un momento d’incontro tra le esigenze di cura del paziente e gli obiettivi di cura del professionista, questo perché la modifica delle abitudini alimentari non corrisponde in prima battuta ad una reale necessità portata dal paziente. Basti pensare che una semplice variazione qualitativa degli ingredienti corrisponde ad una notevole riorganizzazione delle abitudini e di gestione che vanno dalla spesa al “menù” preparato da qualsiasi madre di famiglia.
Obiettivo è trovare il giusto compromesso terapeutico che si traduce nel condividere le esigenze terapeutiche/dietetiche e gli obiettivi su cui il paziente si sente di voler intervenire al fine di apportare un cambiamento educativo e costruttivo.
Come avviene una visita nutrizionistica?
Si inizia con l’anamnesi generale dove ci si conosce vicendevolmente (lavoro, stile di vita, dati biografici, etc.), nel corso della quale si espongono le principali problematiche attuali ed il motivo della visita. Si passa poi all’anamnesi alimentare in cui si espongono abitudini e frequenze di consumo, abitudini familiari, cibi graditi ed eventuali disgusti.
Segue poi la parte di raccolta dei dati antropometrici (peso, altezza, misurazione delle circonferenze ed eventualmente a discrezione del professionista pliche corporee).
A quali esami mi sottoporrà il nutrizionista?
Il professionista può proporre i seguenti esami (non invasivi e non dolorosi):
– esame di composizione corporea: ha lo scopo di stimare il quantitativo di massa grassa, massa magra, acqua totale, acqua extra e intra cellulare. Quest’ultimo può avvenire tramite bilancia impedenziometrica o analisi BIA
– esame di calorimetria diretta: esegue un’analisi del metabolismo basale (a digiuno e senza attività fisica entro la sera del giorno precedente). La colorimetria rappresenta un esame particolarmente utile se si pensa di avere un “metabolismo rallentato”, in caso di sindrome metabolica o restrizioni caloriche prolungate.
– eventuali esami ematochimici: possono essere richiesti in collaborazione dal medico di medicina generale o dal medico specialista per un approfondimento del proprio stato di nutrizione generale.
Quali rischi posso correre se seguo una dieta sbagliata?
I rischi possono essere sia fisici che psicologici:
– il “fai da te” dietetico espone il paziente al famoso “metabolismo lento”; per esempio sottoporci ad una dieta da 1200 kcal circa al giorno, quando il corpo necessita di 1500 kcal, pone in una condizione di sofferenza che induce il fisico a diminuire le sue normali attività. La mancanza di un percorso di cambiamento dei nostri comportamenti alimentari in concomitanza del calo ponderale, porta frequentemente al recupero dei chili persi con gli interessi per aver “allarmato il nostro corpo” (cosiddetto effetto yo-yo).
– da un punto di vista psicologico, la sensazione può portare (all’ennesimo tentativo fallito) a sentimenti di sfiducia e incapacità verso sé stessi, con il conseguente pericolo di sviluppare condotte alimentari sempre più estreme fino a focalizzare il pensiero su cibi sempre più light (con il rischio di poter incorrere in un disturbo della condotta alimentare).
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