Rose rosse, cuoricini e cioccolatini. San Valentino, ovvero, la festa degli innamorati, può essere alquanto frustrante per chi l’amore non lo ha ancora trovato, per chi l’ha perduto da poco, o chi, al contrario, ha scelto di essere single. Essere soli il 14 Febbraio può farci sentire arrabbiati (come se fossimo le uniche persone senza partner) o esclusi, anche se è una decisione che magari siamo stati proprio noi a prendere. Come possiamo gestire questi sentimenti di rabbia e solitudine?
Lo abbiamo chiesto al dott. Pietro Ramella, Psicologo e Psicoterapeuta presso gli ambulatori Humanitas Medical Care Domodossola e De Angeli a Milano e specialista del centro Psico Medical Care di Humanitas.
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Come gestire la solitudine a San Valentino?
Prima ancora di parlare di “gestione della solitudine”, credo sia fondamentale approfondire il concetto di solitudine. Questa parola ha due possibili origini: il pronome “sé” che poi è diventato “solo” e il concetto di “sollus” (dal latino) che significa “unico”, “intero”.
Osservando queste radici possiamo notare come questo concetto non sia per forza legato a quello di sofferenza ma potrebbe semplicemente indicare una persona presa singolarmente, che in quel momento non ha nessuno fisicamente accanto ma che comunque rimane intera, unica.
La solitudine diventa chiaramente origine di sofferenza quando si lega ad un’emozione, ovvero la tristezza.
In questo caso, le cause possono essere molteplici come:
· il costante desiderio di una relazione che non riusciamo a trovare nonostante gli sforzi;
· altri elementi di sofferenza preesistenti (come una malattia o un problema personale importante) già presenti prima di San Valentino e che proprio in quel giorno appaiono ancora più difficili da gestire proprio a causa della solitudine;
· una relazione sentimentale finita da breve tempo (o anche da diversi mesi o anni ma nonostante ciò, il nostro sentimento è rimasto vivo);
· il vedere la maggior parte dei nostri amici fidanzati (provando quindi non solo tristezza ma anche talvolta invida e/o rabbia);
· una relazione nascente che non sembra stia funzionando.
Una volta quindi compresa la sorgente della nostra sofferenza psicologica potremmo capire come meglio gestire questa emozione.
Come gestire la sera di San Valentino?
Non per forza a San Valentino è obbligatorio stare in compagnia, dipende dalla diversità di ognuno di noi.
Chi non vuole rimanere da solo può programmare un’attività con gli amici o i familiari così da vivere questo giorno come qualsiasi altro, oppure pianificare delle attività comunque solitarie ma che incrementino il benessere/la qualità di vita in quella specifica giornata. Accumulare emozioni positive sicuramente è un’ottima strategia per favorire la regolazione delle nostre emozioni negative e in particolar modo per diminuire la nostra vulnerabilità emotiva, ovvero quell’insieme di difficoltà che possono favorire l’intensificazione della nostra sofferenza in un giorno particolare come quello di San Valentino.
L’obiettivo potrebbe quindi essere quello di coltivare una buona solitudine, ovvero apprendere come stare soli al meglio, come gestire il proprio tempo quando stiamo con noi stessi, decidendo consapevolmente se e quando pianificare attività e quali, o eventualmente, dandoci il permesso di “oziare”, di rilassarci, riposarci in un “dolce far niente” deciso però in modo consapevole/pianificato, e questo discorso sappiamo quanto valga tanto per il single che per coloro che vivono la vita di coppia.
E per quanto riguarda la coppia?
Va inoltre ricordato che se per chi è single il giorno di San Valentino potrebbe risultare complesso per gli elementi finora descritti, ciò non toglie che esso non possa portare difficoltà anche alla vita di coppia. Quanti infatti si sono trovati nel vivere con ansia disfunzionale l’organizzazione di una sorpresa per il partner, la ricerca di un regalo e così via? Così come vale per esempio per il Natale, l’idea di San Valentino nella coppia si disperde spesso nelle questioni concrete, nei regali, nelle cene.
Va invece ricordato quanto questa festività possa permettere alla coppia di sfruttare l’occasione per viversi con maggior consapevolezza (con maggior mindfulness) ovvero nel qui ed ora della relazione, dedicandosi completamente a se stessi e dandosi il permesso di mettere in standby il tran tran della vita quotidiana. La riflessione sta quindi sul capire quali siano le priorità più efficaci per il rapporto di coppia, più che quale sia il miglior ristorante o il miglior regalo.
Come affrontare l’ansia di rimanere single?
Tornando al discorso fatto sopra potrebbe essere utile capire cosa si intende per “ansia”. Se studiamo questa parola più da vicino vediamo come essa sia strettamente legata al concetto di “paura” che a sua volta prevede la presenza di una potenziale minaccia. La domanda sorge quindi spontanea: qual è la minaccia? Cosa ci spaventa così tanto nel concetto di single? La risposta sta nella domanda iniziale. Il punto non è tanto quello di essere single nel giorno di San Valentino, quanto l’associazione che potrebbe capitarci di fare in quel giorno, ovvero che “se sono single a San Valentino, significa che resterò tale per il resto dell’anno, se non addirittura per il resto dei miei giorni/per lungo tempo”.
Questo pensiero, questo dialogo interno di cui non sempre siamo completamente consapevoli, si basa su una logica di realtà non tanto razionale ma più emotiva. A quanti è capitato di sentire il detto che dice che se non si ha un rapporto sessuale a Capodanno non lo si avrà per tutto l’anno? E a quanti di noi è capitato che questo nesso logico sia stato rispettato? Sicuramente ad alcuni di noi sarà capitato e ad altri no e tutto ciò deriva più da una questione probabilistica/di coincidenze casuali che da un nesso causa-effetto.
In poche parole, se ci riflettiamo da un punto di vista razionale e probabilistico, la probabilità di trovare/non trovare una relazione non dipende dal fatto che noi siamo soli o meno a San Valentino ma da mille altri fattori che non hanno nulla a che fare con questa giornata come la nostra personalità, il nostro stile di vita, le persone e i contesti che frequentiamo e così via.
Ciò che è stato descritto sopra in psicoterapia potrebbe essere chiamato “distorsione cognitiva” o “credenza disfunzionale”, ovvero un momento in cui noi cerchiamo di dare un significato alla realtà in cui viviamo; una realtà molto complessa, che non possiamo controllare in ogni suo dettaglio, cercando dei nessi causa-effetto che ci permettano di predire gli eventi, cosa che nessun uomo sulla terra è ancora in grado di fare-
Per gestire quest’ansia, quindi, potrebbe essere utile accorgersi di questo processo mentale sopra descritto, andando perciò a lavorare non tanto su una minaccia che sebbene ci appaia reale, stiamo sovrastimando, ma su tutto ciò che potrebbe favorire la costruzione di una nuova relazione, ovvero tutti gli altri fattori sopra elencati e molti altri che potrebbero essere approfonditi in un percorso psicologico/psicoterapico per esempio.
È vero che i single sono più a rischio di depressione?
Vi sono studi che indicano un’associazione tra la situazione coniugale/sentimentale e l’insorgenza di una sintomatologia depressiva/abbassamento dell’umore. Ci tengo a precisare come già sopra indicato che la situazione coniugale/relazionale/sentimentale non è ovviamente considerabile come unica e/o principale causa di sintomatologia depressiva, anzi, va considerata come uno dei tanti fattori che, aggiungendosi/affiancandosi a molti altri, potrebbe favorire difficoltà legate all’umore.
In caso di esordio di problemi legati all’umore tra cui ricordiamo per esempio tristezza/demoralizzazione/senso di vuoto (non giustificati da eventi quotidiani e quindi dalla sola giornata di San Valentino) che perdurano per la maggior parte del giorno e per più giorni (affiancati magari ad altri sintomi come abbassamento del livello di motivazione/interesse/piacere a fare le cose; cambiamenti nella qualità e durata del sonno e/o dell’appetito; ansia/stress; affaticamento e mancanza di energia/difficoltà di concentrazione non giustificati dalle attività svolte durante la giornata; senso di frustrazione/incremento dell’irritabilità; sensazione di solitudine), sarà quindi fondamentale richiedere il parere di uno psicologo o di uno psichiatra in modo da valutare la situazione nella sua specificità così da prevenire un eventuale peggioramento.
Tutti noi abbiamo bisogno di un partner?
Chi è arrivato a leggere fino a questo punto dovrebbe aver già compreso la risposta a questa domanda: non tutte le persone necessitano obbligatoriamente di un partner, e soprattutto ciò può dipendere da molteplici fattori come la nostra personalità, il periodo di vita, oltre a un’oculata valutazione dei valori, priorità e obiettivi e così via. Per cui a seconda del momento di vita, della persona e di molti altri elementi, potremmo sentire il bisogno di un partner così come il bisogno di camminare da soli, a seconda dei differenti casi valutati singolarmente. Non esiste una legge che vieti di essere single così come di cercare una relazione. Il tutto andrebbe valutato in relazione a tutti gli altri elementi del sistema che compongono una persona e che sono tutti in relazione fra loro.
Posso essere felice anche da single?
Assolutamente sì. La ricerca “forzata” di un partner sulla spinta di una festività come San Valentino, della paura del giudizio degli altri, della paura di restare soli per sempre o dell’idea che una relazione è l’unica soluzione per poter stare meglio, rischia di portare ad un effetto paradosso. Molti di noi avranno sperimentato relazioni nate in periodi di vulnerabilità emotiva e finite quindi nel breve termine.
Sicuramente “felice” è un termine da valutare con cautela. Per definizione la felicità è un’emozione, per cui di durata limitata. Ciò che ci dovremmo chiedere è se possiamo essere sereni anche da single e la risposta è sì, anzi, sappiamo che la serenità è una condizione senza la quale diminuisce molto la probabilità di riuscire a costruire una relazione stabile, duratura e che ci porti benessere. La costruzione di una relazione è parte dei valori che compongono la vita di una persona, non l’unico valore però. Per cui accentrare il proprio valore, la propria autostima e quindi la propria serenità, sul fatto di avere o meno un partner, rischia di portarci a quelle credenze, quei pensieri disfunzionali sopra descritti, incrementando quindi la nostra sofferenza.
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