Con sindromi mielodisplastiche si intende un gruppo di malattie del sangue, causate dalla presenza di cellule staminali anomale all’interno del midollo osseo, che non riuscendo più a produrre cellule “normali”, crea cellule con caratteristiche diverse: pochi globuli rossi, bianchi e piastrine. Si tratta di una patologia piuttosto rara (ogni anno colpisce circa 3-4mila persone) che tuttavia è importante diagnosticare per tempo, perché può evolvere in un tumore molto aggressivo, chiamato leucemia mieloide acuta.
Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Daniela Lambertenghi, ematologa presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care De Angeli a Milano.
Quali sono i sintomi di queste patologie?
Le principali manifestazioni cliniche correlate alla presenza di Sindrome Mielodisplastica sono legate all’anemia, quindi astenia, dispnea ai piccoli sforzi, dolori articolari, spesso di entità superiore a quanto la carenza di emoglobina possa giustificare.
Non raramente sono presenti altri sintomi legati alla severità della piastrinopenia (riduzione del numero di piastrine nel sangue) con sanguinamenti cutanei (petecchie, ecchimosi) e delle mucose (epistassi, gengivorragie) e/o alla leucopenia (riduzione dei globuli bianchi e soprattutto dei neutrofili) con l’insorgenza di ripetute infezioni soprattutto dell’apparato respiratorio.
Come possono essere diagnosticate le sindromi mielodisplasiche?
La diagnosi di Sindrome Mielodisplastica viene effettuata inizialmente tramite gli esami del sangue e in particolare l’esame emocromocitometrico che mostra la carenza di uno o più elementi del sangue (citopenia).
Nei casi sospetti per malattia, la diagnosi deve essere confermata tramite la biopsia del midollo osseo che permette una migliore classificazione di malattia, la possibilità di un approccio terapeutico adeguato e la valutazione del rischio di evoluzione di malattia in Leucemia Acuta.
Quali sono i trattamenti disponibili?
Fino a qualche anno fa il trattamento dei pazienti era basato quasi esclusivamente sulla terapia di supporto (trasfusioni di sangue) che mirava a ridurre i sintomi legati soprattutto all’anemia. Negli ultimi anni, i progressi scientifici hanno permesso un miglioramento della diagnosi e quindi dello sviluppo di trattamenti innovativi per i pazienti. La terapia è determinata dalla valutazione del rischio di malattia, dall’età del paziente e dalla presenza o meno di altre patologie non ematologiche concomitanti.
Nelle forme a basso rischio è possibile l’utilizzo di eritropoietina un farmaco che stimola il midollo osseo a produrre più globuli rossi: la Lenalidomide (immunomodulante) utilizzata nei pazienti con una specifica forma di mielodisplasia (Sindrome del 5q-), il Luspatercept in grado di ridurre in modo sostanziale il fabbisogno trasfusionale nei pazienti con sindrome mielodisplastica caratterizzata dalla presenza di sideroblasti ad anello.
Nei pazienti ad alto rischio possono essere prescritti farmaci demetilanti (es. l’Azacitidina) che bloccano un particolare meccanismo di regolazione del DNA (metilazione) iperattivo nelle cellule patologiche, contribuendo alla loro eliminazione. Il trapianto allogenico di cellule staminali, anche se riservato per la sua elevata mortalità e morbilità a categorie selezionate di pazienti, rimane per ora l’unico approccio curativo.
Che aspettativa e qualità di vita può avere il paziente?
Le sindromi mielodisplastiche hanno un impatto importante sulla qualità della vita dei pazienti. Ad oggi l’utilizzo dei cosiddetti “farmaci intelligenti” che colpiscono direttamente e solamente i meccanismi biologici della malattia, hanno consentito di rallentare la storia naturale della malattia e indurre un miglioramento della qualità di vita del paziente. La maggior parte dei pazienti è anziana con scarsa probabilità di guarigione; gli effetti delle citopenie, tra i quali l’anemia, e l’impatto dei trattamenti contribuiscono alle variazioni della qualità di vita del paziente che è differente per ogni singolo soggetto. Importante è cercare di capire qual è il peso della malattia, sia sulla salute che sulla qualità e aspettativa di vita del singolo paziente, in modo da costruirne la specifica prognosi.
Dal maggio 2016 esiste l’Associazione Italiana dei pazienti con sindrome Mielodisplastica ONLUS (AIPaSiM) che fornisce ai pazienti a ai familiari, informazioni sui problemi legati a questa patologia, come affrontarli e sulle nuove opportunità di trattamento e di novità scientifiche.
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