Irregolarità intestinale, diarrea, stipsi, dolori alla pancia e gonfiore. I sintomi della sindrome dell’intestino irritabile e della colite sono piuttosto comuni e
spesso vengono confusi, nonostante si tratti di due condizioni differenti.
Come è possibile riconoscerli? Ce ne parla la dott.ssa Roberta Elisa Rossi, gastroenterologa presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care De Angeli a Milano e presso IRCCS Istituto Clinico Humanitas Rozzano.
Che ruolo ha l’intestino?
L’intestino è un organo molto importante, non solo per la nostra digestione (completa la digestione iniziata nella bocca e proseguita nello stomaco, digerisce e assorbe i nutrienti che ingeriamo ed elimina, attraverso le feci, il materiale di scarto residuo) ma anche perché svolge un ruolo importante nella lotta contro i germi e nella regolazione dell’equilibrio idrico del corpo. In che modo?
Quando il cibo lascia lo stomaco, entra nell’intestino tenue, la porzione più sviluppata dell’intestino (è lungo circa 7 metri ed è ripiegato su sé stesso), costituita da tre sezioni conosciute come duodeno, digiuno e ileo. Il suo compito è portare a termine la digestione iniziata con la bocca e proseguita con lo stomaco.
L’intestino tenue conduce nell’intestino crasso, che rappresenta la parte
finale dell’intestino (è lungo all’incirca da 1 a 1,5 metri). L’intestino crasso è costituito dal cieco, dall’appendice, dal colon e dal retto, che termina all’ano. La sua funzione principale è quella di assorbire acqua ed elettroliti, permettere l’accumulo degli scarti alimentari non digeribili, provvedere alla loro decomposizione e alla loro evacuazione al di fuori dell’organismo.
Da cosa può essere influenzato l’intestino?
L’intestino può essere influenzato da molteplici agenti esterni (es. alimentazione, infezioni, terapia mediche inclusi antibiotici, interventi chirurgici etc.) e anche da condizioni ad esempio di forte stress.
Come si riconosce la sindrome del colon irritabile?
La sindrome dell’intestino irritabile è caratterizzata da dolore addominale, associato ad alterazione della funzione intestinale (stipsi, diarrea o un’alternanza delle due).
La diagnosi si basa sui cosiddetti “Criteri di Roma”, in base ai quali si parla di intestino irritabile in presenza di dolore addominale ricorrente (almeno una volta/settimana negli ultimi 3 mesi), legato a 2 o più delle seguenti condizioni:
- dolore associato alla defecazione;
- dolore associato al cambiamento nella frequenza delle feci;
- dolore associato al cambiamento nella composizione delle feci.
Altri sintomi possono comprendere:
- Evacuazione difficoltosa (spinta eccessiva, sensazione di urgenza e di evacuazione incompleta)
- Passaggio di muco nelle feci
- Gonfiore o distensione addominale
Inoltre, possono essere presenti anche alcuni disturbi extra-intestinali, debolezza ed affaticamento, emicrania, ansia, depressione, algie lombari o pelviche, cistiti ricorrenti, insonnia, fibromialgia etc.
Come viene diagnosticata la sindrome dell’intestino irritabile?
La diagnosi di intestino irritabile è essenzialmente clinica (non esiste un test diagnostico specifico) e viene effettuata sulla base di un’accurata visita specialistica gastroenterologica durante la quale vengono esclusi tutti i sintomi che possono essere collegati ad altre malattie (la sindrome dell’intestino irritabile si presenta spesso con una sintomatologia simile ad altre patologie gastrointestinali).
In particolare, è necessario escludere la presenza dei cosiddetti “segnali di d’allarme” (come dimagrimento inspiegabile, anemia, febbre, presenza di sangue nelle feci, dolore che non migliora dopo l’evacuazione, sintomatologia notturna e comparsa di tali disturbi dopo i 50 anni) che non sono tipici dell’intestino irritabile e che devono far pensare a condizioni più serie, che meritano approfondimenti ulteriori.
In base all’anamnesi raccolta e all’esame obiettivo, lo specialista potrà richiedere indagini più approfondite, che possono comprendere:
- Esami del sangue e delle feci (per escludere patologie come la celiachia e le malattie infiammatorie croniche dell’intestino)
- Test del respiro (per escludere la presenza di intolleranza al lattosio o sovracrescita batterica)
- Ecografia addome completo +/- con studio delle anse intestinali oppure TAC dell’addome completo (per studiare gli organi interni)
- Colonscopia (per studiare il colon ed eseguire eventualmente biopsie)
Che cos’è la colite e come si manifesta?
La colite è un’infiammazione del colon che può essere acuta o cronica.
I sintomi sono piuttosto variabili e dipendono dall’eziologia della colite stessa; quelli più comuni sono:
- dolori addominali di variabile entità
- diarrea con o senza muco e/o sangue
- urgenza e/o incontinenza fecale
- meteorismo
- stanchezza
- inappetenza
- calo di peso
Generalmente, le forme acute sono su base infettiva (batterica e/o virale) o una conseguenza di tossinfezioni alimentari; mentre le forme croniche possono essere causate da malattie infiammatorie croniche intestinali (retto colite ulcerosa, che generalmente coinvolge sempre il retto e la Malattia di Crohn, che può colpire la parete di tutto il tratto gastrointestinale, dalla bocca all’ano)
Come viene diagnosticata la colite?
In caso di “colite” è necessario un inquadramento specialistico gastroenterologico.
Una completa raccolta anamnestica e un attento esame obiettivo, permettono, infatti, allo specialista di raccogliere dati utili nella diagnosi differenziale al fine di richiedere ulteriori accertamenti. Ad esempio, nelle forme acute (in genere < 4 settimane) potranno essere richiesti esami sulle feci quali coprocolture e ricerca dei parassiti.
Nel sospetto di una malattia infiammatoria cronica intestinale, il dosaggio della calprotectina fecale ed una ecografia con studio delle anse intestinali possono rappresentare indagini iniziali non invasive, tenuto conto che la diagnosi di queste patologie è sempre istologica e richiede pertanto l’esecuzione di una colonscopia con biopsie multiple.
Sedi
-
12.000.000 Visite
-
1.000.000 pazienti
-
7.300 professionisti
-
190.000 ricoveri
-
12.000 medici