L’artrosi non colpisce solo gli anziani: traumi al menisco o ai legamenti, malformazioni congenite, malattie infiammatorie o reumatiche, aumentano il rischio di degenerazione della cartilagine articolare anche nei soggetti più giovani, rendendo talvolta necessario l’uso di una protesi. Parziale (monocompartimentale), quando la degenerazione della cartilagine colpisce solo un compartimento dell’articolazione del ginocchio; totale, nei casi di artrosi avanzata.
Oggi, per garantire un percorso di recupero più veloce, e permettere al paziente di riprendere appieno la sua vita quotidiana, esiste un percorso di cura completamente robotizzato, che potenzia la precisione del chirurgo ortopedico, e il percorso riabilitativo: due robot assistono gli specialisti (chirurgo e fisioterapista) in tutte le fasi.
Ne abbiamo parlato con il dott. Fabio Zerbinati, Responsabile dell’Unità Operativa di Ortopedia di Humanitas Mater Domini di Castellanza e ortopedico presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care di Arese.
Protesi al ginocchio: quando è necessaria?
“L’artrosi implica la perdita della capacità di sopportare gli stress meccanici per i tessuti articolari: la cartilagine jalina si deteriora e si assottiglia fino a esporre il tessuto osseo, che come reazione di difesa produce osteofiti (becchi artrosici). La sensazione di attrito, di dolore e di blocco articolare che ne deriva è ben nota a chi soffre di questa patologia a tutti gli effetti invalidante. All’interno della capsula articolare viene prodotto liquido infiammatorio, la capsula articolare si ispessisce e i tendini si irrigidiscono: il ginocchio appare gonfio e si possono chiaramente sentire gli scrosci articolari durante il movimento. L’articolazione diventa instabile e il dolore continua a peggiorare: a questo punto l’intervento di sostituzione protesica dell’articolazione diventa inevitabile”.
Chirurgia robotica: come funziona?
“Il Robot Navio è costituito da una console per la ricezione e l’elaborazione dei dati e da un manipolo a fresa rotante.
Attraverso l’utilizzo di un “palpatore”, vengono acquisite le informazioni relative alle caratteristiche anatomiche del ginocchio in trattamento che vengono ricostruite in 3D mediante l’elaborazione del software.
In questa maniera il Robot determina e consiglia le dimensioni più precise di protesi per il singolo paziente esaminato.
Mediante sensori posizionati sull’arto, il Robot valuta la stabilità in tutti i range di movimento e il movimento del ginocchio in esame. Questo permette di prevedere il corretto posizionamento della protesi con ottimizzazioni impensabili per occhio e mente umana, garantendo stabilità dell’articolazione e movimento ottimali. Confermata la pianificazione dell’impianto suggerito e ottimizzato mediante l’uso del Navio, si eseguono i tagli ossei per l’alloggiamento della protesi.
Con la tecnica Robot- assistita, i tagli ossei vengono eseguiti con una fresa rotante di 6 mm che permette accuratezza e precisione.
Il robot Navio esegue un doppio controllo, bloccando la fresa nel caso il chirurgo tentasse di rimuovere zone di osso non necessarie”.
Perché affidarsi ai robot invece che alla chirurgia tradizionale?
“Abbiamo dati incoraggianti che prospettano una maggiore durata degli impianti protesici: la nuova articolazione è sottoposta a carichi più omogenei, il ginocchio risulta più stabile e più conforme alla naturale fisiologia dell’articolazione.
La chirurgia ortopedica protesica è in continua evoluzione e la robotica è un aiuto fondamentale per ottenere miglioramenti considerevoli”.
Quali sono i tempi di recupero?
“Nell’immediato post-operatorio inizia il percorso di recupero: il paziente inizia a camminare a 12/24 ore dall’intervento; a 24 ore inizia un percorso di recupero muscolare e di riequilibrio. Entro 3 giorni viene raggiunta un’autonomia nelle principali attività giornaliere, comprese le scale.
Ottenuta una confidenza alla deambulazione fisiologica, viene abbandonata una stampella (in genere 15 giorni con la sostituzione protesica monocompartimentale e 20 giorni con la protesi totale); la guida dell’auto è concessa dopo 15/21 giorni dall’intervento.
A 30 giorni si consiglia l’abbandono delle stampelle, e l’ottimizzazione posturale, che andrà perseguita fino al recupero ottimale”.
Si può tornare a fare sport?
“In passato, ai pazienti si diceva di tornare a casa e riposare: potevano camminare o al massimo nuotare con estrema attenzione. C’era la preoccupazione che la protesi potesse danneggiarsi o diventare instabile per minimi traumatismi.
Il mio obiettivo quando opero un paziente è quello di ottenere i risultati che il paziente si aspetta. La scelta di operarsi viene fatta proprio per liberarsi dal dolore e per tornare ad avere una buona funzionalità articolare.
Lo sport ha sul paziente un effetto assolutamente benefico dal punto di vista muscolare, propriocettivo e psicologico, e migliora la resistenza ossea periprotesica perché favorisce il metabolismo osseo.
Il ginocchio è un’articolazione sottoposta a importanti forze di compressione e di torsione, poiché è il fulcro tra le due ossa più lunghe del nostro corpo: la buona notizia è che il ginocchio ha una conformazione anatomica perfettamente adatta a sopportare gli stress (dovuti alla compressione e all’ampiezza del movimento) e a limitarne gli effetti dannosi.
Nel paziente sportivo utilizzo protesi non cementate, in grado di integrarsi con l’osso del paziente grazie all’uso di materiali porosi, similari all’osso subcondrale (lo strato osseo che si trova sotto la cartilagine): eliminare il cemento è stato un grande passo avanti perché l’interfaccia protesi-cemento-osso risulta inevitabilmente rigida e più debole se sottoposta a sollecitazioni ripetute.
Ottenuto un buon recupero muscolare e raggiunta un’integrazione protesica ottimale, una pratica sportiva regolare è assolutamente da consigliare.
Quando possibile consiglio ai miei pazienti attività indoor per diminuire i rischi di cadute o incidenti. Parlo con loro per scegliere insieme l’attività sportiva più adatta alla sua situazione specifica per guidarlo nella scelta più opportuna, tenendo conto dell’effettivo recupero articolare raggiunto e del trofismo muscolare recuperato, ma tenendo conto in primis anche delle sue propensioni personali”.
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