Chi rinuncia quasi subito, chi dopo qualche settimana o chi, nonostante sia riuscito a “resistere” più a lungo, decide poi di smettere di seguire la dieta intrapresa. Il motivo è spesso lo stesso per tutti: i regimi alimentari troppo restrittivi o le privazioni eccessive portano spesso a relazionarsi con il cibo in maniera scorretta, non solo generando emozioni negative ma anche privando della volontà per continuare a seguire un corretto piano di alimentazione. Inoltre, i pazienti spesso hanno poca pazienza: se non riescono a vedere subito i risultati della dieta (o a perdere i Kg prefissati) decidono a priori che continuare non servirà a niente.
Ce ne parla il dottor Matteo Cozzi, biologo nutrizionista presso gli ambulatori Humanitas Medical Care di Lainate e Varese.
Cosa impedisce di portare a termine una dieta concordata?
Ci sono molte situazioni che possono determinare un’interruzione di un percorso nutrizionale. I due motivi principali sono sicuramente legati al fatto che non si riesce a trovare l’organizzazione della giornata adeguata per seguire le indicazioni e al fatto che le aspettative legate alla perdita di peso sono troppo alte e non vengono soddisfatte (sia in termini di risultati raggiunti, che delle tempistiche necessarie a raggiungerli). Non vedere i risultati sperati può portare il paziente a non presentarsi alle visite di controllo e quindi a interrompere il percorso, a volte anche per un senso di “vergogna”, come se non volesse deludere il nutrizionista e vivesse la visita di controllo esclusivamente come un momento di giudizio e non come una tappa per la costruzione di un percorso. Col passare del tempo, inoltre, può esserci un calo delle motivazioni, dettato anche dal fatto di dare maggiore priorità ad altri aspetti della quotidianità. A volte il motivo che porta a interrompere il percorso può essere qualcosa di poco conto, come ritenere di aver rovinato quanto costruito solo per il fatto di aver consumato uno “sgarro” o un pasto ritenuto eccessivo. Inoltre, anche le persone che attorno, come familiari, amici e colleghi, possono avere un impatto, in alcuni casi positivo, in altri negativo, sul proseguimento di un percorso.
Dieta: come capire quale sia più funzionale?
Può sembrare banale, ma la dieta più funzionale è quella che fa stare bene. La parola dieta deriva dal greco “diaita” una parola che aveva il significato di “stile di vita”, prettamente in ambito alimentare, senza particolari accezioni positive o negative. Pertanto, “essere a dieta” vuol dire proprio costruire uno stile di vita salutare e sostenibile nel lungo periodo. Non significa intraprendere un percorso per un lasso di tempo breve e più o meno definito, durante il quale si inizierà una lotta di resistenza con se stessi, utile a raggiungere una perdita di peso soddisfacente ma momentanea, conseguenza di una serie di restrizioni, privazioni, stress e periodi di asocialità. La dieta dovrebbe essere come un vestito che calza a pennello, che non si fa fatica a seguire e a portare avanti.
Come si impara a mangiar bene e costruire un rapporto sano con il cibo?
Le parole chiave sono pazienza, costanza ed equilibrio. Ci vuole del tempo per modificare delle abitudini, per costruire un vero e proprio stile di vita salutare, che permetta di bilanciare la nutrizione con i diversi aspetti della vita quotidiana. Oltretutto, spesso, la costruzione di queste fondamenta è ostacolata dalla frenesia di voler raggiungere un obiettivo a tutti i costi e il prima possibile, partendo quasi sempre da convinzioni errate sul cibo, sulla dieta e su cosa significhi aderire a un percorso nutrizionale, che quindi determinano un tempo maggiore affinchè possano essere superate. Bisogna procedere gradualmente, pasto dopo pasto e giorno dopo giorno, in modo da porre delle vere e proprie basi, sulle quali deve poggiarsi la costruzione di uno stile di vita.
Quanti incontri con lo specialista saranno necessari durante la dieta?
Non si può dare una risposta specifica a questa domanda, perchè dipende da tanti fattori. In primis, dal tipo di persona che intraprende il percorso: ci sono pazienti che necessitano di un supporto costante e frequente durante l’intero percorso e altri che hanno esattamente la necessità opposta, cioè di costruire il proprio percorso in autonomia, con un confronto più frammentato.
Altri fattori rilevanti sono definiti anche dal tipo di percorso da fare e dall’obiettivo che si vuole raggiungere. Inoltre, bisogna sicuramente valutare come procede il percorso e che difficoltà incontra il paziente: una volta convalidato che il paziente assimila senza problemi le indicazioni e non ha difficoltà a proseguire con maggiore autonomia, gli incontri possono avere una frequenza minore; viceversa, può essere fondamentale un confronto più costante per orientare il paziente nella giusta direzione. Altri fattori sicuramente rilevanti sono quelli legati agli aspetti economici e logistici.
In che modo lo specialista può aiutare il paziente a continuare la dieta?
Il nutrizionista deve porsi al fianco del paziente per accompagnarlo, guidarlo e sostenerlo, aiutandolo a superare anche eventuali difficoltà, non solo da un punto di vista clinico e nutrizionale. Molto spesso i “blocchi” che determinano l’interruzione del percorso sono di natura diversa, e il professionista di riferimento deve comprenderli per cercare di aiutare il paziente a superarli, così che il percorso possa continuare a procedere. Per far sì che questo accada è fondamentale costruire un rapporto di fiducia solido, che porti il paziente ad affidarsi completamente del professionista e di ciò che gli viene proposto.
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