Il Papilloma virus (HPV) è un virus che, tra le altre cose, può generare infezioni a livello genitale. Nella maggior parte dei casi regredisce spontaneamente e senza conseguenze; in alcuni casi, invece, se sottovalutato e non trattato adeguatamente, potrebbe evolvere verso una forma tumorale del collo dell’utero, la cui causa più diffusa è infatti la presenza dell’HPV.
Ne parla la dottoressa Serena Del Zoppo, ginecologa in Humanitas Medical Care.
L’infezione da HPV: come si trasmette
“L’infezione genitale da Papilloma virus è una delle più frequenti malattie trasmesse sessualmente, mentre le infezioni più pericolose che colpiscono le vie respiratorie o del cavo orale si trasmettono nella maggior parte dei casi attraverso rapporti orali”, ha spiegato la dottoressa.
In rari casi, è possibile che l’infezione si trasmetta in luoghi come docce pubbliche, piscine o con l’utilizzo condiviso di asciugamani, etc
I sintomi
Uno dei segni più comuni dell’infezione da HPV sono le verruche genitali (definite condilomi), che possono essere localizzate sia a livello vulvare che sulle pareti vaginali e che si manifestano come piccole escrescenze. Spesso non provocano dolore e sono asintomatiche, ma ad alcune pazienti le verruche possono provocare fastidio, prurito o disagio.
Diverso è il caso dei ceppi di Papilloma virus che potrebbero causare il tumore del collo dell’utero: non si manifestano attraverso i condilomi e le verruche, ma solo con modificazioni asintomatiche nelle mucose genitali che possono essere riconosciute attraverso il pap test e la colposcopia.
Perché è importante il controllo ginecologico ed eseguire pap test?
“Il pap test è fondamentale per la prevenzione del tumore del collo dell’utero poiché permette l’identificazione di alterazioni che, se lasciate senza controllo per anni, potrebbero degenerare in carcinoma – avverte la ginecologa -. Il pap test andrebbe eseguito almeno ogni 3 anni dai 25 ai 65 anni.
Durante la visita ginecologica inoltre il medico valuterà l’eventuale presenza di condilomi o alterazioni correlate alla presenza dell’HPV, anche se spesso la diagnosi non sarà nota fino al ritiro del referto del pap test, poiché nella maggior parte dei casi le alterazioni precoci da HPV sono visibili solo con l’esame microscopico delle cellule.
Come si svolgono pap test e colposcopia?
“Durante la visita ginecologica viene inserito in vagina lo speculum, che consente la visualizzazione del collo dell’utero – spiega la
dottoressa -: il ginecologo preleverà dal collo dell’utero delle cellule, che verranno inviate in laboratorio per l’esame citologico”.
“Se il pap test darà esito positivo, si indirizzerà la paziente a un esame di secondo livello, chiamato colposcopia e in alcuni casi chiederà anche l’esecuzione di un tampone per la ricerca del Papilloma virus”, dice Zel Doppo.
La colposcopia consiste nella valutazione a ingrandimento del collo dell’utero: con l’ausilio di coloranti specifici, il medico identifica aree sospette per la presenza del virus sul collo dell’utero, che verranno sottoposti a biopsia per ottenere la conferma della diagnosi grazie all’esame istologico.
Perché non sottovalutare l’HPV
“La maggior parte delle alterazioni indotte dall’HPV è fortunatamente di basso grado e regredisce spontaneamente grazie all’attività del sistema immunitario; le alterazioni di alto grado invece hanno una più alta probabilità di evoluzione in senso tumorale – spiega la ginecologa -. Per questo motivo, se con il pap test viene identificata un’alterazione di questo tipo e l’esame istologico ottenuto con una biopsia in sede di colposcopia lo conferma, sarà indicato un piccolo intervento che ne consente l’asportazione.
In questo modo è possibile prevenire l’insorgenza di un tumore che, diagnosticato tardivamente, potrebbe essere molto aggressivo”, conclude.
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