Mal di schiena, infortuni, fratture o post-intervento, a chi bisogna rivolgersi? Spesso il dubbio di molti pazienti è: “Quale professionista tra osteopata o fisioterapista è più adatto alle mie esigenze?”. Noi lo abbiamo chiesto al Dott. Tiago Toscanelli, fisioterapista e osteopata presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care De Angeli a Milano.
Quali sono le differenze tra osteopata e fisioterapista?
Secondo l’osteopata, il legame tra il corpo e l’azione che deve svolgere (legata ad una semplice attività quotidiana, all’ambito lavorativo o sportivo), è strettamente correlata: le nostre articolazioni, così come i nostri tessuti muscolari e viscerali hanno una posizione, un rapporto articolare ed uno stato tensionale, ideale per il loro funzionamento, il quale però nel corso della nostra vita può cambiare e sbilanciarsi per svariati motivi traumatici e non. Basti pensare alle correlazioni tissutali che ci sono fra intestino e colonna lombare per intuire come il benessere di una delle due strutture possa inevitabilmente avere ripercussioni sull’altra; così come la ridotta funzionalità di un’articolazione o di un tessuto muscolare, potrebbe avere ripercussioni sulle articolazioni vicine, che devono compensarne la funzione persa, andando sotto stress e deteriorandosi precocemente.
Per questo l’obiettivo dello specialista è quello di concentrarsi sulla struttura del paziente (scheletro e muscolatura), per trattarla (attraverso la manipolazione ed un’infinità di tecniche) e renderla più armonica, in modo da permetterle di esplicare al meglio la sua funzione in qualsiasi situazione.
Tuttavia, si tratta di un lavoro che a volte l’osteopata non può svolgere da solo: spesso, infatti, per riuscire a ripristinare totalmente la corretta funzione del movimento, si necessita anche di una rieducazione motoria, dalla percezione al corretto timing di attivazione muscolare, per riuscire nuovamente a governare nel migliore modo le articolazioni, lavoro svolto questa volta da parte del fisioterapista.
Concludendo, possiamo dunque affermare che l’osteopatia ripristina e corregge velocemente le problematiche legate alla struttura corporea, mentre la fisioterapia guida il paziente insegnandogli come utilizzare al meglio il proprio corpo.
Spesso, infatti, il lavoro di squadra tra osteopata e fisioterapista è l’arma vincente per ottenere un successo terapeutico veloce e duraturo. È compito poi del singolo professionista capire quali sono i limiti della propria specializzazione e nel caso suggerire un approccio misto.
Quando devo vedere un fisioterapista?
È possibile rivolgersi al fisioterapista in caso di:
– Frattura
– Operazione di ricostruzione chirurgica di un tendine o legamento
– Distorsione o lussazione articolare
– Dolore presente durante il movimento o in base all’intensità dello sforzo
Quando devo rivolgermi all’osteopata?
L’osteopata può essere utile in presenza dei seguenti casi:
– Dolore acuto o ricorrente alla colonna vertebrale
– Dolori alle articolazioni (anche a riposo)
– Dolori durante le normali attività quotidiane
– Mal di testa e disturbi dell’apparato digerente (come acidità di stomaco e stitichezza)
– Gravidanza (pre e post-natale)
– Lesioni sportive
– Infortuni sul lavoro
– Lesioni da sforzo o uso eccessivo
Cosa devo aspettarmi durante una seduta di osteopatia?
Ogni seduta osteopatica è strutturata in 4 fasi:
- Anamnesi patologica prossima, dove lo specialista si informa sullo stato attuale dell’eventuale sintomo, le sue caratteristiche e modalità di presentazione nel periodo più recente.
- Esame obiettivo, momento in cui si ricercano le disfunzioni articolari e tissutali, asimmetrie corporee, squilibri nei movimenti e nella postura, valutando tramite test specifici tutti i sistemi corporei che possono essere funzionalmente connessi al dolore o alla asimmetria corporea presente.
- Trattamento, momento in cui il professionista, secondo il processo di integrazione osteopatica conseguente all’esame obiettivo, approccia con svariate metodiche le strutture che ad oggi stanno influendo maggiormente sulla condizione, migliorandole o anche correggendole del tutto.
- Rivalutazione finale, l’osteopata verifica che il trattamento appena eseguito abbia avuto i risultati attesi sia in ambito posturale, che funzionale.
L’osteopatia può essere preventiva?
Assolutamente sì, ed è proprio in quei casi che l’osteopatia esprime il massimo del suo potenziale, interagendo con le strutture disfunzionali e con le conseguenze a cascata che sta creando, prima ancora che questo processo diventi un reale danno tissutale con il conseguente dolore.
Teniamo in considerazione che il corpo ed i tessuti hanno, fortunatamente, una riserva di adattamento, che gli permette di esprimere una corretta funzione in assenza di dolore e danno, anche in condizioni non ideali. Ciò spesso può farci rendere conto di una condizione silente solo quando l’adattamento è finito ed insorge il danno. Il concetto di prevenzione osteopatica rientra proprio qui, l’ottica è quella di ricaricare la riserva di adattamento, modificando gli eventuali fattori di rischio presenti a livello posturale, viscerale, muscolare e articolare.
In che modo i fisioterapisti trattano i loro pazienti?
Il fisioterapista lavorando sulla funzione ha la capacità di portare alla luce qualsiasi deficit presente nel movimento, mobilità articolare, sincronia e armonia delle catene muscolari e delle loro attivazioni, così come le eventuali dispercezioni ed anomalie nel controllo-sensibilità corporea a livello centrale.
Per cui, a seconda del livello dove rileva la lesione ed alla priorità terapeutica, sceglie fra una vasta gamma di metodiche, che vanno dal massaggio all’esercizio terapeutico conoscitivo, passando per la riatletizzazione tissutale, quasi tutti approcci eseguiti con la partecipazione attiva del paziente, limitando il lavoro passivo a lettino, a favore della comprensione, interiorizzazione e messa in pratica gesto o sequenza di movimenti da recuperare.
I fisioterapisti possono prescrivere farmaci o indagini diagnostiche?
No, il fisioterapista non è abilitato per la prescrizione di farmaci, né di indagini diagnostiche. Ma è suo compito, qualora ne rilevi la supposta necessità, rimandare il paziente al medico curante o all’eventuale specialista adeguato, affinchè approfondisca qualche aspetto tramite indagini diagnostiche più approfondite.
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