Il piatto di Harvard o piatto del mangiar sano, è un modello dietetico sviluppato dagli esperti di nutrizione dell’Università di Harvard, che fornisce indicazioni specifiche sulla quantità e il tipo di alimenti da mettere nel piatto. Ma di cosa si tratta esattamente?
Ce ne parla la dott.ssa Michela Seniga, nutrizionista presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care De Angeli a Milano.
In cosa consiste il piatto di Harvard?
Il piatto di Harvard è un modello di educazione alimentare che deriva dalla scuola statunitense e propone il classico piatto da portata suddiviso in quattro sezioni.
La prima metà del piatto è occupata per la maggior parte da verdure e in una frazione più piccola, dalla frutta (sempre variando i colori); l’altra metà, invece, ci ricorda di assumere almeno ¼ di cereali integrali (vengono suggeriti riso, pasta o riso integrale, orzo, avena, quinoa, chicchi di frumento) e ¼ di proteine (pesce, pollame, legumi e semi oleaginosi, come le noci); ovviamente senza mai dimenticare i grassi buoni (olio extravergine d’oliva)
Nulla viene escluso ma permangono le raccomandazioni di salute di circoscrivere l’uso di carne rossa e formaggi ed evitare pancetta, salami e altre carni conservate. Inoltre, suggerisce di bere acqua, tè o tisane (fonte alimentare sempre un po dimenticata); latte e latticini (mediamente 1-2 porzioni al giorno) da preferire rispetto a succhi di frutta e bevande zuccherate.
Quali sono i vantaggi del piatto di Harvard?
Impariamo a ragionare per completezza e non per esclusione di alimenti. Il piatto di Harvard è una rappresentazione chiara, semplice ed esaustiva di come la nostra alimentazione debba comprendere tutte e tre le classi di nutrienti (carboidrati sia semplici che complessi, proteine meglio se vegetali e verdure di stagione con una corretta porzione di lipidi).
È traslabile per ogni pasto (colazione, pranzo e cena) nell’ottica di diffidare dai falsi miti delle diete dissociate come modello ideale di sana e corretta alimentazione.
Strumento fondamentale soprattutto per l’età pediatrica se pensiamo allo scopo preventivo rispetto a possibili disturbi dell’alimentazione.
Cosa deve contenere un piatto completo?
Rimaniamo sul modello di dieta mediterranea.
Il piatto si compone: di almeno ½ di verdure (tutte a piacere e a scelta tra quelle che più piacciono); ¼ carboidrati (preferibilmente integrali, ricordandoci che tuberi come patate e topinambour sono sempre alternative di pasta e pane); infine ¼ di proteine (meglio vegetali come i legumi).
Non demonizziamo le fonti di grassi buoni, in primis fra tutti l’olio extravergine d’oliva, per passare a olive, frutta secca e avocado in quantità personalizzate.
Di seguito l’esempio di un menù giornaliero:
Colazione: un vasetto di yogurt vaccino o derivati della soia per gli intolleranti, fiocchi d’avena o pane integrale e 3-4 noci.
Pranzo: spaghetti integrali con ragù di lenticchie e verdure, scagliette di mandorla.
Cena: crema di zucca con bocconcini di feta e rosmarino e bruschette di pane croccante.
Il piatto di Harvard va bene per tutti?
Essendo un modello rappresentativo di alimentazione completamente non privativa è assolutamente indicato per ciascun soggetto sia adulto, anziano e a maggior ragione per i bambini a scopo preventivo ed educativo.
Nulla vieta che il singolo piatto possa essere poi rivalutato funzionalmente a specifiche patologie previa consultazione con un professionista.
Quali sono le principali differenze rispetto alla nostra piramide alimentare?
La Piramide alimentare è un’ottima rappresentazione delle frequenze di consumo settimanali delle varie classi di alimenti onde evitare che molto spesso l’alimentazione sia monotona o ripetitiva. Tuttavia, non mostra una visuale completa di come debba essere composto il pasto.
Ecco la praticità del piatto di Harward: quest’ultimo ci riporta alla tavola di tutti i giorni e ad ogni singolo pasto.
Un’altra utilità del piatto è la rappresentazione delle porzioni delle classi di alimenti (ampio uso di verdura cotta o cruda a piacere che accompagnano primo piatto e secondo in un’unica occasione).
Quindi emerge come la piramide sia una base di insegnamento fondamentale per qualsiasi percorso nutrizionale e che trova la sua realizzazione nel piatto da portare in tavola.
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