C’è spesso molta confusione tra arresto cardiaco e infarto. Due patologie serie che richiedono un intervento immediato ma che differiscono molto l’una dall’altra: un arresto cardiaco quando il cuore smette improvvisamente di battere, mentre un attacco di cuore (o infarto miocardico) avviene quando il flusso di sangue al cuore è bloccato.
Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Martina Briani, cardiologa presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care di Lainate.
Cos’è l’arresto cardiaco?
Viene definito come la cessazione dell’attività cardiaca (malfunzionamento elettronico del cuore che provoca un battito cardiaco irregolare). Il cuore si ferma all’improvviso, con perdita di coscienza, e altre funzioni vitali, come la respirazione.
Può avere diverse cause, come:
– Aritmie volte causate da sindromi ereditarie come la Sindrome di Brugada o le canalopatie
– Infarto
– Scompenso cardiaco terminale
– Tamponamento cardiaco (per esempio a seguito di un incidente)
– Grave miocardite
– Insufficienza respiratorie
– Condizioni generiche come Sindrome di Brugada o canalopatie
Il soccorso rianimatorio deve essere immediato, per evitare danni al cervello e agli altri organi vitali, e la morte del paziente. È importante chiamare subito il 118 e supportare immediatamente gli organi vitali, cercando di far ripartire il cuore.
Per questo si deve effettuare la rianimazione cardiopolmonare, che prevede l’applicazione di un protocollo con una sequenza di compressioni al torace e respirazione bocca a bocca e, se possibile e indicato, effettuare la defibrillazione
Quali sono i sintomi dell’arresto cardiaco?
Prima dell’arresto cardiaco possono manifestarsi sintomi correlati alla causa sottostante, come:
– Dolore toracico se la causa dell’arresto è un infarto
– Palpitazioni se la causa sottostante è una tachi-aritmia
– Difficoltà respiratorie se la causa è un’insufficienza respiratoria
I sintomi principali dell’arresto cardiaco sono:
– Perdita immediata di conoscenza
– Smettere di respirare
– Perdita di controllo degli sfinteri
Che cos’è un infarto?
Un infarto si verifica quando un’ostruzione parziale o totale di un’arteria impedisce al sangue ricco di ossigeno di raggiungere il cuore. Se l’arteria ostruita non viene riaperta immediatamente, le cellule cardiache rischiano di morire portando ad una necrosi del muscolo cardiaco.
L’ostruzione è causata da un trombo, un coagulo di sangue che si forma sulle lesioni aterosclerotiche che si trovano sulla parete del vaso; placche che possono essere causate da colesterolo alto, ipertensione arteriosa, diabete, fumo o predisposizione familiare.
Un infarto può essere curato solo in ospedale, per questo è importante contattare subito il 118: può essere una malattia potenzialmente mortale e la vita del paziente dipende da una cura immediata.
Quali sono i sintomi di un infarto?
I sintomi di un infarto possono iniziare lentamente e persistere per ore o giorni prima che arrivi l’infarto. In genere si manifestano quando il paziente è ancora cosciente e comprendono:
– Dolore e oppressione al torace, spesso irradiato anche al braccio sinistro, al collo e alla mandibola
– Forte malessere
– Sudorazione fredda
– Stanchezza
Altri sintomi meno comuni e più difficili da riconoscere, comprendono:
– Nausea, a volte accompagnata da vomito
– Dolore addominale
Qual è il trattamento possibile per un infarto?
Una volta effettuata la diagnosi, l’unico trattamento efficace per un infarto è la riapertura della coronaria ostruita, mediante coronarografia e angioplastica: si entra da un’arteria periferica (dal polso o dall’inguine) con dei tubicini e si risale fino alle coronarie. Una volta identificata la sede di ostruzione si rilascia un pallone (stent) che permette di riaprire il vaso chiuso e di riportare sangue e ossigeno alle cellule cardiache.
La riapertura è possibile anche tramite una terapia farmacologica, che però viene effettuata solamente in alcuni casi. Una volta terminata la riapertura del vaso, viene impostata una terapia farmacologica con l’obiettivo di proteggere il pallone appena inserito e di agire sui fattori di rischio, riducendo quindi la probabilità di un secondo infarto.
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