Covid-19, attenzione anche alla dimensione psicologica

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È noto che pandemie, catastrofi naturali o altri eventi di crisi rappresentino una minaccia per la salute mentale. Recenti studi di revisione hanno riscontrato l’impatto negativo costante di COVID-19 sulla salute mentale, con il 16-18% dei partecipanti che mostrano sintomi di ansia e depressione. Le prime evidenze indicano che i soggetti più esposti al rischio di sviluppare problemi di salute mentale siano le donne, i giovani, chi soffre di disturbi del sonno, chi aveva uno stato di salute già precario o chi ha parenti con COVID-19. Invece, i pazienti con disturbi psichiatrici preesistenti hanno riferito di un peggioramento dei sintomi psichiatrici. Tutti noi possiamo fare qualcosa nel nostro quotidiano per proteggerci, senza sentirci malati a cause delle emozioni negative indotte dalla pandemia e dallo sviluppo di vere e proprie sindromi. Questa pandemia ci dà l’opportunità di pensare che prevenzione e salute vogliono dire anche e soprattutto benessere emotivo, senza passare dal concetto di cura, facendo entrare nella vita di tutti i giorni l’attenzione ai nostri meccanismi emotivi.

Introduzione

Prognosi incerte, l’incombente grave carenza di risorse per la diagnosi e cura, e per la protezione dei soccorritori e degli operatori sanitari dalle infezioni, misure di salute pubblica sconosciute che violano le libertà personali, le ingenti e crescenti perdite finanziarie e l’avvicendarsi di provvedimenti da parte delle autorità sono tra i principali fattori di stress che senza dubbio contribuiranno ad un diffuso disagio emotivo e ad un aumento del rischio di malattie psichiatriche associate a Covid-19. Sintomi normali sono:

  • insicurezza
  • confusione
  • isolamento emotivo
  • paura dello stigma fra senso di colpa per essere causa di contagio e essere emarginati per la paura dell’appestato

Queste reazioni normali, fisiologiche, possono tradursi in una serie di reazioni emotive, come stress o condizioni psichiatriche, comportamenti malsani, come l’uso eccessivo di sostanze stupefacenti, e il mancato rispetto delle direttive di salute pubblica, come il confinamento in casa e le vaccinazioni, nelle persone che contraggono la malattia e nella popolazione in generale. Nell’affrontare una condizione di assoluta novità ed emergenza come una pandemia, la maggior parte delle persone sono resilienti e non cadono in una psicopatologia. In effetti, alcune persone trovano nuovi punti di forza. Tuttavia, nei disastri naturali “convenzionali”, negli incidenti tecnologici e negli atti intenzionali di distruzione di massa, la preoccupazione primaria è il disturbo da stress post-traumatico da esposizione a traumi. Le condizioni mediche dovute a cause naturali, come le infezioni virali potenzialmente letali, non soddisfano gli attuali criteri di traumatologia richiesti per una diagnosi di disturbo da stress post-traumatico, ma ne possono derivare altre psicopatologie, come i disturbi depressivi e d’ansia.

Fra i più vulnerabili agli effetti psicosociali di una pandemia:

  • le persone che contraggono la malattia
  • coloro che sono ad alto rischio, compresi gli anziani, le persone con funzioni immunitarie compromesse e coloro che vivono o ricevono assistenza in ambienti comuni
  • persone con pregressi problemi medici, psichiatrici o di uso di sostanze stupefacenti
  • gli operatori sanitari particolarmente vulnerabili al disagio emotivo nell’attuale pandemia, dato il rischio di esposizione al virus, la preoccupazione di infettare e prendersi cura dei propri cari, la mancanza di dispositivi di protezione personale, l’allungamento degli orari di lavoro e il coinvolgimento nelle decisioni di assegnazione delle risorse emotivamente ed eticamente difficili.

Le direttive di massa per il confinamento a casa sono nuove per tutti noi e suscitano preoccupazione su come le persone reagiranno individualmente e collettivamente. Alcuni dati dicono che l’isolamento forzato ha un impatto rilevante sul nostro stato di benessere emotivo.

Pandemia e disagio emozionale

Una pandemia può generare un forte disagio emozionale. Questo perché:

  1. Si tratta di un evento traumatico, e gli eventi traumatici possono generare reazioni di stress disfunzionale.
  2. Anche se non viene vissuta direttamente come evento traumatico, provoca indirettamente dei cambiamenti di abitudini e prospettive. I cambiamenti possono comportare delle ripercussioni negative sulle emozioni, talvolta arrivando a generare reazioni emotive disfunzionali.
  3. Produce un senso di fragilità e incertezza, che in alcune persone può direttamente incrementare un senso di ipocondria “cum materia”, ovvero una preoccupazione che, per quanto forse esagerata e che rischia di polarizzare radicalmente la nostra via mentale, ha un fondamento razionale alla base.
  4. La quarantena e più in generale l’isolamento sociale producono cambiamenti fisiologici e sociali, ad esempio del ritmo sonno-veglia, dell’attività fisica, dell’alimentazione, dell’esposizione alla luce solare. Sono tutti elementi che possono avere un impatto diretto sul nostro cervello emotivo e disregolarlo.
  5. In alcuni casi il disagio proviene dall’impatto che il virus ha avuto sul nostro modo di lavorare, o generando una profonda crisi finanziaria personale o strutturando metodiche di lavoro altamente stressanti che possono portare a burn-out.
  6. Potrebbe esistere un legame neurobiologico fra la sintomatologia del Covid-19 e l’esordio o l’aumento della frequenza di sintomi relativi a ansia, panico, fobie prevalentemente a focus somatico. Sembrerebbe che le crisi finanziarie derivanti da pandemie e situazioni di cambiamento dello scenario socio economico globale, abbiano un impatto negativo per la salute mentale anche perché riducono il senso di fiducia e le convinzioni sulla buona natura della società.

La parola ai dati scientifici

I dati di Humanitas

Ecco cosa emerge dai dati preliminari di uno studio scientifico che si è avvalso di un questionario online, a cui hanno partecipato 2400 persone, promosso dal Dipartimento di Scienze Biomediche di Humanitas University, guidato dal Prof. Giampaolo Perna e coordinato dalla dott.ssa Daniela Caldirola, per valutare l’impatto della pandemia da COVID-19 sulla salute e il benessere mentale della popolazione italiana e mondiale e mettere a fuoco bisogni e necessità a cui rispondere.

  • La maggioranza delle persone non aveva contratto il COVID.
  • Una parte consistente degli intervistati ha lamentato un peggioramento nei rapporti con il partner (21%) o con i figli (13%).
  • Il 50% dei lavoratori ha riportato un incremento nella fatica percepita durante lo svolgimento della propria attività lavorativa,
  • Il 70% circa degli studenti ha dichiarato una sensibile diminuzione della concentrazione nello studio.              
  • Riguardo agli stili di vita, il 7-8 % degli intervistati ha aumentato il consumo di alcolici o di nicotina, oppure ha iniziato a farne uso, il 33% ha diminuito o smesso di praticare attività fisica e il 40% ha dichiarato di aver diminuito la propria attività sessuale.
  • Il 90% degli intervistati ha riportato di avere in qualche misura paura di infettarsi, circa il 77% aveva paura di poter infettare in qualche modo altre persone e il 65% ha dichiarato di avere in qualche misura paura di morire nel caso dovesse contrarre COVID-19.
  • Circa il 14% degli intervistati ha iniziato ad assumere ansiolitici o sonniferi e il 10% ha iniziato ad assumere antidepressivi, mentre il 19% di chi già li assumeva prima della pandemia ha avuto necessità di incrementarne il dosaggio.
  • Il 21% ha riportato sintomi ansiosi clinicamente significativi e interferenti sulle proprie attività quotidiane, mentre il 10% ha avuto almeno un attacco di panico nel mese precedente la compilazione, senza mai averlo avuto prima nella vita. Il 20% ha riportato sintomi clinicamente significativi di disturbo post-traumatico da stress (PTSD) in relazione a esperienze legate alla pandemia, mentre il 28% ha lamentato sintomi ossessivo-compulsivi disturbanti e interferenti con il proprio funzionamento quotidiano.
  • Infine, il 55% degli intervistati ha dichiarato di aver avuto insonnia.

Alcuni studi che si sono occupati di indagare l’impatto emotivo della pandemia sulle persone, hanno rivelato che nel periodo della prima ondata:

  • il 53,8% dei partecipanti ha dichiarato che la pandemia ha avuto delle ripercussioni moderate o intense sul loro stato emotivo
  • il 16,5% delle persone di aver manifestato sintomi depressivi tra moderati e intensi
  • il 28,8% sintomi gravi di ansia
  • l’8,1% sintomi di stress tra moderati e intensi

Alcuni fattori come sesso femminile, status di studente, presenza di sintomi fisici specifici (mialgia, vertigini, rinite) e auto-percezione di condizioni di salute non molto buona si sono mostrati correlati in maniera significativa con un impatto psicologico più elevato causato dalla situazione, oltre che a maggiori livelli di stress, ansia e depressione.

I livelli di stress, ansia e depressione si sono mantenuti stabili tra il primo e il secondo sondaggio, nonostante nel tempo intercorso il numero di casi di Covid-19 fosse aumentato.

L’impatto negativo delle misure di contenimento sulla salute mentale, è emerso con maggiore evidenza nei risultati della seconda intervista. Le persone di età compresa tra 12 e 24 anni sono risultate maggiormente colpite dal punto di vista psicologico, in particolare se si considera che il gruppo comprende giovani studenti profondamente influenzati dalla chiusura prolungata delle scuole, dalla didattica online, dall’incertezza degli esami e altre questioni scolastiche.

È emerso inoltre che gli adulti con figli minori di 16 anni, che avevano un maggiore grado di compenso emotivo, mostravano un pattern di resilienza coerente con quello dei bambini. In pratica, i genitori erano meno stressati se i loro bambini avevano livelli buoni di resilienza nell’affrontare la situazione negativa causata dal Covid-19. Quindi bambini più resilienti, genitori meno stressati.

Salute mentale dei pazienti positivi al Covid-19

Le persone guarite dal Covid-19, i loro contatti stretti e i loro familiari meritano un’attenzione particolare, in quanto possono essere a rischio di sviluppare distress psicologico, specie se il virus ha causato la perdita di una persona cara. I pazienti con Covid-19 potrebbero sviluppare depressione, disturbi dell’ansia, distress psicologico, attacchi di panico, irritabilità, impulsività, disturbo di somatizzazione e istinti suicidi.

Vari fattori associati a problemi di salute mentale possono dipendere da: età, sesso, stato coniugale, educazione, occupazione, reddito, luogo di residenza, contatti stretti con persone che hanno contratto il virus, comorbidità fisiche e problemi di salute mentale, esposizione a notizie relative al Covid-19, stigma sociale, supporto psicosociale, comunicazione sanitaria, fiducia nel sistema sanitario, misure personali di protezione, rischio di contrarre il virus e percezione della probabilità di sopravvivere.

Attraverso strumenti che indagano la risposta allo stress, è stato possibile determinare che le persone malate hanno subito un maggiore impatto. La valutazione dei gruppi ad alto rischio ha evidenziato punteggi elevati particolarmente su insonnia e senso di intorpidimento; questo dipendeva dalle quarantene domiciliari. I risultati sui campioni COVID positivi sono coerenti con quelli eseguiti sia sulle popolazioni positive a Ebola, che nella MERS più Ebola.

Uno studio che descrive nel dettaglio il trauma psicologico delle famiglie in lutto e delle vittime del MERS suggerisce come una famiglia colpita dall’infezione percepisse che la popolazione li evitava, sentendosi socialmente isolata anche dopo essere stati curati e dichiarati liberi dalla malattia. È ipotizzabile che questo problema ci sia anche per le famiglie dei pazienti Covid positivi.

Crisi globali e reazioni traumatiche patologiche

Lo scoppio di una pandemia globale causa paura e preoccupazione in molti e, secondo quanto riferito, influenza il benessere cognitivo di ogni individuo. Studi precedenti rivelano che depressione, disturbi d’ansia, abuso di sostanze stupefacenti, PTSD (disturbo da stress post traumatico) seguono generalmente periodi di grandi crisi economiche o disastri naturali. In particolare, come rilevato da studi, le crisi economiche sono associate a un aumento significativo di sintomi di depressione nelle persone.

Cambiamento e quarantena

Le misure di massa per il confinamento a casa, comprese le ordinanze sulla permanenza a casa, la quarantena e l’isolamento, possono determinare impatti emotivi, tra cui:

  • stress
  • depressione
  • irritabilità
  • insonnia
  • paura
  • confusione
  • rabbia
  • frustrazione
  • noia
  • stigma associato alla quarantena

Alcuni di questi persistevano anche dopo che la quarantena era stata revocata.

La rottura della vita normale come conseguenza di lockdown imposti dai governi o l’obbligo di stare a casa ha avuto un impatto significativo sulla salute mentale delle persone. Lockdown e isolamento sociale hanno aumentato l’incremento della paura di violenza domestica, che include abuso fisico, emotivo e sessuale. Una revisione recente degli studi sugli effetti negativi della quarantena e misure simili sulla salute mentale hanno riscontrato che negli individui in condizione di isolamento fisico erano altamente presenti sintomi di depressione, disturbi dell’ansia e dell’umore, dello stress post-traumatico, dei disturbi del sonno, panico, stigmatizzazione, poca autostima, mancanza di autocontrollo.

Disturbi d’ansia e Covid: un link speciale

Sebbene la parola “panico” sia stata abbondantemente legata ad eventi pandemici (cfr. SARS-CoV-2), nella letteratura scientifica pochissimi studi hanno considerato se l’epidemia attuale possa predisporre all’insorgenza o all’aggravarsi di attacchi di panico o di un vero e proprio disturbo di panico.

In effetti, la maggior parte degli studi finora si è concentrata sul rischio di aumento e aggravamento di altri disturbi psichiatrici come conseguenza dell’epidemia, come il disturbo ossessivo-compulsivo (OCD), il disturbo post-traumatico da stress (PTSD) e il disturbo d’ansia generalizzato (GAD).

Rischio di insorgenza o aggravamento del disturbo di panico, soprattutto il sottotipo con sintomi respiratori prominenti, che è caratterizzato da una risposta di paura condizionata a sensazioni enterocettive (ad esempio, respiratorio), e ipervigilanza a questi segnali interocettivi, potrebbe essere previsto nella situazione attuale. Infatti, i sintomi respiratori, come la tosse e la dispnea, sono tra i più comunemente associati alla SARS-CoV-2, e i sintomi respiratori sono legati a una prognosi sfavorevole della malattia. L’epidemia di COVID-19 ha portato gravi minacce alla salute fisica e alla vita delle persone. Quindi, dato che alcuni fattori eziologici e di mantenimento associati al disturbo di panico – cioè il condizionamento della paura a modelli di respirazione anormali attribuibili o meno a COVID-19, così come l’ipervigilanza verso le anomalie respiratorie – sono presumibilmente più prevalenti, ci si potrebbe aspettare un aumento del rischio di insorgenza o aggravamento del disturbo di panico in seguito all’epidemia di COVID-19 nelle persone che sono state colpite dal virus, ma anche in quelle che non lo sono state.

Il COVID-19 produrrà nuova morbilità e potrebbe anche precipitare o esacerbare le malattie psichiatriche esistenti. Lo stress dovuto alla pandemia può produrre paura e preoccupazione per la propria salute e quella dei parenti, cambiamenti nel sonno o nei modelli alimentari, difficoltà di concentrazione, potrebbe peggiorare di problemi di salute cronici, maggiore uso di alcol, tabacco o altre droghe.

Le misure di contenimento come l’isolamento e la quarantena possono anche far precipitare la morbilità psichiatrica, specialmente la depressione, l’ansia e le tendenze suicide.

Sono documentati casi di pazienti che hanno sviluppato disturbi di panico a causa delle notizie sulla pandemia da COVID-19.

Consigli

  • Rimanere sufficientemente informati, senza esagerare, per capire correttamente la situazione durante la quarantena. Cercare informazioni sanitarie precise e aggiornate (trattamento, situazione dei contagi nella località) e restare attenti in modo consapevole.
  • Adottare le misure di prevenzione (igiene delle mani, indossare la mascherina). Così facendo, l’impatto psicologico della pandemia sarebbe minore, con anche livelli di stress, ansia e depressione ridotti.
  • Scegliere l’ottimismo. Relazioni strette (anche se per ora rimangono virtuali) ottimismo sociale e fiducia nella società sono mediatori significativi tra benessere e depressione.
  • Quarantena scelta consapevole e non obbligata. La maggior parte dei fattori negativi sulla salute mentale delle persone proviene dall’imposizione delle restrizioni e limitazioni delle libertà da parte dei governi e delle istituzioni. Invece, la quarantena volontaria sarebbe associata a meno stress e meno complicanze a lungo termine, motivo per cui l’auto-isolamento dovrebbe essere promosso dalle istituzioni.
  • (Psico)-Educazione prima che cura. C’è bisogno di servizi di supporto alla salute che entrino nella vita di tutti i giorni senza stigmatizzare la richiesta di un supporto. Non c’è bisogno di essere malati per giovarsi di un supporto qualificato a gestire meglio le nostre reazioni emotive. Ha senso che vengano offerti servizi di supporto per via digitale (telepsicologia) e dovrebbero includere le domande su:
    • fattori di stress correlati a COVID-19 (come l’esposizione a fonti infette, i familiari infetti, la perdita dei propri cari e l’allontanamento fisico)
    • avversità secondarie (perdita economica, ad esempio)
    • sindromi specifiche (come depressione, ansia, preoccupazioni psicosomatiche, insonnia, aumento dell’uso di sostanze e violenza domestica)
    • indicatori di vulnerabilità (come le condizioni fisiche o psicologiche preesistenti).

Normalizzare la possibilità di una richiesta di aiuto e de-clinicizzare l’aiuto che può essere dato

Solo alcune persone avranno bisogno di un riferimento per la valutazione e una vera e propria cura nell’ambito delle risorse per la salute mentale; molte altre potranno beneficiare di interventi di sostegno volti a promuovere il benessere e a migliorare la gestione della crisi e del quotidiano.

Molte delle esperienze dei pazienti, dei membri della famiglia e del pubblico possono essere adeguatamente normalizzate:

  • Fornendo informazioni sulle reazioni abituali a questo tipo di stress e sottolineando che le persone possono e riescono a gestirle anche in circostanze difficili.
  • Gli operatori sanitari possono offrire suggerimenti per la gestione dello stress e coping (come la programmazione delle attività e il mantenimento delle routine).

Infine, quando va scelto un partner clinico, ossia quando il disagio richiede una presa in carico del paziente, è necessario prendersi cura con grande attenzione del legame dei pazienti con i servizi di salute mentale, e suggerire, ai pazienti che lo necessitano, una adeguata assistenza mentale professionale. Per questo, educazione e formazione sulle questioni psicosociali dovrebbero essere effettuate a dirigenti del sistema sanitario, primi soccorritori e operatori sanitari. Infine, le comunità per la salute mentale e la gestione delle emergenze dovrebbero lavorare insieme per identificare, sviluppare e diffondere le risorse evidence based relative alla salute mentale in caso di disastro, al triage e consulto sulla salute mentale, ai bisogni di popolazioni specifiche.

A cura della redazione

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