La variabilità della frequenza cardiaca (HRV) è espressione della variazione continua dell’intervallo tra un battito cardiaco e il successivo (intervallo RR).
A tutti noi è capitato di eseguire un tracciato ECG, con il quale, tramite degli elettrodi posizionati sul torace, viene registrata l’attività elettrica del cuore. Sebbene al primo sguardo gli intervalli tra un battito e l’altro possano sembrare costanti, in realtà non è così: la durata dell’intervallo RR cambia da battito a battito sotto l’influenza del sistema nervoso autonomo.
Un medico cinese vissuto nel 200 d.C., Wang Shune, diceva: “Se il battito cardiaco diventa regolare come il ticchettio del picchio o il gocciolio della pioggia sul tetto, il paziente morirà entro quattro giorni.” Questo non perché il cuore non deve essere “regolare” ma “disordinato”, confermando di adattarsi correttamente agli stimoli interni ed esterni.
La variabilità della frequenza cardiaca è infatti un indicatore importante della nostra salute e del nostro benessere psico-fisico.
Ce ne parla la dott.ssa Simonetta Dell’Orto, cardiologa presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care De Angeli a Milano.
Prima di entrare nel merito dell’argomento vorrei dire che il medico cinese ha anticipato un concetto che è emerso in modo molto chiaro alla fine degli anni ’80 e cioè che una riduzione della HRV si associa ad eventi avversi cardiovascolari come ad esempio il peggioramento del profilo di rischio nei soggetti che hanno subito un infarto miocardico.
Un modo semplice per rendersi conto della continua variazione della frequenza cardiaca è costituito dall’analisi visiva dell’andamento della frequenza cardiaca ad una registrazione Holter 24 ore: è facile notare come nelle ore notturne la frequenza cardiaca si riduce, per aumentare di nuovo al risveglio generando il cosiddetto ritmo circadiano (variabilità a lungo termine). Un aspetto meno evidente della variabilità della frequenza cardiaca sono le sue oscillazioni battito battito che si evidenziano anche con la semplice osservazione di registrazioni di pochi minuti (variabilità a breve termine).
Come si può misurare l’HRV?
Ci sono diversi modi di misurare la HRV. Possiamo misurarla facendo una media dei valori di frequenza cardiaca e misurando quanto ogni singolo valore sia diverso da questo valore medio.
Possiamo misurarla in modo più complesso e raffinato tramite tecniche di analisi spettrale. È quest’ultima metodica che viene utilizzata per quantificare la modulazione simpatica e vagale della frequenza cardiaca.
Perché è importante misurare la variabilità della frequenza cardiaca?
Perché, come premesso, si è visto che la perdita o la riduzione della HRV si associa a malattia. La variabilità della frequenza cardiaca, infatti, è espressione dell’interazione tra le due componenti del sistema nervoso autonomo: la componente vagale “inibitoria” e la componente simpatica “eccitatoria”. La continua interazione fra queste due componenti fa si che siamo in grado di scappare di fronte ad un pericolo quando prevale la componente eccitatoria che fa aumentare la frequenza cardiaca (e la pressione arteriosa) o di riposare la notte quando prevale la componente inibitoria che rallenta il battito (e abbassa la pressione arteriosa). Non sempre però queste due componenti sono in equilibrio, in alcune patologie la componente simpatica prevale anche quando non dovrebbe come ad esempio capita in alcuni casi di ipertensione arteriosa o di scompenso cardiaco o dopo un infarto miocardico. All’opposto in altri casi è la componente vagale a predominare quando capita di svenire per esempio in caso di nausea, vomito o alla vista del sangue.
Quanto deve essere la variabilità del ritmo cardiaco?
Forse vi sarà già chiaro che non è possibile rispondere a questa domanda se non dicendo che dipende dalle circostanze (notte/giorno, dall’età del soggetto, dal grado di allenamento fisico, etc). Certamente possiamo dire però che la variabilità della frequenza cardiaca deve essere mantenuta, se assente questo è espressione di un problema.
Come varia la frequenza cardiaca durante la giornata?
La frequenza cardiaca, come abbiamo detto, varia in continuazione, aumenta se facciamo uno sforzo, come ad esempio salire le scale o portiamo dei pesi, ma anche se interveniamo durante una riunione o se discutiamo al telefono. All’opposto quando siamo a riposo o se dormiamo la frequenza cardiaca si riduce. Possiamo anche dire che l’esercizio fisico se eseguito con regolarità fa si che si abbia una frequenza cardiaca inferiore, è noto infatti che gli atleti allenati hanno una frequenza cardiaca media inferiore a quella di soggetti della stessa età che però non sono allenati.
Cosa provoca un peggioramento dell’HRV?
Sono molte le patologie che possono provocare un’alterazione della HRV. Fra le più eclatanti le Disautonomie, cioè quelle malattie come il Parkinson o la Tachicardia posturale inappropriata, ma per certi aspetti anche il diabete, in cui il sistema nervoso autonomo non è più in grado di regolare adeguatamente e tempestivamente la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa alle circostanze. In questi casi ad esempio si parla di valori di HRV100 volte inferiori a quelli di soggetti sani della stessa età.
Come è possibile allenare l’HVR?
Non sempre è possibile intervenire e modificare la HRV.
Un modo per aumentare la HRV è tuttavia rappresentato dallo svolgimento di regolare attività fisica o mediante la stimolazione elettrica di afferenze nervose vagali dell’orecchio (metodica ancora sperimentale).
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