La riabilitazione dopo un infarto (o cardiologia riabilitativa), è un programma di trattamento (che si può fare in regime di degenza o ambulatorialmente, in base alla gravità dell’evento) volto a recuperare la salute e prevenire malattie cardiovascolari, tramite un percorso personalizzato (che può includere medici, fisioterapisti, dietisti e psicologici), l’educazione alla salute e l’adozione di uno stile di vita sano, per consentire al paziente di tornare a una vita il più normale possibile.
Ne abbiamo parlato con la dottoressa Elisabetta Cirò, cardiologa presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care di Monza.
Che cos’è un infarto?
Un infarto si verifica a seguito di un’ostruzione parziale o totale di un’arteria che impedisce al sangue ricco di ossigeno di raggiungere il cuore. Se l’arteria ostruita non viene riaperta immediatamente, le cellule cardiache rischiano di morire portando a una necrosi del muscolo cardiaco.
Come viene trattato l’infarto?
Una volta effettuata la diagnosi, l’unico trattamento efficace per un infarto è la riapertura della coronaria ostruita. Tramite coronarografia e angioplastica (in alcuni casi può essere utilizzata anche una terapia farmacologica) si entra da un’arteria periferica (polso o inguine) con dei tubicini e si risale fino alle coronarie. Una volta identificata la sede di ostruzione si rilascia un pallone (stent) che permette di riaprire il vaso chiuso e di riportare sangue e ossigeno alle cellule cardiache.
Una volta riaperto il vaso, viene impostata una terapia farmacologica che consente di agire sui fattori di rischio, riducendo la probabilità di un secondo infarto.
A cosa serve la riabilitazione dopo l’infarto?
La riabilitazione cardiovascolare ha lo scopo di accelerare la ripresa psico-fisica e migliorare la qualità della vita dopo un evento cardiovascolare acuto come un infarto miocardico, ma anche dopo un intervento di rivascolarizzazione, un trapianto di cuore o un’ospedalizzazione per scompenso cardiaco.
Si tratta di programmi che prevedono allenamento fisico in combinazione con altri interventi di prevenzione secondaria.
Quanto dura e come è strutturato il percorso riabilitativo dopo un infarto?
La maggior parte dei programmi di riabilitazione ambulatoriali consistono in sessioni della durata di circa un’ora sotto controllo ECG, per 8-12 settimane.
Nelle sessioni riabilitative viene svolta attività fisica aerobica che richiede l’utilizzo di ampi gruppi muscolari come camminata, jogging, pedalata. Si prediligono attività a basso impatto per ridurre il rischio di infortuni. Gli esercizi vengono selezionati tenendo in considerazione le caratteristiche muscolo-scheletriche e le limitazioni fisiche dei partecipanti, oltre alle caratteristiche del luogo ove si svolgono (palestra) e la disponibilità di attrezzature. Il tipo di esercizio più praticato è la pedalata sulla cyclette.
Ogni sessione comprende 3 fasi: riscaldamento (5-10 min), fase di allenamento vero e proprio (da almeno 20 min a 30-45 min di attività aerobica continua o discontinua), defaticamento (5-10 min).
Un paziente con un infarto non complicato può iniziare il programma in maniera sicura anche una settimana dopo l’evento.
Un infarto viene definito “complicato” quando il decorso ospedaliero è stato reso più difficile da ripresa di angina o recidiva di infarto, insufficienza cardiaca o aritmie ventricolari ricorrenti o sostenute. In assenza di uno di questi eventi si parla di infarto non complicato.
La cardiologia riabilitativa consente di riprendersi totalmente dall’infarto?
La riabilitazione post-infartuale limita gli effetti fisiologici (miglioramento del profilo lipidico, riduzione della pressione arteriosa, trattamento e prevenzione del diabete tipo 2, calo di peso, riduzione dell’infiammazione, miglioramento della capacità aerobica e della funzione ventricolare sinistra) e psicosociali (riduzione dello stress emotivo e dei sintomi depressivi) della malattia cardiaca, riduce il rischio di morte improvvisa o reinfarto, facilita il controllo dei sintomi, stabilizza o rallenta il processo aterosclerotico. Inoltre, migliora il controllo dei fattori di rischio, migliora la capacità d’esercizio e l’aderenza alla terapia di prevenzione secondaria. Tutto ciò si traduce in un miglioramento della qualità della vita del paziente.
Diverse metanalisi hanno dimostrato che indubitabilmente la riabilitazione è associata a un incremento della sopravvivenza e a una riduzione della incidenza di reinfarto in pazienti con precedente infarto o precedente rivascolarizzazione.
La cardiologia riabilitativa ha dei limiti?
Il limite principale consiste purtroppo nel fatto che molti pazienti eleggibili per un programma riabilitativo (ovvero tutti quelli per cui la riabilitazione è indicata: una recente sindrome coronarica acuta cioè infarto, angina instabile, una recente rivascolarizzazione miocardica o intervento di chirurgia valvolare, un trapianto cardiaco o un episodio di scompenso cardiaco), non ricevono questo tipo di terapia. Questo accade spesso per mancanza di conoscenza sull’efficacia di tali programmi da parte di operatori sanitari, pazienti e famiglie.
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