Che cos’è l’angioma al fegato e come è possibile individuarlo?

L’angioma è un tumore benigno che quando si forma nel fegato è quasi sempre asintomatico. Per questo, nella maggior parte dei casi, la presenza di questa neoformazione viene trovata occasionalmente, per esempio durante un esame prescritto per indagare altre problematiche. Di cosa si tratta esattamente e come è possibile individuarlo?

Ce ne parla il dottor Umberto Ippolito Giovanni Maggi, specialista presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care De Angeli a Milano.

Che cos’è l’angioma al fegato?

È una malformazione vascolare, ossia un groviglio di vasi sanguigni dilatati che si forma all’interno del fegato, vascolarizzati dalla arteria epatica. Non è un cancro ma una massa benigna che di solito non provoca disagi. Può essere singolo o multiplo (9-22% dei casi) e nella maggior parte dei casi non presenta alcun pericolo per il paziente.

Chi sono i pazienti più a rischio di angioma al fegato?

La prevalenza degli angiomi epatici nei dati autoptici si situa intorno al 7%[1], l’incidenza tra 0,7 e 20%;  essi rappresentano il 70% delle lesioni benigne del fegato. Secondo i dati riportati nella letteratura, questo disturbo colpisce prevalentemente la popolazione femminile (uso di contraccettivi a base di estrogeni, influenza della pubertà e della gravidanza o chi si è sottoposta a terapie ormonali sostitutive per la menopausa precoce), con un rapporto di 5:1 tra femmine e maschi, e predilige l’età tra i 30 e i 50 anni.

Le cause principali dell’angioma al fegato, infatti, oltre che essere ricondotte ad anomalie genetiche, possono essere collegate a variazioni ormonali o terapie a base di estrogeni.

Quali sono i sintomi dell’angioma al fegato?

Come dicevamo, nella maggior parte dei casi, l’angioma al fegato è del tutto asintomatico. Le dimensioni, che solitamente sono di circa 3-4 cm, non provocano alcun sintomo.

Tuttavia, in presenza di angiomi più grandi (chiamati angiomi giganti), i sintomi possono prevedere:

  • dolore nella parte alta dell’addome (dovuto probabilmente a sfregamento del tumore superficiali o giganti contro la capsula del fegato)
  • nel caso di angiomi voluminosi responsabili di compressione degli organi vicini, si possono avere senso di pienezza anche dopo aver ingerito piccole quantità di cibo, mancanza di appetito, vomito
  • ittero ostruttivo.

Come può essere diagnosticato un angioma al fegato?

Generalmente si tratta di una diagnosi incidentale che avviene nel corso di un’ecografia eseguita come prevenzione; per una maggiore definizione, se necessario, si può effettuare un’ecografia con mezzo di contrasto; comunque, oltre alla TAC, la tecnica di imaging migliore per gli angiomi è la Risonanza Magnetica. In alcuni casi in cui esista un dubbio di angiosarcoma, viene suggerita l’esecuzione di una PET[2].

In presenza di angioma al fegato sarà necessario eseguire accertamenti periodici?

Alcuni autori, nel caso di donne in gravidanza con angiomi con diametri inferiori a 10 cm, suggeriscono un controllo ecografico ogni 3 mesi, con una maggiore frequenza nel caso di angiomi di diametri superiori, la cui crescita potrebbe suggerire un intervento chirurgico preferibilmente nelle prime fasi del secondo trimestre[3].

In generale la progressione naturale dimensionale degli angiomi è variabile (Leon): attualmente si ritiene che tali angiomi possano aumentare di dimensioni di circa 1-3 mm all’anno[4]. Di conseguenza, potrebbe essere necessario eseguire un’ecografia annuale.

Quali dimensioni può raggiungere un angioma al fegato?

Angiomi giganti sono in genere definiti quelli con diametro > 4 cm, ma si tratta di una definizione probabilmente riduttiva e il termine andrebbe piuttosto riferito a quelli maggiori di 10 cm[5]. In alcuni pazienti il diametro dell’angioma può superare i 20 cm, giungendo sino a un diametro massimo riportato in Letteratura, di 63 cm.  

Quando preoccuparsi per un angioma al fegato?

Un emangioma non ha evoluzione maligna[6]. In rari casi possono tuttavia svilupparsi alcune problematiche come le complicanze emorragiche da rottura (sono molto rare con un’incidenza < 1% o 1,2%[7]: vi sono solo 50 casi di rottura spontanea in letteratura e 5 traumatica[8].

Essi divengono in genere oggetto di attenzione nel caso di sintomatologia (dolori), o se caratterizzati da rapido accrescimento nel dubbio diagnostico con gli angiosarcomi – tumori molto rari ma maligni – ; altre situazioni meritevoli di attenzione sono: 

  • la rottura di un angioma o una emorragia intralesionale;
  • la sindrome di Kasabach-Merritt – grave coagulopatia con piastrinopenia con incidenza di 0,3% di tutti gli angiomi e di 26% in quelli con diametri superiori a 15 cm[9];
  • gastric outlet obstruction, in casi di compressione di organi o vasi (quali la ostruzione allo svuotamento gastrico);
  • la sindrome di Budd chiari, con conseguenti edemi agli arti inferiori[10].

Come può essere trattato un angioma gigante?

Gli angiomi epatici non necessitano in genere di essere trattati.

Come detto, a volte l’indicazione al trattamento riguarda gli angiomi in rapido accrescimento, nel dubbio, appunto, di un angiosarcoma. Le dimensioni di per sé non rappresentano una indicazione al trattamento[11].

In ambito terapeutico medico, in alcuni casi sono stati usati farmaci monoclonali (bevacizumab) attivi contro alcuni fattori di crescita (VEGF) angiogenici.

Un’opzione soprattutto come trattamento di urgenza in caso di rotture è l’embolizzazione trans-arteriosa – ma si tratta di una terapia non risolutiva[12] –; oppure, come recentemente riportato, la termoablazione percutanea o laparoscopica[13] con Micro-onde nel caso di emangiomi > 5 cm di diametro[14]. Quest’ultima opzione è percorribile come possibilità mininvasiva di trattamento.

Nel caso si decida per un intervento le opzioni sono la chirurgia (preceduta o meno da un trattamento di radiologia interventistica con embolizzazione percutanea), tramite resezione o enucleazione. Tuttavia, la terapia chirurgica comporterebbe un rischio di mortalità dello 0,8%, entro 30 giorni dall’intervento[15], dato da non trascurare per una patologia benigna.

In alcuni casi eccezionali il trapianto di fegato è stato effettuato[16] in 16 pazienti, secondo la letteratura più recente[17].

Fonti

[1] [2] Uutela A, 2023 Volume 41, Issue 6, 359 – 37

[3] Casabianca AS, 2022, BMJ case reports; Volume: 15, Numero: 6, Pagina: e248932.  

[4] [9] Leon M, 2020; World J Gastroenterol 2020 January 7; 26(1): 11-20

[5] [6] [8] [10] [11] Toro A.: Annals of Hepatology , 2014; 13 (4): 327-339

[6] [7] [15]Miura JT: HPB 2014, 16, 924–928

[12] [13] Emerson E. Sharpe III: J Vasc Interv Radiol 2012; 23:971–975

[13] [14] Tang XY: J Dig Dis. 2014 Jun 19. doi: 10.1111/1751-2980.12169

[16] Bellini, MI: Exp and Clin Transplantation, 2022, 20 (3), 231-6

[17] Prodromidou A, 2019, Transplant Proc. 2019;51(2):440-442

Reizine E, 2022, Radiol Clin N Am 60 (2022) 755–773

Chirurgia Generale
Dottor Umberto Ippolito Giovanni Maggi
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