Il disturbo comportamentale del sonno REM il cui acronimo è RBD (Rapid eye Movement sleep Behavior Disorder) è una problematica di tipo motorio e comportamentale che si verifica durante la fase di sonno REM.
Fisiologicamente, in questo stadio di sonno, i centri nervosi localizzati a livello cerebrale (tronco encefalo) inibiscono i centri che inviano il comando alla muscolatura volontaria (α-motoneuroni spinali o nuclei motori del tronco encefalico).
Per questo, la fase REM è caratterizzata da un’intensa attività mentale in cui si sogna e da una paralisi muscolare che coinvolge tutti i muscoli tranne quelli della muscolatura oculare (da qui la denominazione di sonno REM “Rapid Eye Movements” che sta appunto per “movimenti oculari rapidi”). È per questo che, normalmente, “sogniamo senza muoverci”.
Ce ne parla la dott.ssa Nuccia Cosentino, neurologa presso gli ambulatori Humanitas Medical Care di Lainate, Bresso, Arese e Domodossola a Milano.
Come si manifesta l’RBD?
L’RBD è il risultato della perdita fisiologica del tono muscolare durante la fase REM. La mancanza di inibizione del tono muscolare fa sì che i pazienti “vivano i propri sogni”. Questo può, specie nel caso di sogni a contenuto violento e angosciante (in cui il paziente deve difendersi per esempio dall’attacco di animali o persone minacciose), portare a comportamenti “anomali” che possono comprendere dialoghi, risate, grida, imprecazioni, gesticolazioni, fino a gesti violenti con pugni, calci, corse e fughe mimate al letto.
Al termine dell’episodio il paziente spesso si sveglia, appare subito orientato ed è in grado di riferire il sogno fatto, coerente con i comportamenti messi in atto. Questi episodi si verificano tipicamente nella seconda parte del sonno (nelle prime ore del mattino) e possono essere a frequenza variabile, sporadica o occasionale ma anche mensile, settimanale e, per alcuni, giornaliera (ovvero presentarsi tutte le notti).
Chi presenta questo disturbo del sonno?
È un disturbo più frequente negli uomini e tipicamente insorge tra i 40 e i 70 anni, anche se può presentarsi a qualsiasi età.
L’RBD è solo un disturbo del sonno?
Di RBD vengono descritte due forme: la forma idiopatica e quella sintomatica.
- Si definisce RBD idiopatico quando è l’unica manifestazione neurologica presente al momento. La prevalenza dell’RBD idiopatico, ad oggi, è stimata intorno allo 0,04%- 0,5% ma, dall’osservazione, si è dimostrato che la maggior parte dei disturbi classificati come idiopatici tendono ad evolvere in forme sintomatiche.
Studi di follow-up hanno evidenziato una percentuale di conversione dal 25 all’80% in un periodo successivo alle prime manifestazione dai 5 ai 15 anni.
Sulla base di queste evidenze, perciò, tranne rari casi che rimangono nel tempo un disturbo comportamentale del sonno isolato, l’RBD può rappresentare la prima manifestazione di malattie neurodegenerative cerebrali come per es. la Malattia di Parkinson o la demenza.
- Si definisce RBD sintomatico quando si manifesta nel contesto di una malattia neurologica neurodegenerativa legata al deposito di una proteina (α-sinucleina) a livello di varie strutture del sistema nervoso centrale. Esempi di queste malattie sono la Malattia di Parkinson e altri parkinsonismi (Demenza a Corpi di Lewy e Atrofia Multisistemica). Meno frequentemente è associato a parkinsonismi diversi dovuti al deposito di altre proteine (taupatie, amiloidopatie) o a patologie neurologiche ereditarie come le Atassie.
L’RBD sintomatico, inoltre, può essere presente anche in bambini o giovani adulti in una malattia rara del sonno che è la Narcolessia.
L’RBD può manifestarsi anche una sola volta nella vita?
Sì, può manifestarsi come fenomeno occasionale acuto. Potenziali fattori scatenanti sono: farmaci antidepressivi, astinenza da alcool o intossicazioni da stupefacenti o farmaci. Può insorgere acutamente anche come conseguenza di lesioni acute o subacute di diversa natura (vascolari, demielinizzanti, infiammatorie, autoimmuni) che coinvolgono i centri che controllano l’atonia muscolare in sonno REM. In tal caso l’RBD si assocerà ad altri segni e sintomi tipici del disturbo sottostante.
Quali sono le conseguenze dell’RBD?
Le conseguenze immediate sono indotte dai comportamenti di reazione ai sogni sgradevoli, agitati e violenti che possono essere causa di infortuni o lesioni (fratture, ematomi, distorsioni) al paziente stesso e spesso al partner di letto.
Le conseguenze a distanza sono verosimilmente legate al sonno disturbato che, nel tempo, può comportare un calo delle funzioni cognitive. Non è chiaro se questo rappresenti la normale evoluzione del disturbo o se la cattiva qualità del sonno con una instabilità del sonno REM possano essere in qualche modo implicati.
Come si fa la diagnosi dell’RBD?
La diagnosi di RBD può essere sospettata in base all’anamnesi considerando l’età di insorgenza (adulta) e le caratteristiche cliniche del disturbo (comportamenti motori e verbali violenti nel corso della seconda parte della notte). Il partner di letto può raccontare le peculiarità degli episodi mentre il paziente può confermare il contenuto del sogno. L’esame strumentale che dimostra un disturbo del sonno REM è una Polisonnografia (PSG) completa notturna con videoregistrazione che ci permette di documentare gli episodi e dimostra la mancata perdita dell’atonia muscolare in fase REM.
Qual è il trattamento per l’RBD?
Il trattamento più efficace è rappresentato dal Clonazepam o la melatonina (ormone prodotto dalla ghiandola pineale che regola il ritmo circadiano), quest’ultima da preferire negli anziani. Il trattamento, comunque, è sintomatico non curativo, infatti, alla sospensione il disturbo si ripresenta. È lo specialista del sonno, in questo caso il neurologo, che sceglierà il trattamento più adeguato.
Nelle forme più gravi può essere utile creare una condizione ambientale ideale, priva di potenziali pericoli (es. protezione attorno agli spigoli degli arredi vicini al letto) e tutelare i partner di letto consigliando di dormire in un letto diverso o in un’altra stanza.
Perché è consigliabile arrivare presto a una diagnosi corretta?È importante individuare precocemente questo disturbo sia per le conseguenze dirette a cui può portare (rappresentando un pericolo per se stessi e il proprio partner) sia perché può rappresentare, anche a distanza di molti anni, il primo sintomo di una patologia neurodegenerativa in evoluzione. Questo, per l’aggiunta di altri sintomi, può perciò condurre ad una diagnosi precoce di altre malattie.
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