Cefalea tensiva ed emicrania sono tra le forme più comuni di mal di testa. Un sintomo che sebbene sia molto diffuso, può arrivare persino ad essere invalidante per il paziente. Basti pensare che solo nel luglio del 2020, il Parlamento ha approvato la proposta di legge con la quale la cefalea primaria cronica è stata riconosciuta come malattia sociale. Ma di cosa si tratta e quali sono le differenze?
Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Alessia Catania, neurologa presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care De Angeli a Milano.
Cefalea tensiva ed emicrania: quali sono le differenze?
La cefalea muscolo tensiva rappresenta la forma nettamente più diffusa di mal di testa, caratterizzata da dolore generalmente gravativo-costrittivo persistente (spesso descritto dai pazienti come sensazione di “cerchio alla testa”) e di intensità – il più delle volte – da lieve a moderata.Il dolore viene di solito riferito al capo in sede bilaterale o alla nuca. La durata è molto variabile e può andare da 30 minuti a una settimana, nelle forme episodiche, a continua nelle forme croniche. A volte può associarsi a vago capogiro o difficoltà di concentrazione e insonnia, ma è raro che comprometta in modo significativo le attività quotidiane del paziente.
L’emicrania colpisce con maggior frequenza le donne, con esordio soprattutto in età giovanile. Gli attacchi dolorosi hanno una frequenza variabile, e possono essere sia unilaterali che bilaterali, ma il più delle volte il dolore è di intensità moderata-severa e la durata varia da alcune ore a un massimo di 3 giorni. Questi disturbi possono essere accompagnati da fono e fotofobia (intolleranza ai rumori e alla luce), nausea e vomito. In alcuni casi l’attacco è preceduto da sintomi premonitori fisici (ad es. aumento della diuresi, desiderio di specifici alimenti) o cambiamenti dell’umore e del comportamento. In alcuni pazienti si riscontrano sintomi ricorrenti di breve durata che precedono o coincidono con l’inizio dell’attacco: si tratta prevalentemente di sintomi visivi o più raramente del linguaggio, sensitivi o motori, denominati nel complesso “aura emicranica”.
Nel caso dell’emicrania, di solito l’impatto sulla qualità di vita del paziente è rilevante, e spesso ci si trova costretti ad interrompere le normali attività lavorative o quotidiane.
Quali possono essere i fattori scatenanti?
Gli attacchi possono essere aggravati o scatenati da fattori relativi allo stile di vita (stress psico-fisico, esposizione prolungata a fonti luminose intense, carenza di sonno, posture scorrette), a particolari farmaci o all’alimentazione; alcuni tipi di alimenti contenenti particolari sostanze denominate amine biogene tra cui la tiramina, l’istamina e la feniletilamina, possono scatenare degli attacchi di emicrania in individui predisposti: tra questi si annoverano formaggi stagionati, vino rosso e altri alimenti fermentati (tempeh, miso, birra, salsa di soia), cibi conservati in scatola, crostacei/frutti di mare, agrumi e cioccolato.
Nel caso dell’emicrania, è molto frequente che nelle donne si presenti associata a delle particolari fasi del ciclo mestruale, in questo caso si parla di emicrania catameniale. Modifiche nell’intensità e nella frequenza degli attacchi, possono quindi riscontrarsi in concomitanza di fasi della vita della donna, dell’assunzione di estroprogestinici, della menopausa o della gravidanza.
Come si effettua la diagnosi?
Per una corretta diagnosi è importante rivolgersi ad un medico esperto, che dopo aver accuratamente raccolto le notizie anamnestiche del paziente e indagato le caratteristiche della cefalea, effettui un esame obiettivo generale e neurologico attento.
È infatti indispensabile distinguere le cefalee primarie (come l’emicrania e la cefalea tensiva), da altre forme meno frequenti chiamate secondarie che sono invece la spia di altre condizioni patologiche che devono essere identificate e trattate. Per questa ragione, in alcuni pazienti potranno essere prescritti ulteriori approfondimenti neuroradiologici (TAC o Risonanza Magnetica) o ancora ematochimici e cardiologici.
Come si può curare la cefalea tensiva?
Tra le terapie farmacologiche più usate per la cura della cefalea muscolo tensiva si annoverano sicuramente i FANS (farmaci antinfiammatori non steroidei), somministrati al bisogno durante l’attacco per favorirne la regressione. È molto importante non eccedere con l’utilizzo di antidolorifici, altrimenti si rischia di incorrere in sintomi da abuso o cefalea da rimbalzo (un forte mal di testa conseguente ad assunzione eccessiva e scorretta di farmaci).
In caso di episodi più frequenti, una riduzione significativa si può ottenere con la somministrazione continuativa di altri farmaci altrimenti usati per il trattamento delle sindromi depressive.
In casi specifici, associati a tensioni e dolorabilità dei muscoli pericranici, possono essere utili farmaci miorilassanti (in grado di ridurre il tono muscolare) o l’agopuntura, priva degli effetti collaterali delle terapie farmacologiche, ma in alcuni pazienti estremamente efficace. Anche la psicoterapia cognitivo-comportamentale, il biofeedback e tecniche di rilassamento o di tipo fisioterapico possono essere molto utili, soprattutto in caso di cronicità dei disturbi.
Quali sono i rimedi per l’emicrania?
È fondamentale che il paziente tenga un diario per registrare gli episodi, le caratteristiche e i fattori precipitanti, in modo da poter di conseguenza ottimizzare le terapie e gli stili di vita. Alcune delle terapie non farmacologiche di cui si è fatto cenno (agopuntura, biofeedback, etc), oltre che specifici supplementi nutrizionali (ad es magnesio e riboflavina), possono essere dei coadiuvanti terapeutici molto utili nelle forme più lievi.
Anche per la cura degli attacchi emicranici i farmaci di prima linea di gran lunga più usati sono i FANS. Molto più specifici per questa particolare forma di cefalea sono poi i triptani, che modificando i meccanismi alla base dell’innesco del dolore emicranico hanno efficacia maggiore se somministrati immediatamente alla comparsa dell’attacco. Alcune evidenze di efficacia sono recentemente emerse anche per la stimolazione del nervo vago (tramite uno stimolatore esterno applicato al collo).
In caso di elevata frequenza o gravità degli attacchi, è tuttavia necessario ricorrere a una terapia di profilassi. Anche per l’emicrania si annoverano farmaci utilizzati da ormai da lungo tempo (amitriptilina, il calcio antagonista funarizina, il beta bloccante propranololo e alcuni antiepilettici), ma negli ultimi anni stanno emergendo opportunità terapeutiche del tutto nuove, come la tossina botulinica nelle forme croniche o i farmaci che agiscono da antagonisti del CGRP (peptide correlato al gene della calcitonina); il CGRP, modulando lo stimolo doloroso e la vasodilatazione, gioca un ruolo chiave nella patogenesi dell’emicrania. Questi farmaci sono a oggi usati soprattutto laddove i farmaci di prima linea non sono stati efficaci.
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