Nel corso della gravidanza, le donne possono sviluppare una serie di patologie che non sono necessariamente collegate ad essa ma che possono comparire durante il suo corso o che hanno maggiori probabilità di insorgere in questo periodo, come l’anemia che se non trattata, può aumentare il rischio di parto pretermine o causare altre complicazioni.
Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Barbara D’Amato, ginecologa ed ostetrica presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care De Angeli a Milano.
Quali sono le cause dell’anemia in gravidanza?
L’incidenza dell’anemia in gravidanza varia dal 22% nei paesi sviluppati al 56% nei paesi in via di sviluppo. Durante la gravidanza si ha una fisiologica riduzione del valore di emoglobina, questo perché il volume del plasma (liquido biologico in cui sono diluiti i globuli rossi) aumenta molto più rapidamente rispetto alla produzione dei globuli rossi da parte del midollo osseo.
Questo processo, chiamato emodiluizione, è il primo fattore responsabile dell’anemia che viene riscontrata a volte già nei primi mesi, soprattutto se la donna era già anemica prima della gravidanza; per questo, è importante un’accurata anamnesi all’inizio della gestazione e, quando possibile, in corso di una visita preconcezionale.
Le abitudini alimentari, le malattie che comportano malassorbimento (tipo la celiachia), le emorroidi, le mestruazioni abbondanti, rappresentano solo alcune delle cause di anemie pregravidiche.
Tra le anemie carenziali troviamo anche quelle caratterizzate dal deficit di acido folico di vitamina B12 e di ferro.
L’anemia da carenza di ferro (anemia sideropenica) rappresenta la causa più comune di anemia in questo periodo (70%), perchè durante la gravidanza aumenta proprio il fabbisogno di ferro.
Non per ultimo, le emoglobinopatie ereditarie (talassemie e anemia falciforme) costituiscono una causa di anemia molto in crescita negli ultimi anni.
Che problemi comporta l’anemia in gravidanza?
L’anemia è un importante fattore di rischio di morbilità sia per la madre che per il feto. Bambini nati da madri ferro carenti dimostrano un ritardo nell’apprendimento e nella memoria, che può persistere nella vita adulta. Sempre nell’ambito delle condizioni carenziali, il deficit di acido folico non solo è responsabile di uno stato di anemia, ma è correlato ad un’aumentata incidenza di anomalie del tubo neurale.
Infine, uno stato carenziale materno di vitamina B12 (cobalamina), incide anch’esso su crescita e sviluppo, associandosi ad un aumentato rischio di bassa massa magra ed incremento dell’adiposità, aumentata resistenza all’insulina ed alterato sviluppo neuronale. La gravidanza risulta a rischio aumentato di preeclampsia, abruptio placenta ed emorragia post partum.
Quanto deve essere l’emoglobina in gravidanza?
L’emoglobina in gravidanza deve avere un valore superiore a 12 gr/dl. Quando il valore dell’emoglobina è inferiore a 11 gr/dl nel primo trimestre, a 10.5 gr/dl nel secondo trimestre, e a 11 gr/dl nel terzo trimestre, si parla di anemia.
Oltre all’emoglobina “normale”che conosciamo tutti, esistono delle frazioni della stessa, quali l’emoglobina fetale, l’emoglobina A2 e le emoglobine anomale, che devono essere ricercate in gravidanza al primo controllo (entro 13+6 settimane), a meno che non sia già stato fatto precedentemente in una visita preconcezionale. Questo permette di identificare quelle condizioni patologiche preesistenti alla gravidanza (talassemie, anemia falciforme) per le quali potremmo trovare dei valori di emoglobina bassi, già all’inizio della gestazione.
Cosa mangiare per combattere l’anemia in gravidanza?
L’alimentazione in gravidanza è importante per tutte quelle anemie a carattere carenziale, come l’anemia sideropenica e l’anemia da carenza di acido folico e vitamine.
La carne rossa, non è così ricca di ferro come si vuol far credere rispetto alle carni bianche ed al pesce. Il contenuto di ferro che si trova nella coscia di pollo e nella sovracoscia è quasi uguale a quello contenuto nella carne rossa. L’assorbimento del ferro contenuto nella carne, è comunque in genere più elevato, in quando questa viene assunta insieme a frutta ricca di vitamina C o condita con limone.
I legumi sono ricchi di ferro e le combinazioni con la pasta (pasta con i ceci, con lenticchie) o con la carne, sono una giusta combinazione per una corretta assunzione.
Le verdure, invece, malgrado siano ricche di ferro, presentano un componente difficilmente assorbibile, per cui si consiglia di mangiarle con l’aggiunta di qualche goccia di limone oppure unitamente ad alimenti ricchi di vitamina C.
Tutti gli alimenti che stimolando le secrezioni dello stomaco, contribuiscono a mantenere elevata l’acidità dell’ambiente digestivo, sono consigliati.
Può essere inoltre raccomandabile, in tal senso, l’uso delle erbe aromatiche che, oltre ad insaporire carne e pesce e ad essere particolarmente ricche di ferro, ci permettono di renderlo maggiormente biodisponibile. Una precauzione da adottare è quella di non pasteggiare con il tè o bere il caffè a ridosso dei pasti ricchi di ferro. È scientificamente dimostrato, infatti, che queste bevande riducono l’assorbimento di ferro a causa della presenza di sostanze antinutrienti come i tannini e alcuni polifenoli che, legando il ferro, non lo rendono disponibile all’assorbimento.
Come prevenire l’anemia in gravidanza?
In corso di una visita preconcezionale oppure ad inizio gravidanza è consigliabile eseguire lo screening delle anemie, evidenziare le donne portatrici di emoglobinopatie (anemia falciforme e talassemie) e, in caso di positività allo stato di portatore, estendere l’analisi anche al partner. Infine, evidenziare le donne con anemie carenziali (anemia sideropenica, anemia megaloblastica) ed in tal caso proporre loro un’alimentazione corretta per prevenire l’anemia.
Un importante ruolo del medico è quello di offrire a tutte le donne le informazioni su come migliorare l’assunzione di ferro con l’alimentazione e sui fattori che interferiscono sull’assorbimento dello stesso.
Inoltre, è necessario monitorare il valore dell’emoglobina nel primo trimestre, intorno alla 28 settimana, per predisporre di un tempo adeguato per il trattamento e, se necessario, ripeterlo alla 33-37 settimana.
È consigliabile avvalersi anche dell’ausilio di altri marcatori ematici come la ferritina, che riflette le riserve corporee totali di ferro, e rappresenta il parametro che singolarmente ha la sensibilità migliore.
La terapia con il ferro, può essere limitata da effetti collaterali gastrointestinali (pirosi, dolori addominali, nausea, costipazione e feci di colore scuro) che possono attenuarsi iniziando il trattamento con piccole dosi quotidiane, che vengono aumentate progressivamente (oppure con più somministrazioni al giorno) fino ad ottenere la quantità prescritta.
Sedi
-
12.000.000 Visite
-
1.000.000 pazienti
-
7.300 professionisti
-
190.000 ricoveri
-
12.000 medici