Che cos’è il tumore al seno?
La mammella è un organo ghiandolare, presente in entrambi i sessi ma molto più sviluppata nelle femmine. È formata da 15-18 lobi, ognuno dei quali contiene altri lobuli e un dotto galattoforo principale, che si apre nel capezzolo e permette al latte di passare dai lobuli al capezzolo
Il tumore della mammella o carcinoma mammario è una malattia provocata dalla moltiplicazione incontrollata di alcune cellule della ghiandola mammaria, che si trasformano in maligne. Fra i sintomi con cui potrebbe manifestarsi vi sono noduli palpabili, lesioni radiologiche sospette (non palpabili), microcalcificazioni di dubbio significato clinico e secrezioni ematiche del capezzolo.
In Italia è il tumore più frequente nel sesso femminile e colpisce una donna su 9 con un aumento di incidenza, rispetto al passato, in particolare nella fascia di popolazione di 35-55 anni. È importante eseguire una diagnosi precoce per poter trattare la malattia nella sua fase iniziale, quando ci sono più elevate possibilità di guarigione.
Quali sono i fattori di rischio per il tumore del seno?
I principali fattori di rischio del tumore alla mammella sono:
- età: il rischio aumenta con l’aumentare dell’età
- storia personale di tumore al seno: un precedente tumore a una mammella incrementa il rischio di svilupparne un altro.
- casi di tumore in famiglia (anamnesi familiare)
- fattori ereditari: le mutazioni di alcuni geni (errori di “trascrizione” del codice genetico), come i geni BRCA di tipo 1 (BRCA1) e di tipo 2 (BRCA2), che aumentano il rischio di tumore al seno e alle ovaie, e di p53 che aumenta il rischio di tumori mammari, cerebrali e sarcomi
- esposizione alle radiazioni
- obesità, soprattutto dopo la menopausa
- inizio della menopausa in tarda età, dopo i 55 anni
- aver avuto il primo figlio dopo i 35 anni
- terapia ormonale sostitutiva per trattare i disturbi della menopausa
- abuso di alcol.
Come è possibile prevenire il tumore del seno?
Fra i molteplici fattori che favoriscono l’insorgenza di un tumore alla mammella, solo pochi purtroppo sono influenzati dalle abitudini personali: l’esercizio fisico, il controllo del peso e l’assunzione moderata di alcol. Per prevenire i danni che possono derivare dalla malattia, il modo più efficace è la diagnosi precoce, eseguita mediante un adeguato programma di controlli. I principali strumenti per la diagnosi di questa patologia sono la visita da parte di uno specialista senologo, la mammografia (radiografia della mammella) e l’ecografia mammaria.
Come eseguire la diagnosi?
Le donne che accusano sintomi possono avere a disposizione indagini più approfondite quali le biopsie stereotassiche o sotto guida ecografica.
Alla conclusione del percorso diagnostico si ottiene un referto anatomo-patologico comprensivo, se necessario, della caratterizzazione biologica della malattia.
Come viene eseguita la stadiazione* del tumore alla mammella?
La stadiazione è costituita dalla classificazione schematica della patologia tumorale in base a parametri che ne descrivono l’avanzamento. È importante conoscere lo stadio della malattia allo scopo di fornire alla paziente le cure più appropriate, oltre che per poter formulare una prognosi. Il sistema maggiormente utilizzato è il TNM dove T descrive il tumore, N lo stato dei linfonodi e M segnala la possibilità di una malattia a distanza (metastasi)
Carcinoma duttale in situ (CDIS) o intraduttale
Non è in grado di estendersi oltre i dotti mammari (piccoli canali che collegano le ghiandole con il capezzolo).
Rappresenta lo stadio più precoce, a volte chiamato Stadio 0.
Carcinoma infiltrante (invasivo)
È in grado di estendersi oltre i dotti ed arrivare ai linfonodi e ad altre parti del corpo. Nell’ 85% dei casi è di tipo duttale, ma può essere anche lobulare, tubulare, mucinoso, ecc.
Stadio I
– tumore piccolo
– senza coinvolgimento dei linfonodi ascellari
Stadio II
– tumore piccolo-medio con coinvolgimento di pochi linfonodi ascellari
– tumore medio-grande senza coinvolgimento linfonodale
Stadio III
– tumore grande con coinvolgimento dei linfonodi ascellari
– tumore piccolo-medio con coinvolgimento di più di 3 linfonodi ascellari
– tumore esteso alla cute o parete toracica
Stadio IV
– qualsiasi tumore che presenti malattia a distanza
* In questo testo viene descritta una semplificazione del sistema di stadiazione. È necessario che sia un medico ad eseguire una corretta stadiazione. Ci sono diversi altri fattori, quali lo stato di salute generale del paziente e la biologia del tumore, che possono contribuire a determinare la prognosi.
Chirurgia
Se la chirurgia si rivela essere l’opzione terapeutica più idonea, sarà il chirurgo senologo ad asportare il tumore mentre gli specialisti di Anatomia Patologica e di Radiologia Diagnostica procederanno immediatamente alla valutazione del tessuto asportato, in modo da poter fornire la valutazione direttamente al chirurgo in sala operatoria. Questa stretta collaborazione con l’anatomo-patologo permette al chirurgo di verificare con lui i margini entro i quali si potrà asportare il tessuto del tumore, oltre ad altri importanti dettagli. Attualmente le operazioni sono sempre più mirate e limitate, perché l’obiettivo è quello di risparmiare al massimo il tessuto mammario sano.
Il trattamento del cancro alla mammella presenta delle opzioni chirurgiche che comprendono tecniche d’avanguardia come:
- biopsia radioguidata del linfonodo sentinella: questa tecnica ha ormai rimpiazzato la dissezione ascellare (asportazione chirurgica di tutti i linfonodi ascellari) nella stadiazione del carcinoma mammario.
- interventi chirurgici radioguidati per i tumori non palpabili: con questa tecnica si giunge alla localizzazione anticipata del tumore (il giorno prima dell’intervento) sotto guida ecografica o stereotassica.
- quadrantectomia: si asporta il tumore circondato da un margine di tessuto sano
- mastectomia: rimozione dell’intera mammella, con o senza ricostruzione.
- mastectomia con conservazione dell’areola e del capezzolo con valutazione istologica intraoperatoria del tessuto retroareolare
Chirurgia oncoplastica
Nella chirurgia conservativa oncologica, le principali tecniche di rimodellamento estetico non prevedono un impiego di protesi ed assicurano una maggiore radicalità ed un miglior risultato estetico; spesso vengono effettuati interventi bilaterali a garanzia di una migliore simmetria mammaria.
Anche quando viene eseguita la mastectomia, quasi sempre si ha una ricostruzione immediata, attraverso l’inserimento di espansore o protesi definitiva. Se necessario, si utilizzano lembi muscolo-cutanei.
Radioterapia
Durante la radioterapia vengono utilizzate radiazioni ad alta energia allo scopo di distruggere potenziali cellule neoplastiche residue. Prima che il trattamento inizi, è prevista la consulenza di un oncologo specializzato in radioterapia per le pazienti che devono seguirla. È possibile che venga raccomandata la radioterapia nei casi in cui:
- il trattamento del cancro della mammella prevede una quadrantectomia.
- il tumore ha un diametro maggiore di 5 centimetri al momento della mastectomia.
- le cellule neoplastiche sono presenti in molti linfonodi.
Chemioterapia
Alcune pazienti vengono sottoposte a chemioterapia (somministrazione di farmaci) dopo la guarigione dall’intervento chirurgico, e prima della radioterapia, allo scopo di distruggere le cellule neoplastiche che potrebbero essersi diffuse al di fuori della mammella.
È possibile che la chemioterapia venga proposta prima della chirurgia nei casi in cui il tumore sia esteso e non asportabile con un intervento conservativo, abbia interessato i linfonodi oppure abbia aderito ai muscoli della parete toracica. È indicata la chemioterapia preoperatoria anche nei casi di carcinoma infiammatorio della mammella.
Ormonoterapia
In caso di ormonoterapia è previsto l’impiego di farmaci che impediscono agli estrogeni di raggiungere le cellule mammarie neoplastiche (frenandone in tal modo lo sviluppo) oppure diminuiscono la quantità di estrogeni prodotti dall’organismo con lo scopo di cercare di ridurre il rischio di recidiva. L’attività degli estrogeni viene bloccata da farmaci come il tamoxifene o il fulvestrant; la quantità di estrogeni prodotti dall’organismo può essere ridotta da inibitori dell’enzima aromatasi e da analoghi dell’LH-RH.
L’ormonoterapia risulta efficace solo per alcune pazienti, ossia quelle colpite da tumori che esprimono i recettori degli estrogeni e per questo motivo risultano potenzialmente sensibili verso una stimolazione da parte degli ormoni.
Se le pazienti sono in premenopausa ed il loro tumore è positivo per i recettori degli estrogeni o del progesterone, di solito viene indicato il tamoxifene in combinazione con una terapia farmacologica con analoghi dell’LH-RH, che blocca l’attività delle ovaie determinando una menopausa temporanea, oppure più di rado l’asportazione chirurgica delle ovaie con lo scopo di prevenire una recidiva.
Se le pazienti sono in postmenopausa al momento dell’intervento chirurgico, nel trattamento ormonale viene sempre incluso un inibitore dell’aromatasi per 5 anni, talvolta preceduto da tamoxifene per 2 anni.
(Alcuni antidepressivi comportano delle interazioni con i farmaci impiegati in caso di ormonoterapia; pertanto a volte l’oncologo suggerisce di sostituire questi farmaci o di sospenderli)
Terapia biologica ed altre terapie
Terapie biologiche (basate su farmaci biologici, basate su proteine ovvero derivati da materiale vivente, di natura cellulare), tra cui soprattutto quelle con trastuzumab o Herceptin, utilizzato per il trattamento di alcuni tipi di tumori mammari che esprimono un quantitativo abnorme del recettore 2 del fattore di crescita epidermico (HER2), sia subito dopo l’intervento chirurgico, sia in caso il tumore si ripresenti. Nel caso in cui il tumore che esprime HER2 sia cresciuto dopo il trattamento con trastuzumab, si può procedere all’utilizzo di un’altra terapia biologica che agisce attraverso un diverso meccanismo, il lapatinib.
Cosa succede dopo il trattamento?
Al termine del trattamento, per tenere sotto controllo eventuali recidive, viene definito dall’équipe multidisciplinare un piano di controlli personalizzato in base alle esigenze della singola paziente e della biologia della malattia.
Trials
Randomized study on postmenopausal women with early stage breast cancer: adjuvant Hypofractionated Whole Breast Irradiation (WBI) versus Accelerated Partial Breast Irradiation (APBI)
Studio di fase III in aperto, randomizzato, controllato, multicentrico, allo scopo di valutare l’efficacia e la sicurezza di olaparib in monoterapia vs il trattamento chemioterapico standard scelto dal Medico di studio in pazienti affette da carcinoma alla mammella metas
Studio randomizzato in pazienti in post-menopausa che hanno un tumore alla mammella in stadio iniziale: irradiazione ipofrazionata della mammella versus irradiazione parziale accelerata
Medici
La Breast Unit rappresenta un modello assistenziale innovativo nel campo sanitario, un nuovo approccio che si basa sul coordinamento di professionalità diverse per riuscire a diagnosticare e trattare la patologia mammaria in modo multidisciplinare, mediante consulti multidisciplinari prima e dopo le fasi di trattamento. L’obiettivo di queste riunioni, che coinvolgono tutti i differenti specialisti che fanno parte del team (chirurgo, radiologo, radioterapista, oncologo), è quello di giungere ad una valutazione su base comune della strategia da adottare e dei risultati ottenuti.
Questo approccio, fondato su un modello diffuso a livello europeo, ha lo scopo di ottenere i migliori risultati in termini di prevenzione, diagnosi e cura, e consente un rapido trasferimento della ricerca scientifica alla pratica clinica di tutti i giorni. Mediante il consulto multidisciplinare (MDM, Multidisciplinary Meeting), infatti, si discutono le peculiarità di ogni paziente per personalizzare quanto più possibile il trattamento ed ottimizzare la strategia terapeutica e di follow-up anche in base alle più recenti indicazioni della letteratura scientifica.
Disclaimer
Le informazioni riportate sono da intendersi come indicazioni generiche e non sostituiscono in alcuna maniera il parere dello specialista.