“Fa che il cibo sia la tua medicina e la medicina il tuo cibo”. Questa frase di Ippocrate che risale al 400 a.C. rimane di notevole importanza a distanza di millenni. La nutrizione, oltre ad essere una necessità primordiale per la sopravvivenza umana, può influire sullo sviluppo di malattie metaboliche, infiammatorie e autoimmunitarie già dalle prime epoche della vita.
Fin dagli anni ’60 le malattie allergiche o atopiche, come l’asma bronchiale, la dermatite atopica, l’allergia alimentare e la rinite allergica hanno avuto un progressivo aumento di frequenza che si è intensificato nelle recenti decadi, così da rappresentare un importante problema sanitario. Tale fenomeno è stato rilevato inizialmente nei Paesi occidentali dove l’ambiente in cui la popolazione vive e lo stile di vita hanno avuto netti cambiamenti. Questi includono l’urbanizzazione e l’industrializzazione degli ambienti di vita, l’eccessivo uso di prodotti per l’igiene e di antibiotici, uno stile di vita più sedentario e cambiamenti delle abitudini alimentari. Anche i Paesi che successivamente hanno avuto un rapido sviluppo economico e un cambiamento nello stile di vita simili a quelli occidentali hanno riscontrato un significativo aumento delle malattie allergiche. Accanto allo sviluppo industriale e ai cambiamenti dello stile di vita è stato rilevato, nei Paesi con notevole aumento delle allergie, un significativo cambiamento del microbiota umano.
Ce ne parla il dott. Gualtiero Leo, pediatra, allergologo e pneumologo presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care di Murat a Milano.
Cos’è il microbiota?
Il corpo umano convive con un enorme numero di microrganismi rappresentati da batteri, virus e funghi che risiedono sulle superfici epiteliali della cute e degli apparati digerente, respiratorio e urogenitale. Il loro insieme viene definito microbiota o microbioma; in particolare, il termine microbiota si riferisce alla popolazione dei batteri mentre quello di microbioma rappresenta il patrimonio genetico posseduto dai microrganismi che formano il microbiota.
Il numero dei microrganismi è considerato equivalente al numero delle cellule di cui è composto il corpo umano e la maggior quantità risiede nell’intestino, in particolare nel colon, dove il loro numero raggiunge l’ordine di bilioni. Questi costituiscono una complessa comunità dove i batteri interagiscono fra loro e con l’organismo umano modulando processi biologici essenziali per la salute. Inoltre, l’intestino è l’organo più ricco di cellule dell’immunità sia innata che acquisita e il microbiota interferisce con il sistema immune sia direttamente sia attraverso la produzione di sostanze (metaboliti) che derivano dalla digestione di componenti alimentari. Negli ultimi anni sono enormemente aumentate le conoscenze sulle attività biologiche del microbiota intestinale e, in particolare, sullo sviluppo e modulazione del sistema immunitario.
Cosa succede nell’organismo quando si sviluppa un’allergia?
Le malattie allergiche, in particolare quelle atopiche che sono caratterizzate dalla sintesi di anticorpi di tipo E (IgE), si sviluppano quando il sistema immune reagisce verso sostanze, definite allergeni, che normalmente sono innocue per l’organismo. Nei soggetti sani, il sistema immunitario dovrebbe ignorare e tollerare tali sostanze senza sviluppare alcuna reazione verso di esse. Quando si sviluppa un’allergia si può pensare che qualcosa sia “andato storto” nel sistema immunitario. Infatti, nel soggetto allergico, il sistema immune produce specifici anticorpi della famiglia delle IgE verso uno o più allergeni che possono essere contenuti sia in alimenti che in sostanze inalanti, come i pollini di piante e alberi. Il soggetto che ha prodotto specifiche IgE verso un allergene viene definito “sensibilizzato” verso quel determinato allergene e questa condizione può essere rilevata con i test allergologici cutanei (prick test) o mediante un esame ematico che misura le specifiche IgE nel sangue verso gli allergeni. Quando il soggetto in precedenza sensibilizzato viene nuovamente a contatto con il medesimo allergene può sviluppare una reazione infiammatoria che può manifestarsi a livello dell’organo dove è avvenuto il contatto o estendersi anche a più organi; a questo punto il soggetto viene definito allergico verso quel determinato allergene.
La differenza fra sensibilizzazione e allergia è molto importante soprattutto nel caso degli alimenti, in quanto la rilevazione di un test allergologico positivo per un alimento non è sinonimo di allergia verso un determinato alimento e tale situazione va attentamente valutata ai fini di impostare un’appropriata dieta.
A che età si sviluppano più facilmente le allergie?
Le allergie si manifestano più facilmente nei bambini dove tendono spesso a svilupparsi con una progressione cronologica definita “marcia allergica o atopica”. La prima a comparire è la dermatite atopica, generalmente nei primi 6 mesi di vita. Essa è caratterizzata da un’infiammazione della cute che si presenta arrossata, secca o con desquamazione, prevalentemente a livello del volto e delle regioni flessorie degli arti ed è associata frequentemente a prurito. La dermatite atopica, che in passato si riteneva fosse causata da allergie alimentari, è invece un fattore di rischio per lo sviluppo di allergia ad alimenti già nella prima infanzia. Tale possibilità è più elevata se la dermatite compare precocemente e le lesioni sono di maggior gravità.
Successivamente, dopo la sensibilizzazione ad alimenti, alcuni bambini si sensibilizzano anche agli allergeni inalanti, come gli acari della polvere, i pollini di piante e alberi, le muffe o i derivati epidermici di animali domestici.
Perché le allergie sono più frequenti nei bambini?
Durante la gravidanza il sistema immune del feto è generalmente caratterizzato da un comportamento “tollerante”; ciò deriva dalla necessità di non reagire verso le cellule materne, una condizione essenziale per impedire il rigetto immunologico feto-placentare e quindi l’aborto. Per tale obiettivo il sistema immune del feto, dietro stimolo di cellule immunologiche, di ormoni e di metaboliti alimentari di origine materna, sviluppa già dal 2° trimestre cellule immunologiche con attività antinfiammatoria, rappresentate dai linfociti T regolatori (Treg). Queste cellule modulano l’attività dei linfociti Th2 che producono le IgE e che sono anch’essi presenti già nel feto. La presenza dei Treg impedisce che i Th2 possano sviluppare le IgE e quindi le allergie. Questo assetto immunologico persiste subito dopo il parto per poi modificarsi gradualmente adattandosi alle necessità che derivano dall’ambiente nuovo con cui il neonato si interfaccia. Infatti, mentre durante la gravidanza l’ambiente uterino garantiva sia condizioni climatiche e nutrizionali ideali che di protezione verso microrganismi patogeni, dopo la nascita il neonato deve fronteggiare condizioni ambientali completamente diverse e anche avverse, come il rischio di contatto con agenti infettivi.
Per tale motivo il sistema immune del bambino nei primi periodi di vita viene, seppur impropriamente, considerato “immaturo” ma deve solo adattarsi a nuove esigenze ambientali.
È possibile prevenire le allergie?
È da tempo riconosciuto, da studi epidemiologici e clinici, che vi è un collegamento fra lo sviluppo del microbiota intestinale e il rischio di allergie. Alterazioni precoci nella formazione di una normale comunità di batteri a livello delle superfici cutanee e mucose, in particolare di quella intestinale, possono favorire lo sviluppo non solo di allergie nei bambini ma anche, in epoche più tardive, di altre malattie infiammatorie e di quelle autoimmunitarie.
La dieta è considerata uno dei fattori più influenti nello sviluppo e nell’attività del microbiota intestinale. La dieta occidentale ricca di grassi saturi e zuccheri semplici e con alto contenuto calorico ma povera di frutta e verdura, è ritenuta essere alla base di un alterato sviluppo del microbiota intestinale che può favorire la comparsa di malattie infiammatorie, allergiche e autoimmunitarie.
Come si forma un buon microbiota?
I primi 1000 giorni di vita, che comprendono il periodo gestazionale e i primi 2 anni di vita, sono cruciali oltre che per la crescita e lo sviluppo dei bambini anche per la formazione del microbiota nel bambino.
Un tempo si pensava che il feto in condizioni normali fosse sterile. Studi recenti, invece, hanno rilevato che durante la gravidanza comincia un passaggio di microrganismi non patogeni appartenenti al microbiota materno verso il feto. La nascita rappresenta, però, il momento di massiva colonizzazione del neonato da parte di microrganismi, influenzato da vari fattori, fra cui i più importanti sono la modalità del parto (vaginale o taglio cesareo) e il tipo di alimentazione (latte materno o formula adattata).
Il latte materno ha un importante ruolo nello sviluppo del microbiota del bambino. Esso contiene centinaia di specie batteriche non patogene e con effetto benefico per il bambino, come Bifidobatteri e Lattobacilli; inoltre, il latte materno trasferisce sostanze (citochine) con attività immunosoppressiva e antinfiammatoria che permettono che tali batteri vengano tollerati da parte delle cellule immunologiche dell’intestino del bambino e quindi possano persistere e crescere sulla superficie dell’intestino. Contiene poi una gran quantità di componenti nutrizionali (oligosaccaridi) che da un lato permettono la crescita del microbiota, agendo come prebiotici naturali, dall’altro stimolano lo sviluppo della tolleranza verso gli allergeni alimentari.
In caso di impossibilità dell’allattamento materno, l’utilizzo di formule adattate di latte vaccino con presenza di oligosaccaridi simili a quelli presenti nel latte materno, favorisce anch’esso lo sviluppo della tolleranza alimentare.
Con il divezzamento avviene un notevole cambiamento nella composizione del microbiota. Con l’introduzione di alimenti solidi nella dieta del bambino il microbiota intestinale si arricchisce di specie batteriche che sono quelle poi presenti nell’intestino adulto. Questo cambiamento della composizione del microbiota avviene gradualmente fino almeno all’età di 3 anni. Questi cambiamenti portano alla formazione di un microbiota rappresentato prevalentemente dalle specie Bacteroidetes e Firmicutes.
Anche se il maggior sviluppo del microbiota avviene entro i 3 anni di vita, esso continua a modificarsi per tutta l’adolescenza.
Quali consigli alimentari suggerire ad una madre che allatta?
Il latte materno ha un ruolo primario nel favorire lo sviluppo della tolleranza alimentare. Oltre a contenere i batteri “buoni” per il bambino, il latte materno trasferisce anche componenti alimentari contenuti nella dieta materna, fra cui gli allergeni alimentari come quelli del latte vaccino e dell’uovo. Questi allergeni a livello intestinale del bambino stimolano l’intestino a tollerarli. Quindi la madre che allatta deve avere un’alimentazione sana e completa, comprendente anche gli alimenti che più facilmente causano allergia nel bambino, in quanto la tolleranza alimentare si verifica solo verso gli alimenti con cui l’intestino del bambino viene a contatto. È necessario eliminare gli allergeni alimentari dalla dieta della madre che allatta solo in caso di accertata allergia alimentare del bambino.
D’altra parte, però non tutti i bambini allattati al seno hanno gli stessi benefici nella prevenzione dell’allergia alimentare.
Da cosa dipende il diverso effetto preventivo del latte materno?
Il benefico effetto preventivo sulle allergie del latte materno dipende sia dalla presenza dei numerosi batteri “buoni” che dalle sostanze biologiche in esso contenute. Si è visto che nei bambini allattati al seno che poi sviluppano allergie alimentari, i batteri del latte materno erano meno numerosi e contenevano meno batteri in grado di produrre le sostanze benefiche come gli acidi grassi a catena corta rispetto al latte materno dei bambini che non sviluppano allergie alimentari. Queste differenze dipendono da vari fattori come l’ambiente dove vive la madre (rurale o urbano), dal tipo di alimentazione e dall’uso di antibiotici.
E quali consigli per la dieta del bambino?
La dieta mediterranea, da iniziare al bambino dopo un periodo di allattamento esclusivo al seno di circa 6 mesi, aiuta a prevenire lo sviluppo sia delle allergie alimentari che l’asma e la rinite allergica. I benefici sono dovuti essenzialmente alla presenza delle fibre alimentari presenti in alimenti vegetali come legumi, verdure, frutta e cereali. Le fibre sono carboidrati complessi che non vengono né digeriti né assorbiti nell’intestino tenue e passano integri nel colon dove vengono fermentati dal microbiota intestinale che produce sostanze utili allo sviluppo del sistema immune e, in particolare, della tolleranza verso gli alimenti.
Inoltre, è utile inserire con il divezzamento anche gli alimenti a rischio di sviluppare allergie come latte vaccino e derivati e uova allo scopo di favorirne la tolleranza.
Una particolare attenzione deve essere rivolta ai bambini affetti da dermatite atopica, soprattutto se insorta nei primi mesi e in forma moderata-grave, nei quali può svilupparsi un’allergia alimentare prima che l’alimento venga assunto con la dieta. Tale fenomeno è dovuto al passaggio di allergeni alimentari presenti nell’ambiente domestico attraverso la cute che, a causa della dermatite atopica, è più permeabile a sostanze esterne.
Oltre agli alimenti contenenti fibre quali altri sono utili?
I micronutrienti, comprendenti vitamine e minerali, sono in grado di stimolare il sistema immunitario. Recenti studi suggeriscono che carenze di vitamine A, D ed E e di minerali come ferro e zinco possono favorire sia lo sviluppo delle allergie che una maggior gravità dei sintomi delle malattie allergiche. D’altra parte, la carenza di questi micronutrienti è frequente nella popolazione generale e in particolare nei bambini. La carenza di ferro è il più frequente difetto nutrizionale in tutto il mondo. È stimato che un terzo della popolazione è affetta da carenza di ferro associata ad anemia; inoltre, una carenza lieve di ferro è presente in un numero maggiore di persone senza che si verifichi anemia, ma in grado di interferire sul sistema immunitario e favorire sia lo sviluppo delle malattie allergiche. È quindi raccomandabile con il divezzamento introdurre nella dieta del bambino alimenti che garantiscano un adeguato apporto di ferro considerando che nel latte materno tale minerale comincia a diminuire già dal 5° mese. Anche le vitamine A e D sono particolarmente importanti nello sviluppo e mantenimento della tolleranza immunologico verso gli allergeni sia alimentari che inalanti.
Ci sono fattori ambientali che possono aiutare a prevenire le allergie?
Diversi fattori ambientali possono influire sullo sviluppo di un buon microbiota. Avere una famiglia numerosa e in particolare avere fratelli costituisce un minor fattore di rischio per le allergie. Così anche crescere nelle vicinanze di fattorie, frequentare l’asilo nido o avere animali domestici in casa, come cane e gatto, rappresentano fattori che sembrano prevenire le malattie allergiche. Al contrario l’uso di antibiotici nelle prime epoche della vita interferisce con un normale sviluppo del microbiota.
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