Saper valutare la densità delle nostre ossa è molto importante, perché è attraverso un’analisi di questo genere che è possibile capire se si corre il rischio di incorrere nell’osteoporosi, patologia che indebolisce le nostre ossa e che colpisce soprattutto le donne in età di menopausa e di post-menopausa. Da questo punto di vista assume un ruolo fondamentale l’esame della Densitometria ossea, più conosciuta come MOC (Mineralometria Ossea Computerizzata), esame diagnostico strumentale che è in grado di riconoscere questa patologia delle ossa precocemente, quando cioè è ancora nella sua fase iniziale.
La MOC, però, non assolve a questo unico compito, come spiega il dottor Andrea Nardi, radiologo referente dell’Ambulatorio di Radiologia di Humanitas Medical Care di Bergamo: «L’esecuzione di questo esame ci consente anche di stimare il rischio di frattura ossea che si potrà correre nei successivi 10 anni, una indicazione fondamentale per poter agire a livello preventivo e arginare con forte anticipo quello che può rivelarsi, in futuro, come un grosso problema».
Dott. Nardi, come è possibile valutare il rischio di frattura delle ossa per un intervallo di tempo così lungo?
«La valutazione è frutto di una doppia analisi. Da una parte, come detto, quella eseguita con l’utilizzo del densitometro, strumento che consente di verificare la densità ossea e di ottenere risultati che vengono affiancati – applicando il metodo di valutazione FRAX, elaborato dall’Università inglese di Sheffield – a vari fattori di rischio del singolo paziente, quali le fratture pregresse, la familiarità, l’uso di farmaci come cortisonici o chemioterapici, l’essere consumatori abituali di sigarette o di alcolici o l’essere affetti da patologie di origine reumatologica, come ad esempio l’artrite reumatoide. Un raffronto che, attraverso un protocollo convalidato da organismi internazionali, permette di valutare il rischio di frattura, in particolare, dell’anca o della colonna vertebrale. È quindi una valutazione che origina da un puro calcolo, che però ha una forte valenza clinica perché l’approccio terapeutico che segue sarà condizionato dal risultato ottenuto».
Quali altre possibilità di diagnosi offre la densitometria?
«Oltre alla densità, con questo apparecchio possiamo anche valutare la qualità dell’osso. Attraverso un software che si chiama TBS (Trabecular Bone Score) riusciamo a evidenziare l’efficacia della trama ossea, altro fattore importante per la solidità delle nostre ossa. Perché in alcuni casi il riassorbimento osseo, nonostante il trascorrere del tempo e il suo naturale invecchiamento, risulta del tutto “normale” per cui anche se si è in presenza di una densità “scarsa” non si presentano problemi di facile frattura perché la struttura ossea si è mantenuta solida. Altre volte, invece, il riassorbimento è molto disorganizzato, per cui ci sono pazienti che non pur non avendo una gran osteoporosi, quindi dal punto di vista della densità sono a posto, si fratturano con una certa facilità».
Perché l’azione preventiva sia davvero efficiente, per quali pazienti è consigliabile l’esecuzione di una MOC?
«È consigliata alle donne che sono in età a ridosso della menopausa o sono in post-menopausa. Il consiglio è di sottoporsi a uno studio densitometrico ogni due/tre anni, così che si possa valutare con costanza lo stato della densità ossea e qual è il suo andamento nel corso del tempo: una curva di decrescita è inevitabile, ma quando questa curva si dimostra troppo rapida diventa facile diagnosticare una condizione di osteoporosi. Ci sono inoltre le situazioni “intermedie”, quelle che rivelano una tendenza all’osteoporosi che viene chiamata osteopenia, per cui i controlli densitometrici hanno il fine di valutare se le terapie in corso, quelle che vengono eseguite nel tentativo di frenare il processo in corso, sortiscono davvero un rallentamento della curva fisiologica».
Gli uomini sono esentati del tutto da questo esame?
«Non del tutto, ma diciamo che su dieci pazienti sottoposti a MOC nove sono donne. A un maschio sano, che non ha problemi legati a patologie reumatiche, l’esame non viene proposto mentre nelle donne, essendoci un legame stretto con la menopausa e i disturbi ormonali ad essa correlati, attorno ai 50 anni è più che consigliato, come lo sono altri esami che hanno valenza preventiva, come ad esempio l’esame mammografico in ambito senologico».
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