La disfunzione erettile in Italia è più diffusa di quanto si pensi: gradi differenti di difficolta nell’avere un’erezione riguardano un uomo su due nella fascia d’età compresa tra i 40 e i 70 anni.
Ne parliamo con il dottor Edoardo Pescatori, urologo e andrologo di Humanitas Medical Care di Bergamo, specializzato in problematiche sessuali maschili, e presso Humanitas Gavazzeni.
Dottor Pescatori che cosa significa soffrire di disfunzione erettile?
«Le difficoltà di erezione possono essere di vario grado: lievi, moderate o gravi. Ci sono uomini che possono avere una sufficiente vita sessuale pur con una rigidità non adeguata, oppure pur con la difficoltà di mantenere l’erezione per un tempo necessario, situazioni che comunque incidono sulla psiche della persona perché sono in grado di creare insicurezze e disagio. E ci sono situazioni anche estremamente gravi, come l’impossibilità totale di avere un’erezione. Questo può capitare a seguito di problemi di salute, in genere a causa della presenza di diabete o di problemi cardiovascolari di una certa importanza, ma anche come conseguenza di un intervento di chirurgia radicale pelvica, come quelli, ad esempio, che riguardano la prostata».
Quali sono i fattori di rischio che possono portare a una disfunzione erettile?
«Oltre che dalla presenza del diabete, come detto, la disfunzione erettile può essere provocata dai classici fattori di rischio cardiovascolari come la sedentarietà, l’obesità, i valori alti di grassi nel sangue, il fumo di sigaretta. Sicuramente il percorso più virtuoso da seguire è quello di eliminare questi fattori di rischio, tenendo però conto del fatto che in ogni caso le difficoltà erettive già presenti non si annulleranno, i comportamenti virtuosi consentiranno di non peggiorare la situazione ma non permetteranno di tornare alla situazione precedente. Per fortuna, però, la buona notizia è che per qualsiasi difficoltà di erezione, anche la più grave, oggi come oggi c’è una soluzione».
A questo proposito, quali sono le possibilità di intervento che abbiamo a disposizione per contrastare la disfunzione erettile?
«Sono varie e dipendono dallo stato in cui si trovano i tessuti del pene. Quando non sono compromessi in maniera troppo grave, la prima frontiera è l’utilizzo di farmaci amplificatori dell’erezione, da assumere per bocca. Sono ben tollerati e hanno un loro grado di efficacia. Quando questi farmaci iniziano a non funzionare più, o offrono delle risposte solo parziali, qualcosa di meglio lo possiamo ottenere attraverso iniezioni che gli uomini interessati dal problema possono effettuare direttamente sul pene quando desiderano avere un rapporto, quindi in vista dell’attività sessuale».
E quando invece il tessuto del pene non risponde più a sollecitazioni farmacologiche, come è possibile sopperire?
«In quel caso possiamo procedere in due direzioni. La prima è quella della cosiddetta “pompa a vuoto per l’erezione”, che prevede l’inserimento del pene all’interno di un cilindro, fornito a un’estremità di una pompetta ad azione manuale, con cui è possibile aspirare l’aria che è frapposta tra il cilindro e il pene creando una pressione che richiama sangue all’interno di quest’ultimo e favorendo, così, l’erezione. È una metodica forse poco “romantica” e un po’ ingombrante, ma che comunque funziona bene ed è proponibile soprattutto a coppie stabili».
E la quarta tipologia d’intervento, in che cosa consiste?
«L’ultima soluzione è in assoluto la più brillante e corrisponde all’intervento chirurgico con cui all’interno del pene viene inserito un dispositivo del tutto invisibile dall’esterno. Si tratta, in pratica, di due cilindri idraulici collocati all’interno dei due cilindri naturali del pene, o “corpi cavernosi” che, quando attivati attraverso una pressione esercitata su una sorta di “interruttore” inserito sotto pelle, consentono all’uomo di avere un’erezione caratterizzata da normali sensibilità e capacità di eiaculazione».
L’inserimento della protesi comporta un intervento chirurgico complesso? I risultati si vedono fin da subito?
«L’intervento non è molto complesso e richiede una sola notte di ricovero dopo la sua effettuazione. La ripresa dell’attività sessuale è invece possibile dopo circa un mese, un mese e mezzo dall’installazione della protesi. Questo sistema non richiede una manutenzione continua: si suggerisce un controllo ambulatoriale una volta all’anno, in cui verificare che tutto sia a posto. In ogni caso, se nel tempo dovessero sorgere problemi sul funzionamento del dispositivo è assolutamente possibile una sua sostituzione parziale o totale, senza che vi siano problemi di rigetto o altro».
Ci sono azioni della vita comune che non possono essere eseguite da un portatore di protesi peniena?
«No, la persona con protesi può fare qualsiasi cosa: andare sott’acqua, prendere l’aereo, passare sotto un body scanner, andare a cavallo, anche fare una risonanza magnetica o una cistoscopia… insomma, non ci sono privazioni di sorta».
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