I vaccini hanno svolto e continuano a svolgere un ruolo fondamentale nel contenimento di COVID-19, la malattia causata dal virus SARS-CoV-2, poiché offrono una protezione molto alta dalle forme più gravi, riducendo la necessità di ricoveri ospedalieri e i decessi. L’ultimo aggiornamento del governo, datato 27 settembre 2021, indica che il 77,73% della popolazione over 12 ha completato il ciclo vaccinale. Un dato importante perché ogni persona vaccinata corre un rischio decisamente minore di ammalarsi, rispetto a chi non lo è.
Un vaccinato può tuttavia contrarre l’infezione e ammalarsi di COVID-19. Come mai? Ne abbiamo parlato con il dottor Michele Lagioia, Direttore Medico Sanitario di Humanitas.
Perché chi è vaccinato si può ancora infettare?
I vaccini per prevenire COVID-19 sono molto efficaci, riducono in maniera sostanziale il rischio di infettarsi e contagiare gli altri, ma non possono evitarlo del tutto.
Nessun vaccino, non solo quelli sviluppati contro COVID-19, può offrire una protezione totale. Un vaccinato può quindi infettarsi e contagiare gli altri, sebbene questo si verifichi raramente. A essere più colpite dal virus, seppur vaccinate, in genere sono persone con un sistema immunitario più fragile o compromesso.
Chi è vaccinato quindi può infettarsi e contagiare altre persone, il rischio è però decisamente basso. La replicazione virale nelle persone vaccinate è infatti minore rispetto ai non vaccinati, perché nei vaccinati la risposta immunitaria che si scatena anche a livello della mucosa nasale riduce la quantità di virus che si replica, rendendo più difficile la diffusione dell’infezione da una persona all’altra. I vaccinati inoltre sono in media contagiosi per un tempo minore rispetto ai non vaccinati.
I vaccini prevengono COVID-19?
Il fatto che il vaccino non possa azzerrare il rischio di infezione non significa che non funzioni o che essere vaccinati o non esserlo sia la stessa cosa. Le variabili in gioco sono molteplici: dall’efficacia del vaccino in sé alle proprie condizioni di salute, dalle precauzioni che si adottano ai contesti che si frequentano, ma è bene sottolineare che la vaccinazione ha un’altissima efficacia in termini di riduzione del rischio di infezione.
Vaccinati e non vaccinati entrano allo stesso modo in contatto con il virus, ma ciò che cambia è la reazione del sistema immunitario che nei vaccinati “riconosce” il virus SARS-CoV-2 – precedentemente “conosciuto” con la vaccinazione – e lo attacca, cercando di impedirgli l’infezione. Gli anticorpi, infatti, si legano alla proteina Spike utilizzata dal virus come chiave d’accesso alle cellule dell’organismo, la bloccano, rendendo così il virus impotente, ed eliminandolo dall’organismo.
Nel caso di infezione è comunque importante sottolineare come i vaccinati sviluppino solo forme lievi di malattia: un elemento da non sottovalutare, tenuto conto di quanto COVID-19 sia una patologia in molti casi complessa, lunga e pericolosa (nonché talvolta mortale).
I vaccini, dunque, prevengono COVID-19 ma non escludono completamente il rischio di ammalarsi e la probabilità che un individuo sviluppi l’infezione deve tener conto delle diverse varianti del virus. L’osservazione di quanto accade nei soggetti vaccinati (e dunque una loro eventuale infezione nonostante il vaccino), guida e continuerà a guidare la campagna vaccinale relativamente alla necessità di pianificare i “richiami”.
Pertanto, l’obbligo della mascherina nei luoghi chiusi resta in vigore, così come il distanziamento fisico e la raccomandazione dell’igiene delle mani. Misure che, come ormai sappiamo, sono fondamentali nel ridurre il rischio di circolazione del virus.
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