Il 14 settembre 2021 il Ministero della salute ha pubblicato una circolare con le prime indicazioni sulla somministrazione delle dosi “booster” e addizionali per la nuova campagna di vaccinazione anti SARS-CoV-2/ COVID-19. Quali sono le differenze?
· La dose “booster” è una dose di richiamo che va somministrata dopo almeno sei mesi dall’ultima dose per completare il ciclo di vaccinazione primario. La sua funzione è quella di mantenere o ripristinare, specialmente per quelle popolazioni considerate ad alto rischio per condizioni di fragilità, o per esposizione professionale, un adeguato livello di risposta immunitaria.
· La dose addizionale è una dose di vaccino che viene somministrata in aggiunta, a completamento del ciclo vaccinale primario, con l’obiettivo di raggiungere un adeguato livello di risposta immunitaria.
A chi viene somministrata la dose addizionale?
Al momento la somministrazione della dose addizionale è indicata per i soggetti trapiantati e immunocompromessi: gli studi condotti finora hanno infatti dimostrato che la somministrazione di una dose aggiuntiva di vaccino (dose addizionale) ha un beneficio significativo in termini di risposta immunitaria nei pazienti (che abbiano già completato il ciclo vaccinale primario) sottoposti a trapianto di organo solido o con marcata compromissione della risposta immunitaria per cause legate alla patologia di base o a trattamenti farmacologici.
Attualmente sono incluse le seguenti condizioni, che potrebbero essere aggiornate alla luce di nuove evidenze:
– trapianto di organo solido in terapia immunosoppressiva;
– trapianto di cellule staminali ematopoietiche (entro due anni dal trapianto o in terapia immunosoppressiva per malattia del trapianto contro l’ospite cronica);
– attesa di trapianto d’organo;
– terapie a base di cellule T esprimenti un Recettore Chimerico Antigenico (cellule CART);
– patologia oncologica od onco-ematologica in trattamento con farmaci immunosoppressivi, mielosoppressivi o a meno di sei mesi dalla sospensione delle cure;
– immunodeficienze primitive (per esempio sindrome di DiGeorge, sindrome di Wiskott-Aldrich, immunodeficienza comune variabile etc.);
– immunodeficienze secondarie a trattamento farmacologico (per esempio terapia corticosteroidea ad alto dosaggio protratta nel tempo, farmaci immunosoppressori, farmaci biologici con rilevante impatto sulla funzionalità del sistema immunitario etc.);
– dialisi e insufficienza renale cronica grave;
– pregressa splenectomia;
– sindrome da immunodeficienza acquisita (AIDS) con conta dei linfociti T CD4+ < 200cellule/µl o sulla base di giudizio clinico.
La lista dei farmaci per capire chi deve sottoporsi alla “terza dose”
L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), ha pubblicato un elenco con i principali farmaci ad attività immunodepressiva da tenere in considerazione per identificare i soggetti idonei alla dose addizionale.
Al momento la lista è solo indicativa e AIFA precisa che la decisione di somministrare una dose addizionale di vaccino deve essere presa solo dopo un’attenta valutazione clinica che tenga conto non solo dei farmaci utilizzati, della diagnosi, della storia clinica e delle condizioni del singolo paziente, ma anche “in rapporto alle caratteristiche cliniche del paziente e non in base al dosaggio degli anticorpi anti-spike in quanto non è attualmente disponibile uno standard di riferimento e non è stata definita una concentrazione considerata ottimale/adeguata”.
Dose addizionale: con quale vaccino si può somministrare?
Questi pazienti dovrebbero aver già ricevuto due dosi di vaccino a mRNA (Pfizer-BioNTech o Spikevax/Moderna), ma a prescindere dal vaccino utilizzato per il ciclo primario (inclusi i vaccini a vettore virale Vaxzevria/AstraZeneca e Johnson&Johnson di Janssen) e considerate le indicazioni fornite dalla commissione tecnico scientifica di AIFA, sarà possibile somministrare come dose addizionale uno qualsiasi dei due vaccini a mRNA autorizzati in Italia dopo almeno 28 giorni dall’ultima dose.
Terza dose di vaccino: chi deve farla?
Secondo le indicazioni del Comitato Scientifico del Ministero, la somministrazione della dose addizionale al momento è ritenuta prioritaria nei soggetti trapiantati e immunocompromessi. Per altre categorie specifiche, come le popolazioni connotate da un alto rischio, per condizioni di fragilità che si associano allo sviluppo di malattia grave, o addirittura fatale, o per esposizione professionale, verrà decisa una strategia di somministrazione di una dose “booster” di vaccino a mRNA.
Dose booster: a chi viene somministrato il richiamo?
Il Ministero della Salute, in una circolare del 27 settembre 2021, ha indicato la somministrazione di dosi booster per i soggetti dagli 80 anni di età e per il personale e gli ospiti dei presidi residenziali per anziani.
Considerate le indicazioni fornite dalla commissione tecnico scientifica di AIFA, sarà possibile somministrare come dose booster uno qualsiasi dei due vaccini a mRNA autorizzati in Italia dopo almeno 6 mesi dal completamento del ciclo vaccinale primario; a prescindere dal vaccino utilizzato per il ciclo primario (inclusi i vaccini a vettore virale Vaxzevria/AstraZeneca e Johnson&Johnson di Janssen).
In un ulteriore circolare, aggiornata l’8 ottobre 2021, il Ministero della Salute specifica che, tenendo conto dell’approvazione da parte di EMA sulla somministrazione di una dose del vaccino Comirnaty di BioNTech/Pfizer come richiamo di un ciclo vaccinale primario, se ne raccomanda l’utilizzo nelle seguenti categorie:
– nei soggetti a partire dagli 80 anni di età;
– nel personale e negli ospiti dei presidi residenziali per anziani;
– negli operatori sanitari e negli operatori di interesse sanitario che svolgono le loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie, parafarmacie e negli studi professionali, a partire dai soggetti dai 60 anni di età o con patologia concomitante tale da renderli vulnerabili a forme di COVID-19 grave o con elevato livello di esposizione all’infezione;
– persone con elevata fragilità motivata da patologie concomitanti/preesistenti di età uguale o maggiore di 18 anni;
– soggetti dai 60 anni di età.
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