Disagio giovanile e “baby gang”: colpa della pandemia?

Con le riaperture sono aumentati gli episodi di violenza che vedono protagonisti i giovani, spesso minorenni e riuniti in vere e proprie “baby gang”. A cosa è dovuto? Come supportare i giovani in questo nuovo scenario? Ne parliamo con la dott.ssa Ylenia Canavesio, neuropsicologa del Centro Psico Medical Care

Come si spiega il fenomeno delle baby gang? 

“Le motivazioni più comuni – spiega la dott.ssa Canavesio – riguardano la pressione dei pari e il desiderio di sentirsi parte di un gruppo, la volontà di essere rispettati e di ottenere uno status per sentirsi più forti. Importanti sono anche il bisogno di protezione e l’attrazione data dalla possibilità di guadagnare denaro”.

Tuttavia, ci sono anche molti altri fattori che mettono i giovani a rischio di commettere violenza o reati: fattori individuali, familiari, sociali e ambientali

“Questi gruppi – aggiunge la dott.ssa Canavesio – sono in gran parte composti da giovani che si conoscono fin dalla più tenera età, a volte dai sette ai dieci anni. Tendono inoltre ad avere difficoltà a scuola nell’adolescenza, a volte con problemi familiari e instabilità economica. Riunirsi dà loro un senso d’identità e li protegge”. 

Tra i principali fattori di rischio individuali:

  • difficoltà di apprendimento ed esclusione dalla scuola
  • problemi di salute mentale
  • bassa autostima
  • comportamento aggressivo
  • disagio emotivo 
  • uso di alcol e droghe

Le conseguenze di un problema ignorato 

Che l’attuale aumento degli episodi di violenza possa essere condizionato dalla pandemia  COVID-19, è un timore ormai diffuso: in particolare tra i giovani, resi più vulnerabili dalla crisi stessa. 

La preoccupazione principale delle istituzioni, in questo periodo di grande emergenza, è ovviamente legato alla sicurezza sanitaria. Purtroppo però, le implicazioni sociali, economiche e di sicurezza “di secondo ordine” della pandemia si fanno sempre più pressanti. Tra queste, il disagio che si riscontra tra i giovani, e che sempre più spesso si manifesta attraverso episodi di violenza. 

Il peso della pandemia 

La pandemia ha posto alle istituzioni e a tutti noi una serie di sfide. L’isolamento, con i giovani confinati nelle loro case,  ha contribuito ad aumentare i reati commessi online e gli episodi di adescamento online. Inoltre, la chiusura prolungata delle scuole e delle attività sportive e ricreative ha eliminato un fondamentale elemento di protezione, esponendo soprattutto i più vulnerabili. Questi infatti oltre ad essere luoghi dove si apprende sono i  luoghi delle relazioni dove si affinano le competenze emotive e  dove avvengono quei riti di passaggio fondamentali per procedere verso il mondo adulto.

Anche le difficoltà economiche costituiscono un fattore di rischio importante, che spesso spinge un giovane a considerare l’idea di commettere attività criminali, trovando un rifugio nel gruppo. 

La pandemia ha avuto un importante impatto anche sulla salute mentale, perché ha aumentato i sentimenti di stress e ansia. L’isolamento ha reso più difficile distrarsi dai pensieri negativi e l’intera situazione ha portato con sé nuove preoccupazioni, come per i propri cari o l’incertezza sul futuro. 

Infine sono state limitate le molte opportunità fornite dalle comunità, dallo sport e da altre forme di attività sociali: tra i più penalizzati proprio i giovani, privati del supporto e delle occasioni per socializzare, oltre che di attività appaganti che aiutano lo sviluppo di valori e abilità positive. Momenti fondamentali che costruiscono la resilienza verso la devianza, accogliendo i ragazzi in un ambiente più sicuro e positivo.

Come aiutare i giovani? 

Con il nuovo anno scolastico che si preannuncia in presenza e i luoghi di aggregazione nuovamente accessibili ai ragazzi, sarà compito degli adulti e delle istituzioni monitorarne con attenzione i comportamenti. Ora più che mai è importante proteggere i giovani e coinvolgerli in attività positive per costruire la loro resilienza.

Fondamentale offrire una corretta informazione nelle scuole, per raggiungere i bambini e i giovani, mostrando loro che esiste ancora la possibilità di trovare un sostegno, anche se potrebbe avere modalità differenti rispetto a prima. 

Bibliografia

-L’impatto del periodo di isolamento legato al Covid-19 nello sviluppo psicologico infantile.  Cerniglia, L.; Cimino, S.; Ammaniti, M.. Psicologia Clinica dello Sviluppo ; 24(2):187-190, 2020.

Mental Health of Children and Adolescents Amidst COVID-19 and Past Pandemics: A Rapid Systematic review. Salima Meherali et al . Review. Int. J. Environ. Res. Public Health 2021.

Impact of COVID-19 and lockdown on mental health of children and adolescents: A narrative review with recommendations. Shweta Singh et al.  Pychiatry Res. 2020.

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