La ricostruzione del seno rientra a pieno titolo nella cura contro il cancro ed è parte imprescindibile del processo di guarigione. Oggi, una donna non solo può guarire, ma può anche riprendere una vita normale, persino quando la mastectomia totale non può essere evitata.
Ne abbiamo parlato con la dottoressa Valeria Bandi, chirurgo plastico presso Humanitas.
Cosa significa ricostruire il seno?
Ricostruire il seno significa fare in modo che la paziente non subisca le stigmate dell’intervento demolitivo-asportativo e possa riprendere la propria vita sociale senza sentirsi “diversa”.
Quando si effettua l’intervento?
Nella maggior parte dei casi l’intervento viene effettuato contestualmente all’asportazione del tumore; in una piccola percentuale di casi, quando i tessuti sono scadenti oppure è stata eseguita una radioterapia che ha compromesso la qualità dei tessuti, deve essere rimandato di qualche mese.
Quali sono le tecniche ricostruttive?
In caso di asportazione di una parte della mammella (quadrantectomia) si utilizzano i tessuti all’interno del seno e si distribuiscono in modo da chiudere il deficit con il minor esito cicatriziale possibile; in caso di asportazione di tutto il seno bisogna ripristinare il volume perso, o mediante inserimento di una protesi in silicone oppure mediante inserimento di un espansore, cioè una protesi senza volume (quando i tessuti non consentono di contenere una protesi). In rari casi si utilizzano lembi di muscolo e pelle prelevati vicino al seno (lembo miocutaneo di grande dorsale o DIEP) che devono andare a coprire grandi asportazioni.
Qual è il risultato?
Il risultato deve essere sovrapponibile a un risultato estetico anche se non si può parlare di chirurgia estetica. Si parla infatti di chirurgia ricostruttiva dal momento che trattiamo “tessuti non vergini”, che hanno subito un precedente intervento asportativo-demolitivo.
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