Il vaccino Vaxzevria/AstraZeneca è il terzo arrivato in Italia per prevenire COVID-19, la malattia causata dall’infezione del virus SARS-CoV-2, ed è indicato per soggetti dai 18 anni di età.
L’autorizzazione del vaccino è arrivata dopo le regolari e consuete fasi di verifica in merito all’efficacia e alla sicurezza e, la sua somministrazione, così come per Pfizer BioNTech e Moderna, è regolata dal piano nazionale di vaccinazione che prevede più fasi. Il vaccino è stato autorizzato da EMA (European Medicines Agency – Agenzia Europea per i Medicinali) e da AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco).
Come funziona il vaccino Vaxzevria/AstraZeneca? Ne abbiamo parlato con il dottor Michele Lagioia, Direttore Medico Sanitario di Humanitas.
Come agisce il virus SARS-CoV-2?
Il virus SARS-CoV-2 è una particella (virione) di forma rotondeggiante con una serie di ‘punte’ sulla superficie, che la fanno assomigliare a una corona, da qui il nome Coronavirus.
Sulla superficie di questa particella è presente una proteina (Spike) in grado di legarsi all’enzima di conversione dell’angiotensina 2 (ACE2): un enzima che tra i suoi compiti, regola la pressione sanguigna presente sulle cellule dell’epitelio polmonare, con il compito di difendere i polmoni dai danni causati da infezioni e infiammazioni.
L’interazione tra la proteina Spike e il recettore ACE2 permette al virus di entrare nella cellula moltiplicandosi e impedendo all’enzima di fare il suo lavoro e proteggerla. La proteina Spike viene così definita come una sorta di “chiave” che permette l’accesso del virus alle cellule dell’organismo, attraverso l’ACE2 (angiotensina), la “serratura”.
L’infezione avviene tramite il codice genetico virale (RNA) rilasciato dal virus che costringe la cellula umana a produrre proteine virali che invadono altre cellule, portano avanti l’infezione.
Che cos’è un vaccino a vettore virale
AstraZeneca ha messo a punto un vaccino a vettore virale, utilizzando l’adenovirus, una versione indebolita del virus (innocuo per l’uomo) che provoca il raffreddore negli scimpanzé (ChAdOx1 – Chimpanzee Adenovirus Oxford 1). All’interno di questo virus è stato inserito il materiale genetico della proteina Spike che, una volta entrata nelle cellule, permette al sistema immunitario di attivarsi, producendo gli anticorpi necessari per riconoscerla e bloccare l’infezione.
Non è la prima volta che si utilizza un vettore virale, era già successo nel 2019, per il primo vaccino contro l’Ebola. Nel caso del COVID-19, si utilizzano adenovirus di scimpanzé perché quelli umani sono già responsabili di diverse infezioni a carico dell’apparato respiratorio e può succedere che l’efficacia del vaccino venga compromessa se in passato il soggetto trattato abbia già sviluppato gli anticorpi a seguito di un’infezione.
Come funziona il vaccino Vaxzevria/AstraZeneca
Il vaccino fornisce il codice genetico per produrre la proteina Spike, stimolando così la produzione di anticorpi specifici contro il virus (l’adenovirus non è in grado di replicarsi e diffondersi nell’organismo). Grazie a cellule dotate di memoria difensiva, il nostro sistema immunitario sarà così in grado di riconoscere e combattere la minaccia anche in un futuro, qualora il soggetto dovesse entrare nuovamente in contatto con il virus.
Il vaccino viene somministrato in due iniezioni, ad una distanza di almeno dieci settimane l’una dall’altra. Dopo tre settimane dalla prima dose inizia la protezione indotta dal vaccino (dura circa 12 settimane), ma tuttavia, è necessario aspettare almeno 15 giorni dalla seconda dose, per avere una protezione completa.
Gli studi clinici
L’efficacia del vaccino COVID-19 AsraZeneca è valutata su due studi: COV002 di fase II/III (Regno Unito) e COV003 di fase III (Brasile) che hanno coinvolto circa 12mila partecipanti. 6106 hanno ricevuto due dosi di AstraZeneca, mentre a 6.090 sono stati somministrati un vaccino meningococcico o una soluzione salina.
L’87% dei partecipanti aveva un’età compresa tra 18 e 64 anni, mentre il 13% un’età pari o superiore a 65 (il 55.1% erano donne). Questi studi hanno coinvolto persone che avevano già avuto il COVID-19, donne in gravidanza, persone colpite da malattie gravi o non controllate e soggetti con immunosoppressione severa.
L’intervallo tra la prima e seconda dose variava da 3 a 23 settimane a causa della logistica. L’86% dei partecipanti ha ricevuto la seconda dose entro le 4-12 settimane.
L’efficacia del vaccino COVID-19 Vaccine AstraZeneca
In situazioni ottimali (con 2 dosi a distanza di 4-12 settimane) gli studi hanno osservato 64 casi di COVID-19 su 5.258 soggetti vaccinati e 154 casi di infezione su 5.210 individui del gruppo di controllo. L’efficacia del vaccino è stata del 59,2% in soggetti sani e del 58,3% in soggetti con altre patologie. Efficacia che ha raggiunto l’82,4% con la somministrazione della seconda dose di vaccino dopo 12 settimane.
Nei soggetti che hanno ricevuto la seconda dose dopo 22 giorni, non ci sono stati casi di ospedalizzazione (0% su 8.032 individui), mentre 14 casi (0,2% su 8.026), di cui uno fatale, sono stati segnalati per un controllo.
La protezione del vaccino COVID-19 AstraZeneca non è nota (gli studi sono ancora in corso).
La sua approvazione è legata al favorevole rapporto beneficio/rischio in soggetti che hanno più di 18 anni di età. Inoltre, la disponibilità di un terzo vaccino (oltre a Pfizer e Moderna) di più facile conservazione (l’AstraZeneca non deve rimanere congelato e può durare almeno sei mesi se refrigerato a 2-8°C), rappresenta un importante contributo alla campagna vaccinale in corso.
La Commissione tecnico-scientifica dell’AIFA, in considerazione dei tre vaccini disponibili in Italia, ha inizialmente suggerito l’uso preferenziale di vaccini mRNA (BioNTech/Pfizer e Moderna) per soggetti anziani e/o considerati a più alto rischio di sviluppare una malattia grave, e l’uso di AstraZeneca per soggetti dai 18 ai 55 anni di età.
Il rapporto beneficio/rischio risultava comunque favorevole anche per soggetti di età più avanzata, in assenza di specifici fattori di rischio.
Vaccino Vaxzevria (AstraZeneca) e le diverse fasce d’età
Il 22 febbraio 2021, il Ministero della Salute ha esteso la possibilità di utilizzare il vaccino COVID-19 Vaccine AstraZeneca in soggetti fino a 65 anni di età, a seguito del parere della Commissione tecnico-scientifica dell’AIFA e alle precisazioni del Consiglio Superiore di Sanità. Indicazione rafforzata da studi scientifici che riportavano un’efficacia maggiore rispetto alle precedenti, con dati di immunogenicità in soggetti di età superiore anche ai 55 anni, insieme a nuove raccomandazioni internazionali come il parere dello Strategic Advisory Group of Experts (Sage) on Immunization dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
La Circolare ministeriale facendo riferimento alla categoria 6 (Soggetti di età inferiore a 55 anni – dai 18 ai 54 anni – senza condizioni che aumentano il rischio clinico) del documento “Raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19, agg.to 8 febbraio 2021” indicava che il vaccino AstraZeneca potesse essere offerto fino ai 65 anni (coorte nati 1956) compresi i soggetti con condizioni che potessero aumentare il rischio di sviluppare forme severe di COVID-19 senza quella connotazione di gravità riportata per le persone definite estremamente vulnerabili.
Tenendo in considerazione gli ultimi studi scientifici che confermavano la sicurezza del vaccino Vaxzevria/AstraZeneca anche in soggetti di età superiore ai 65 anni, con una protezione significativa sia dallo sviluppo di COVID-19, sia dalle forme gravi o addirittura fatali scatenate dal virus, ha portato ad una nuova circolare dell’8 marzo 2021 del Ministero della Salute, in cui è stato esteso l’utilizzo del vaccino AstraZeneca anche nei soggetti con età superiore ai 65 anni, ad eccezione dei pazienti a rischio (per condizioni di immunodeficienza, primitiva o secondaria a trattamenti farmacologici o per patologia concomitante che aumenti considerevolmente il rischio di sviluppare forme fatali di COVID-19) per i quali si confermava l’indicazione a una somministrazione preferenziale dei vaccini a RNA messaggero.
Queste considerazioni si inserivano in un contesto di sanità pubblica caratterizzato da una limitata disponibilità di dosi vaccinali e dalla necessità di proteggere le fasce più esposte al rischio di sviluppare forme gravi o fatali di COVID-19.
Vaccino Vaxzevria (ex AstraZeneca) e rischio di trombocitopenia e disturbi della coagulazione
I casi di eventi tromboembolici, riportati da diversi Paesi Europei, a seguito della somministrazione del vaccino Vaxzevira (ex AstraZenica), hanno portato alcune realtà a decidere di sospendere diversi lotti del vaccino o il vaccino stesso.
Dopo la somministrazione del vaccino, seppur in casi rari, si è infatti presentata una combinazione di trombosi e trombocitopenia (carenza di piastrine nel sangue) talvolta associata a sanguinamento, includendo casi gravi di trombosi venosa anche in aree insolite come: trombosi cerebrale dei seni venosi, trombosi venosa mesenterica e trombosi arteriosa in concomitanza con trombocitopenia.
Il PRAC (Pharmacovigilance Risk Assessment Committee), cioè il comitato dell’EMA incaricato di valutare i rischi dei farmaci per uso umano, ha condotto un’indagine che ha confermato che i benefici del vaccino superano i rischi, nonostante ci sia un possibile collegamento con i casi di trombi associati a un basso livello di piastrine.
I casi segnalati si sono verificati soprattutto in soggetti femminili con età inferiore ai 60 anni entro due settimane dalla vaccinazione..
Pertanto, è stato raccomandato:
– Non sottovalutare i seguenti sintomi (nelle settimane successive all’iniezione): fiato corto, dolore al petto, gonfiore alle gambe, persistente dolore addominale (pancia), sintomi neurologici, come mal di testa grave e persistente o visione offuscata, minuscole macchie di sangue sotto la pelle oltre il sito di iniezione.
– l’aggiornamento delle informazioni sul vaccino, alla luce di quanto finora noto;
– Segnalare sospette reazioni all’Agenzia Italiana del Farmaco.
Il vaccino Vaxzevria (ex AstraZeneca) raccomandato a partire dai 60 anni
Il Ministero della Salute ha emanato una nuova circolare in data 7 aprile 2021, dove raccomanda l’uso preferenziale del vaccino Vaxzevria (ex AstraZeneca) nelle persone di età superiore ai 60 anni, ad eccezione di coloro che appartengono alle categorie estremamente fragili o di disabilità grave (per questi casi è appropriato un vaccino a mRNA).
Chi ha già ricevuto una prima dose del vaccino Vaxzevria, può completare comunque il ciclo vaccinale con il medesimo vaccino.
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