“Dal 1975 l’obesità è quasi triplicata”, twitta l’Organizzazione Mondiale della Sanità in occasione del World Obesity Day (4 marzo 2021), “La maggior parte della popolazione mondiale vive in Paesi in cui il sovrappeso e l’obesità uccidono più persone di quelle che muoiono a causa della carenza di peso. L’obesità è prevenibile e trattabile”. In che modo?
Ne abbiamo parlato con il dottor Lanfranco Roviglio, Medico Chirurgo, specialista in Dietologia e Scienza dell’Alimentazione Humanitas Medical Care di Arese.
Quali sono le cause di obesità?
Si definisce Indice di Massa Corporea il numero che si ottiene dividendo il peso di una persona in chili per l’altezza in metri al quadrato: questo valore va confrontato con una tabella. La popolazione viene definita in base a 5 classi di peso:
– Sottopeso: meno di 18,4
– Peso normale: compreso tra 18,5 e 24,9
– Sovrappeso: tra 25 e 29,99
– Obesità: superiore a 30
– Obesità grave/morbigena: superiore a 35
Quali sono le cause di obesità?
Le cause di obesità sono molteplici, dal 1980 il numero delle persone sovrappeso/obese è in continua crescita, per diversi fattori:
- È stato abbandonato definitivamente il Regime Alimentare Mediterraneo (il termine dieta è fuorviante), lo stile alimentare della popolazione italiana delle città costiere dell’Italia negli anni ’30, ’40 fino al boom economico dei primi anni ’60. In pratica, una popolazione povera, soggetta a lavori faticosi (contadini, artigiani e pescatori) che si alimentava con cibi economici, facilmente reperibili sul territorio: pesce (quello meno caro: sarde, alici, sardine), legumi (fonte proteica), cereali (pasta, riso e pizza), uova, latticini, olio di oliva, vino, abbondante frutta e verdura. Tutto in quantità limitata, tutta la popolazione era magra, spesso sottopeso. Ricette gustose, salubri ma laboriose e quindi, inevitabilmente, abbandonate col passare dei decenni.
Dal 1960 l’alimentazione nazionale è aumentata in quantità e, lentamente ma inesorabilmente, si è avvicinata sempre di più all’alimentazione d’oltre oceano.
Nel corso degli anni sono arrivate le paninoteche, i ristoranti cinesi, i supermercati, la lenta scomparsa del negozio di alimentari dietro l’angolo, l’avvento delle cucine internazionali, la massificazione dei gusti e delle quantità imposti dalle multinazionali del cibo, etc.
- Familiarità: intesa come comune stile di vita/alimentare imposto dai genitori sui figli che si adeguano alle quantità, qualità dei cibi che vengono messi in tavola. “Partendo dal concetto che nessuno nasce grasso, esistono dati statistici che affermano che due genitori obesi hanno alto rischio di avere figli obesi; mentre se uno solo è obeso il rischio si abbassa; nel caso di genitori magri il rischio è molto più basso”.
- Sedentarietà: lo stile di vita odierno condizionato dal tempo e dalla necessità di spostamenti notevoli per recarsi al posto di lavoro hanno imposto l’uso di mezzi meccanici (dall’auto/moto, all’ascensore, al monopattino elettrico, nelle grandi città); la gestione dei figli o dei genitori anziani erode il tempo libero e l’erronea convinzione che solo il riposo permetta di “ricaricare le pile”, riduce al minimo l’attività motoria volontaria.
- Stress: inteso come carico di impegni lavorativi o familiari.
- L’urbanizzazione, il lavoro sempre più stressante, il tempo dedicato alla preparazione del cibo è sempre più ridotto, demandando spesso questo impegno a rosticcerie, mense, cibi precotti reperibili in quantità e varietà incredibile nei supermercati, locali di fast food economici, cibo a domicilio, soprattutto nelle grandi città. Il cibo industriale, addizionato con grandi quantità di zuccheri, grassi a basso prezzo e quindi gettonato con facilità.
- Sesso: Le donne hanno maggiori probabilità di diventare obese in quanto hanno meno massa muscolare e tendono a bruciare meno calorie rispetto agli uomini. Per molte, inoltre, la menopausa rappresenta un momento di maggior rischio per lo sviluppo del sovrappeso/obesità in quanto si verificano modificazioni della funzione tiroidea, della secrezione dell’ormone della crescita, ma anche del comportamento nello stile di vita. Pertanto, in questa fase, sarebbe utile prestare maggior attenzione al proprio stile di vita, facendosi consigliare da uno specialista.
- Sospensione del fumo: i fumatori tendono ad aumentare di peso dopo avere smesso di fumare sia perché la nicotina aumenta il ritmo con il quale il corpo brucia le calorie, sia perché il fumo influenza le papille gustative rendendo il cibo meno appetibile. Una volta smesso di fumare, da un lato vengono bruciate meno calorie, dall’altro il cibo diventa più attraente (la persona sente maggiormente il sapore e il profumo delle pietanze) e quindi viene consumato in maggiore quantità. Inoltre, chi smette di fumare, spesso sente la necessità di mettere qualcosa in bocca (al posto della sigaretta). Questo porta molti ex-fumatori a mangiare più spesso, magari anche inconsapevolmente, spizzicando di continuo e, di conseguenza, aumentando di peso.
Per questi motivi, considerando quanto sia fondamentale smettere di fumare per la salute, è consigliabile rivolgersi a un centro antifumo o a uno specialista, per farsi supportare nel percorso antifumo.
- Alimentazione squilibrata: eccesso di zuccheri semplici, fin dalla prima infanzia, perché resi comodi, pronti e a basso prezzo per favorirne l’abuso e creare i consumatori affezionati di domani; uso abbondante di carboidrati (zuccheri complessi) pane, pasta riso e industriali come crakers, grissini, taralli molto più calorici del pane e biscotti perché a basso prezzo; inconsapevole uso eccessivo di grassi, specie animali e scarso o nullo utilizzo di verdure e frutta.
Prevenzione e cura dell’obesità
Prevenzione: bisognerebbe partire dalla modifica dello stile di vita personale ma vorrebbe dire “cambiare il mondo” che è sempre più orientato verso l’aumento di peso dell’umanità intera!
I pilastri della cura dovrebbero essere:
– Ridurre la sedentarietà che, nel nostro paese, interessa circa il 40% della popolazione (tra le donne è il 44%): una sana e tranquilla camminata di almeno 20 minuti tutti i giorni, da sola, in un anno ridurrebbe il peso di tre chili almeno.
In altre parole si deve curare l’eccesso di peso come si cura l’ipertensione, il diabete e tutte le altre patologie croniche: continui e periodici contatti terapeutici, sine die.
– Siamo di fronte a una patologia del comportamento: il paziente dovrebbe rivedere il suo stile alimentare sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo ma non ci riesce. Il motivo è che non si può fare affidamento sulla solo capacità del paziente di resistere agli stimoli. È infatti importante non limitarsi a consegnare semplicemente una dieta con una lista di cibi e quantità ma inquadrare il problema nella sua complessità, tenendo conto che si tratta di una patologia multifattoriale, cronica e in continuo aumento. Consigliare al paziente di perdere peso è facile, più difficile è convincerlo a farlo. Per fare questo sono necessarie capacità comunicative e un’empatia che purtroppo non si trovano in tutti i medici.
– L’intervento più accreditato è la terapia cognitivo comportamentale, ove il paziente non è il mero esecutore di indicazioni e proibizioni del medico ma si prende carico del suo problema grazie a un continuo supporto psico-nutrizionale che lo coinvolge in prima persona. Come già accennato, la consegna di una dieta è l’intervento più utilizzato: è un regime alimentare atto a favorire la riduzione del peso corporeo fornendo all’organismo un numero di calorie inferiori al suo fabbisogno che si fonda su alcuni principi di base:
a) Ipocalorico, con energia totale non inferiore al 70% delle necessità metaboliche.
b) Rispettare l’equilibrio nutrizionale assicurando un adeguato apporto di carboidrati, lipidi e proteine; assicurando una quota di acidi grassi e aminoacidi essenziali raccomandati; salvaguardando le razioni consigliate di vitamine, sali minerali, fibra alimentare e mantenendo un’adeguata idratazione.
c) Ripristino dei parametri metabolici dovuti a patologie concomitanti come diabete, dislipidemia (colesterolo e/o trigliceridi elevati), gotta, ipertensione, eventuali malattie cardiovascolari.
d) Non si deve dimenticare l’aspetto educativo, condizione indispensabile per modificare errori alimentari
e) Fin dall’inizio lavorare con l’obiettivo di mantenere nel tempo il peso raggiunto perché la ricaduta, cioè il ricupero del peso perso è, a tutt’oggi, molto frequente.
Rischio per la salute durante la pandemia
Gli obesi sono fortemente a rischio per la vita se colpiti da forme gravi di COVID-19; l’esperienza delle terapie intensive durante l’anno di pandemia ha dimostrato che quanto più l’obesità è marcata, tanto più è elevato il rischio per chi risulta positivo all’infezione da SARS-CoV-2; in questi soggetti, infatti, è presente la Sindrome da ipoventilazione, perché obese e le persone possono incontrare difficoltà a fornire una quantità adeguata ossigeno per il loro organismo; l’aumento del peso e del loro Indice di Massa Corporea riducono i volumi polmonari.
In questi soggetti è frequente la dispnea come la sindrome ostruttiva dell’apnea nel sonno e la Malattia polmonare ostruttiva cronica. Dal punto di vista tecnico si abbassano: il volume espiratorio forzato, la capacità vitale forzata, la capacità residua funzionale, il volume espiratorio della riserva, il volume residuo e la capacità polmonare totale. Il deposito di grasso nella parete addominale e intorno agli organi ostacola il movimento del muscolo diaframma e diminuisce l’espansione del polmone durante l’inspirazione e quindi si riduce la capacità respiratoria.
I soggetti obesi sono più a rischio delle esacerbazioni di asma (38% più alta dei soggetti normali).
Sedi
-
12.000.000 Visite
-
1.000.000 pazienti
-
7.300 professionisti
-
190.000 ricoveri
-
12.000 medici