La pandemia Covid-19 ha avuto un forte impatto sulla salute mentale di ogni persona, i cui effetti si riveleranno in modo ancor più evidente ad emergenza conclusa.
Molti sono in grado di gestire lo stress e persino di sviluppare resilienza di fronte a cambiamenti e difficoltà; tuttavia, la portata di un evento come questo – cronico e travolgente – sembra ridefinire il concetto stesso di stress.
Ansia e disturbi di panico sono in aumento
Uno dei disagi oggi più diffusi è senza dubbio l’ansia, la cui forma patologica si può presentare in diverse modalità. I due disturbi patologici con cui l’ansia si presenta sono il disturbo di panico, con o senza agorafobia, e il disturbo d’ansia generalizzato.
Il disturbo di panico si caratterizza per la presenza di crisi improvvise, acute, senza motivo, in cui la persona ha la sensazione di essere nel mezzo di una catastrofe, di avere una crisi fisica, respiratoria, cardiologica, ha paura di morire, svenire, di perdere il controllo, di impazzire. Ma è tutto un “come se”, perché in realtà in quel momento non ha un’alterazione fisica realmente preoccupante. La manifestazione clinica talvolta si caratterizza anche per la presenza di agorafobia, ossia la difficoltà a frequentare luoghi dove avere un attacco di panico sarebbe vissuto come drammatico, imbarazzante e pericoloso (in metropolitana, in una piazza affollata, sul luogo di lavoro).
Per valutare l’impatto della pandemia da Covid-19 sulla salute e il benessere mentale della popolazione italiana è stato condotto uno studio scientifico a cui hanno partecipato oltre 3000 persone, presentato al 29esimo European Congress of Psychiatry nel mese di aprile 2021 e promosso – sotto la guida del prof. Giampaolo Perna – da Humanitas University. I dati preliminari hanno evidenziato un’incidenza dei disturbi d’ansia superiore al 10%, valutata nell’arco di un mese sia nella fase post primo lockdown che in autunno. Quindi è probabile si possa stimare che oltre 5 milioni di italiani abbiano iniziato a soffrire per una ansia patologica nel periodo Covid-19.
Avere un disturbo d’ansia ai tempi del Covid-19
Convivere con un disturbo d’ansia in tempo di pandemia può portare a reazioni diverse, in base al tipo di disturbo e al contesto di vita di ogni persona.
L’esperienza del lockdown e della pandemia, per una persona con disturbo d’ansia generalizzata, potrebbe rappresentare un’ulteriore fonte di disagio, perlopiù a causa del costante senso di incertezza e di pericolo che accompagna la pandemia. Allo stesso modo, il pericolo costante di contrarre la malattia da Covid è motivo di preoccupazione per i soggetti ipocondriaci.
Al contrario, lo scenario portato dalla pandemia potrebbe avere riflessi positivi in persone con agorafobia, in particolare per chi vive in un contesto familiare, per la possibilità di rimanere all’interno di una zona di comfort. Infine, le occasioni di contatto ridotte al minimo possono essere fonte di sollievo per chi soffre di fobia sociale. In questi ultimi casi, il vantaggio legato alle norme anti-Covid potrebbe trasformarsi in un forte svantaggio una volta usciti dalla pandemia, per il consolidamento dei comportamenti di evitamento e protezione avvenuta in questo lungo periodo pandemico.
Un sintomo non è (necessariamente) una patologia. Ma il disagio può essere gestito
L’aumento delle manifestazioni di ansia, depressione e insonnia, durante il Covid-19, è stato ampiamente dimostrato. Ma un disagio non necessariamente è una patologia: chi sta male non sempre soffre di una vera patologia psichiatrica. Così come la febbre è un segnale e la polmonite è una patologia, anche l’ansia è un segnale, che definisce una reazione del corpo; non è detto sia una patologia. Quando l’ansia si presenta in maniera eccessiva rispetto al pericolo che stiamo affrontando, oppure quando si presenta in maniera improvvisa e inattesa condizionando negativamente la nostra vita, ecco che nasce un disturbo d’ansia.
L’ansia di per sé è un’emozione frequente, e come tutte le emozioni è una risposta utile all’uomo: ci aiuta ad affrontare meglio esami, minacce e difficoltà. Avere paura non significa essere deboli, al contrario, significa possedere uno strumento utile per affrontare i problemi.
Allo stesso tempo è un’emozione spiacevole da vivere, perché ci pone in uno stato di allerta. Per questo, anche se non è una vera patologia, alti livelli di ansia possono generare disagio e a lungo tempo esaurirci. Il disagio è un’esperienza degna di essere gestita e trattata da uno specialista delle emozioni. Questo ci può aiutare, talvolta anche con interventi brevi, a recuperare l’uso utile (detto “funzionale”) dell’emozione, evitando che la difficoltà generata da quella sensazione ci possa travolgere.
L’importanza della competenza emotiva
In un periodo come questo, in cui aumentano i segnali di malessere (non solo e non tanto le patologie mentali) è fondamentale poter chiedere supporto ad uno psicologo o ad uno psichiatra. Non solo, dovrebbe essere normale, e non motivo di stigma.
Se avvertiamo un fastidioso mal di schiena, non esitiamo a chiedere aiuto ad un fisioterapista. Lo facciamo anche se il fisiatra ha escluso la presenza di patologie, perché un trattamento può attenuare il dolore e – meglio ancora – un professionista può insegnarci la postura più corretta per evitare il cronicizzarsi del malessere.
Così come per il mal di schiena, anche per le emozioni esiste un esperto che ci può aiutare a gestirle al meglio anche quando sono fisiologiche, soprattutto in un periodo in cui la competenza emotiva si rivela fondamentale.
Quando l’ansia è patologica l’intervento integrato tra psichiatra e psicoterapeuta diventa l’autostrada per ritrovare la serenità perduta e il senso di controllo della propria emotività.
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