Vene varicose, capillari, macchie cutanee, gambe pesanti, crampi notturni e gonfiore sono tutti problemi legati all’insufficienza venosa delle gambe, malattia che colpisce circa un terzo della popolazione adulta europea e in prevalenza le donne.
Trattandosi di un problema di circolazione, una delle armi efficaci per prevenirla è l’esercizio fisico. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Elisa Casabianca, chirurgo vascolare in Humanitas.
Come viene diagnosticata l’insufficienza venosa?
“Il paziente deve essere sottoposto a una valutazione generale. Soprattutto, è fondamentale studiare il circolo sanguigno con un esame Eco Color Doppler, sia per diagnosticare la patologia sia per programmare il trattamento, che deve essere adeguato e studiato su misura per il singolo paziente, o l’eventuale intervento”, spiega la dottoressa Casabianca.
Quali sono i fattori di rischio? È possibile prevenirli?
“Il principale fattore di rischio è la familiarità, ma non è l’unico”, afferma la dottoressa. E aggiunge: “La comparsa delle vene varicose dipende anche dagli stili di vita. Per prevenirle è importante, tra le altre cose, anche l’esercizio fisico. Mantenendoci attivi contrastiamo la sedentarietà e l’aumento di peso, due chiari fattori di rischio per l’insorgenza delle vene varicose. È sufficiente fare piccoli e semplici esercizi o passeggiare per contribuire a migliorare la circolazione venosa”.
L’esercizio fisico è sempre raccomandato, perché il movimento è tra i primi fattori responsabili del regolare ritorno del sangue al cuore, evitando il ristagno di sangue e liquidi agli arti inferiori. Associato a piccoli accorgimenti, come evitare la posizione eretta prolungata o mantenere, quando possibile, gli arti sollevati, è in grado di ridurre i primi sintomi dell’insufficienza venosa.
I benefici dell’attività fisica non si limitano alla prevenzione, ma riguardano anche il recupero post operatorio di un paziente sottoposto a intervento per il trattamento delle vene varicose.
Quali sono i possibili trattamenti per risolvere il problema delle vene varicose?
“Vi sono diverse modalità di trattamento: da quello conservativo, con calza elastica e farmaci flebotonici, alla scleroterapia, all’intervento chirurgico tradizionale di stripping, fino alle nuove tecniche endovascolari mininvasive, come la termoablazione in radiofrequenza che sta trovando sempre più applicazione in Humanitas”, spiega la specialista.
Le metodiche endovascolari, eseguite in anestesia locale, sono raccomandate dalle principali linee guida internazionali e dalla Società Europea di Chirurgia Vascolare, perché consentono di ridurre moltissimo l’impatto chirurgico, evitando al paziente i tagli che producono sgradevoli effetti estetici e garantendo una ripresa molto più rapida. Inoltre, queste tecniche sono applicabili anche ai pazienti che non possono essere sottoposti a chirurgia, permettendo anche a malati anziani o con gravi patologie associate di essere curati.
In cosa consiste e quali sono i vantaggi della termoablazione in radiofrequenza?
Mentre il trattamento tradizionale prevede l’asportazione chirurgica della safena e delle vene varicose, “con la tecnica della termoablazione in radiofrequenza viene inserito nelle vene un micro-catetere sotto la guida ecografica”. Quindi la vena viene occlusa dall’interno applicando alla parete energia termica. Nella maggioranza dei casi non sono necessari tagli chirurgici, non ci sono ematomi causati dal traumatismo dello stripping e si evitano i rischi di recare danni ai nervi periferici. Inoltre la ripresa è pressoché immediata e dopo poche ore il paziente può riprendere le normali attività quotidiane.
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