Non soltanto chi gioca a tennis rischia di essere colpito dal cosiddetto “gomito del tennista” ma anche tutti coloro che, a causa della loro particolare attività sportiva o lavorativa, ripetono in modo continuativo determinati movimenti del braccio, del polso o della mano. Spesso si tratta di un disturbo cronico che provoca molto dolore e, a volte, difficoltà a muovere l’articolazione. Questa patologia richiede diverso tempo per risolversi e, se non viene adeguatamente curata, può portare anche alla perdita di funzionalità del braccio.
Abbiamo chiesto al dottor Alberto Lazzerini, responsabile di Chirurgia della mano in Humanitas, di illustrarci questo disturbo che coinvolge i tendini del braccio.
Che cos’è il gomito del tennista?
“Il gomito del tennista è il termine comune per indicare l’epicondilite laterale che consiste nell’infiammazione dei tendini dei muscoli estensori dell’avambraccio, muscoli che s’inseriscono all’esterno del gomito e permettono di sollevare la mano e il polso”, spiega il dottor Lazzerini.
Il dolore associato all’epicondilite laterale, che in genere è più intenso durante o dopo lo sforzo o in seguito al semplice movimento compiuto dall’articolazione (addirittura a volte persiste anche a riposo), inizialmente interessa solo i tendini, ma in seguito può irradiarsi per tutta la lunghezza dei muscoli dell’avambraccio. Nei casi più gravi anche la semplice azione di afferrare degli oggetti, anche se leggeri, può risvegliare il dolore.
Una condizione simile, che però riguarda il lato interno del gomito, viene chiamata gomito del golfista.
Quali sono le cause dell’epicondilite laterale?
Lo svolgimento di particolari attività lavorative (muratore, carpentiere, macellaio, falegname, sarto, cuoco, violinista ecc.) o sportive (tennis, lancio del giavellotto o del disco, scherma, squash…) che comportano movimenti ripetuti e intensi del braccio o del polso con il palmo della mano rivolto in basso, oppure ripetuti microtraumi o ancora una lesione riportata nella regione dell’epicondilo mediale, possono danneggiare l’inserzione dei muscoli e quindi causare la comparsa dei sintomi del gomito del tennista.
“Solitamente le persone più soggette a questo disturbo hanno un’età compresa tra i 30 e i 40-50 anni”, afferma il dottore.
Quali sono i sintomi del gomito del tennista?
“Principalmente il dolore, sia alla pressione sia nella presa di oggetti con la mano nella zona che si trova generalmente nella parte esterna del gomito, nota come epicondilo laterale, a volte associato a gonfiore”, spiega il medico.
“Nei casi più gravi”, prosegue, “il dolore può essere provocato dalla maggior parte dei movimenti del gomito e peggiora in particolare con l’estensione e i movimenti di sollevamento e di torsione (come quando si gira la maniglia della porta o si apre un barattolo). Spesso al dolore si aggiunge una debolezza nella presa, anche se si tratta di oggetti piccoli e poco pesanti, e una rigidità mattutina”.
Come viene trattata la patologia?
“Nella maggior parte dei casi”, spiega il dottor Lazzerini, “si ricorre a terapie in grado di diminuire l’infiammazione e il dolore per permettere al paziente di ritornare alle normali attività, anche se è abbastanza comune che il disturbo si ripresenti nel tempo”.
I trattamenti includono:
- la limitazione o l’astensione dai movimenti che provocano dolore, come quelli di sollevamento di pesi con la mano rivolta con il palmo in basso;
- impacchi locali con ghiaccio;
- l’applicazione di un tutore all’avambraccio in prossimità del gomito o di un tutore per il polso, utile per proteggere la muscolatura sofferente fino alla guarigione;
- l’assunzione per bocca di farmaci anti-infiammatori e, nei casi più gravi o di lunga data, l’infiltrazione locale di cortisonici;
- movimenti da compiere con lo scopo di distendere e rinforzare la muscolatura per ridurre il rischio che l’infiammazione ritorni;
- terapie fisiche locali (laser, ultrasuoni, onde d’urto, fisiokinesiterapia);
- intervento chirurgico se i trattamenti suddetti non portano beneficio.
Il chirurgo può esporre al paziente le varie soluzioni chirurgiche per l’epicondilite laterale e i possibili risultati.
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