Frattura composta dell’omero prossimale, come trattarla?

La frattura dell’omero prossimale si verifica quando la sfera dell’articolazione della spalla, la testa dell’omero, si rompe (si localizza in cima all’osso del braccio). Nella maggior parte dei casi si tratta di fratture composte, per questo possono essere gestite con un trattamento di tipo conservativo.

Ce ne parla la dottoressa Alessandra Foglia, fisiatra presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care De Angeli a Milano.

Che cos’è l’omero?

L’omero è l’unico osso del braccio. È costituito da un corpo, o diafisi, e da due estremità dette epifisi (prossimale e distale). L’epifisi prossimale dell’omero si articola con la scapola, mentre l’epifisi distale si articola con le due ossa dell’avambraccio, il radio e l’ulna.

L’epifisi prossimale dell’omero è composta da una grossa superficie emisferica liscia, la testa, rivestita da cartilagine, che si articola medialmente con la cavità glenoidea scapolare. La testa è delimitata inferiormente dal collo anatomico dell’osso.

Inferiormente al collo anatomico si trovano poi due rilievi, il primo, frontale, noto come tuberosità minore (o trochine), è l’inserzione del muscolo sottoscapolare; il secondo rilievo, noto come tuberosità maggiore (o trochite), è posto superiormente e lateralmente rispetto a quello minore e con le sue tre facce dà inserzione agli altri muscoli della cuffia dei rotatori: il sopraspinato, il sottospinato e il piccolo rotondo.

Tra i due tubercoli si trova il solco bicipitale, in cui scorre il tendine del capo lungo del bicipite brachiale. Medialmente e lateralmente al solco bicipitale si inseriscono rispettivamente il muscolo grande rotondo e grande pettorale.

Al di sotto delle tuberosità si trova il collo chirurgico, zona di confine tra la testa e la diafisi omerale.

L’epifisi prossimale dell’omero è dunque costituita essenzialmente da 4 parti: il collo anatomico, le due tuberosità maggiore e minore e il collo chirurgico .

Quali sono le cause della frattura dell’omero prossimale?

Le fratture prossimali di omero sono frequenti e costituiscono il 4-5% di tutte le fratture.

Compaiono più spesso nei pazienti anziani, in particolare nel sesso femminile, anche dopo banali cadute a causa dell’osteoporosi senile, ma si possono osservare anche in pazienti di tutte le età dopo incidenti sportivi o stradali, quindi dopo traumi ad alta energia. In questi casi i pazienti maggiormente colpiti sono gli uomini di media età.

Una caduta sul braccio teso all’esterno è il meccanismo traumatico classico.

Nei pazienti giovani, in cui la resistenza dell’osso è maggiore di quella dei legamenti, si produce di solito una lussazione della testa che si disloca dalla cavità glenoidea scapolare.

Nei pazienti anziani invece, in cui l’osso è più debole dei legamenti, si ha una frattura ossea, tipicamente del collo chirurgico dell’omero.

La combinazione più grave delle lesioni possibili è la frattura più la lussazione che deriva di solito da gravi cadute/traumi ad alta energia in pazienti maschi di mezza età.

Come vengono classificate le fratture dell’omero prossimale?

Una classificazione frequentemente adottata è quella proposta da Neer (Neer, 1970, Randelli M., 1985) secondo cui le fratture dell’epifisi prossimale di omero vengono distinte in 1, 2, 3 o 4 frammenti.

Si considerano frammenti la testa omerale, la grande e la piccola tuberosità e la diafisi omerale.

In base alla sede, al numero dei frammenti e alla loro dislocazione, Neer elenca 6 diversi gruppi di fratture.

SI definiscono fratture composte quelle in cui non ci sono spostamenti dei frammenti o sono inferiori a 1 centimetro/ hanno un’angolazione minore di 45 °.

La sede e le caratteristiche di ciascuno di questi 4 frammenti principali devono essere accuratamente identificate nella radiografia iniziale.

Il vantaggio di tale classificazione è che permette di suddividere meglio le lesioni in classi omogenee e consente un rapido orientamento nel decidere il comportamento terapeutico che è condizionato anche dalla qualità dell’osso, dall’età e dalle richieste funzionali del paziente.

Quasi l’80% delle fratture dell’omero prossimale, tuttavia, è caratterizzata da un solo frammento; queste fratture sono generalmente stabili, tenute insieme dalla capsula articolare, della cuffia dei rotatori e/o dal periostio. Le fratture con ≥ 3 frammenti sono rare.

Il fascio vascolonervoso può essere compromesso solo nelle fratture complesse e nelle lussazioni.

Naturalmente conoscere l’anatomia e l’azione delle forze muscolari sui frammenti e classificare una frattura in maniera corretta è molto importante, anche per gestire il percorso riabilitativo successivo all’immobilizzazione e le aspettative di recupero funzionale della spalla del paziente.

Come viene diagnosticata una frattura dell’omero prossimale?

Poiché la parte prossimale dell’omero è ben coperta dalle parti molli e la scomposizione della frattura è spesso minima, i segni iniziali si limitano di solito alla dolorabilità.

La diagnosi vera e propria dipende dagli studi radiografici che vanno eseguiti in tutti i pazienti che presentano una persistente dolorabilità dopo un trauma.

Entro alcuni giorni compare poi un’ecchimosi che può estendersi dalla parete toracica al gomito, segno tipico che suggerisce fortemente la diagnosi.

Le fratture-lussazioni sono più difficili da diagnosticare, in particolare quelle associate a lussazione posteriore in cui la coracoide può essere più sporgente, la testa omerale volta posteriormente così come la direzione del braccio, con una perdita della rotazione esterna e dell’abduzione.

Proiezioni radiografiche mirate saranno essenziali per formulare la diagnosi.

L’esame TAC è, nei casi di frattura più complesse, necessaria per completare l’iter diagnostico.

Frattura composta dell’omero prossimale: l’immobilizzazione

Le fratture composte o con minima scomposizione rappresentano l’80 % delle fratture dell’estremità superiore dell’omero.

Nessun segmento è spostato in misura rilevante (meno di 1 cm o meno di 45°).

Il trattamento non chirurgico di tali fratture prevede solitamente un periodo di immobilizzazione seguito da fisioterapia. L’immobilizzazione fornisce supporto e sollievo dal dolore durante la guarigione, mentre la fisioterapia mira a ripristinare la funzione e la mobilità dell’arto leso.

L’immobilizzazione della spalla viene in genere mantenuta per 3 o 4 settimane, a seconda della stabilità della frattura e della progressione della guarigione.

Purtroppo, oltre un mese di immobilizzazione della spalla può avere un impatto sostanziale sull’indipendenza dei pazienti anziani con il rischio che la spalla diventi rigida e dolorosa, condizionando una sostanziale riduzione della funzionalità. Per questo motivo, sono state utilizzate diverse strategie di mobilizzazione precoce, in particolare nelle fratture stabili, con l’aspettativa di un recupero più rapido nel trattamento conservativo. La consolidazione ossea avviene dopo circa 6-8 settimane.

Come avviene la riabilitazione della spalla?

Il primo obiettivo riabilitativo è ottenere un buon range articolare passivo.

Possono essere indicati esercizi pendolari che aumentano man mano che il dolore lo permette, ed esercizi praticati in posizione supina con l’aiuto dell’arto controlaterale e/o del fisioterapista, volti al recupero dell’elevazione anteriore passiva nel piano scapolare, movimento privilegiato essenziale al recupero automatico anche delle rotazioni.

Oltre all’esercizio terapeutico volto al recupero della mobilità articolare, il risveglio muscolare, attraverso esercizi isometrici dei muscoli periscapolari, è importante per la stabilità gleno-omerale.

Una “sublussazione transitoria” della testa omerale segue infatti spesso le fratture prossimali di omero per due motivi: il deltoide e la cuffia dei rotatori diventano ipotrofici e atonici dopo non uso o lesione; i legamenti e la capsula lassi permettono alla testa di discendere in basso perdendo parzialmente i rapporti articolare con la glena. Il peso del braccio, infatti, porta alla sublussazione inferiore che scompare quando i muscoli riprendono tono.

Infine, l’esercizio attivo e, successivamente, quello contro resistenza, vanno effettuati quando la consolidazione è molto avanzata e si è raggiunta una buona mobilità passiva.

L’idrokinesiterapia può essere un valida strategia riabilitativa per il recupero della mobilità passiva e attiva globale e per il completo risveglio muscolare.

Esistono tuttavia dei protocolli più precoci, secondo diverse scuole di pensiero: a una settimana i pazienti sono autorizzati a svolgere le attività della vita quotidiana per la cura di sé e l’igiene, e l’immobilizzatore viene rimosso quando i pazienti riposano e per gli esercizi di fisioterapia.

Gli esercizi vengono iniziati non appena il dolore lo consente, cosa che per la maggior parte dei pazienti avviene tra 1 e 2 settimane.

Gli esercizi con il pendolo di Codman possono essere eseguiti fin dall’inizio per l’ampiezza di movimento passivo della spalla ed eseguiti da quattro a sei volte al giorno.

Gli esercizi di elevazione passiva in avanti sono consentiti dalla terza alla quarta settimana e sono meglio tollerati in posizione supina.

Man mano che il paziente si adatta a questi esercizi, questi possono essere continuati in posizione seduta o eretta. Successivamente, si possono aggiungere esercizi di movimento attivo assistito a 6 settimane, mentre il rinforzo muscolare inizia 3 mesi dopo l’infortunio.

I pazienti sono poi incoraggiati a eseguire il programma di esercizi almeno 2 volte al giorno per 10-15 minuti ogni volta, con 10-15 ripetizioni per ogni esercizio.

L’importanza della valutazione radiologica

È necessario un attento follow-up per individuare eventuali spostamenti secondari che potenzialmente cambierebbero l’indicazione di trattamento da non operativo a chirurgico.

Più il paziente è anziano e più grande è lo spostamento iniziale, maggiori sono le probabilità di progressione dello spostamento.

Le fratture del collo chirurgico con potenziale di instabilità devono essere valutate con radiografie settimanali per le prime 3 o 4 settimane, in quanto hanno la più alta probabilità di dislocazione che porta alla non consolidazione.

Per le fratture non dislocate o minimamente dislocate, la valutazione radiologica seriale sembra essere necessaria solo in quelle che presentano comminuzione.

Preferibilmente una buona indicazione è quella di chiedere radiografie alle settimane 3, 6 e 12 dopo la lesione.

Quali sono i tempi di guarigione?

I tempi di guarigione sono lunghi. Alcuni pazienti recuperano i movimenti e la funzione entro tre mesi ma sono eccezioni.

Rigidità protratta, dolore nei movimenti estremi e “dolori con il cattivo tempo” di solito persistono per almeno 6 mesi.

La forza e la coordinazione ritornano anche più lentamente.

Sicuramente i risultati del trattamento di fratture composte o con minima scomposizione sono migliori dopo un adeguato regime di esercizi terapeutici.

Quando è necessario ricorrere all’intervento chirurgico?

La maggior parte degli studi sugli esiti della frattura epifisi prossimale di omero, trattati in modo non chirurgico, sono stati riportati utilizzando la classificazione di Neer come un quadro di riferimento.

In generale, il trattamento conservativo in fratture ingranate non scomposte o minimamente scomposte porta a buoni risultati nell’80%-90% dei pazienti.

Tuttavia, anche in casi di minima scomposizione, possono presentarsi delle complicanze come la rigidità articolare, la viziosa consolidazione dei frammenti o pseudoartrosi, la necrosi avascolare della testa dell’omero e un’artrosi post traumatica, che condizionano il pieno recupero funzionale e che necessitano pertanto di un corretto inquadramento clinico e di imaging al fine di impostare un mirato iter terapeutico anche a distanza dal trauma.  Il trattamento conservativo può essere dunque offerto come prima intenzione nella stragrande maggioranza dei casi, senza rischio di complicazioni importanti o di compromissione dei risultati funzionali. Nel caso in cui il trattamento conservativo ben condotto fallisca, la chirurgia può essere proposta come seconda intenzione (osteosintesi/artroplastica della spalla) ma le indicazioni devono essere sempre attentamente valutate, prendendo in considerazione il tipo di frattura coinvolta e il paziente nel suo complesso: la sua età, il profilo di salute e le aspettative funzionali.

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Shoulder Reconstruction

Charles S.Neer II

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