L’ernia femorale (o crurale) è la fuoriuscita di una porzione di organo o tessuto normalmente contenuto nella cavità addominale attraverso il canale femorale (crurale).
Generalmente, il canale femorale è occupato dai vasi sanguigni e dai nervi che portano il sangue e gli impulsi nervosi agli arti inferiori (arteria, vena e nervo femorali). È anatomicamente presente in tutti gli individui ma in determinate circostanze può allargarsi consentendo il passaggio di parte di tessuti contenuti nel cavo addominale e portare alla formazione di un’ernia femorale (l’incidenza dell’ernia femorale nella popolazione si aggira intorno al 2 – 4%. Il rapporto maschio/femmina è di circa 1:4).
Ce ne parla il dott. Ettore Lillo, chirurgo generale presso l’ambulatorio Humanitas Medical Care di Monza.
Cosa causa l’ernia femorale?
Le cause che di solito portano allo sviluppo di un’ernia femorale sono:
· fattori predisponenti genetici: è più probabile che si sviluppi un’ernia tra parenti consanguinei di chi è già stato operato di ernia in passato.
· fattori fisici: un paziente in sovrappeso o obeso sovraccaricando la parete addominale può più facilmente sviluppare un’ernia, tuttavia è possibile che si sviluppi anche in pazienti molto magri per la riduzione del tessuto adiposo che di solito occupa il canale femorale di fianco ai vasi.
· fattori ambientali: chi fa un lavoro pesante o fa molta attività sportiva può logorare il canale femorale causando un indebolimento che può portare alla formazione di un’ernia.
Come si manifestano i sintomi dell’ernia femorale?
I sintomi dell’ernia femorale sono:
· comparsa di gonfiore in sede femorale (lateralmente all’osso pubico) che aumenta con i colpi di tosse o gli sforzi fisici
· senso di peso
· fastidio locale
Il dolore non è un sintomo specifico, tuttavia può comparire in condizioni particolari. In questi casi, è sempre indicata una visita specialistica chirurgica prima di eseguire accertamenti radiologici.
Quali sono le complicanze dell’ernia femorale?
Le complicanze delle ernie femorali sono abbastanza frequenti e vanno affrontate rapidamente perché le conseguenze possono essere gravi. Tra le più comuni c’è lo strozzamento erniario che si verifica quando un viscere addominale rimane intrappolato nel canale femorale e non riesce più a rientrare in addome, si stima che circa 2 pazienti su 5 affetti da ernia femorale sviluppino come primo sintomo uno strozzamento erniario.
I sintomi di tale condizione sono un dolore molto forte associato a nausea e vomito con un gonfiore locale molto accentuato. Questa condizione va affrontata con urgenza perché il viscere intrappolato non riceve adeguato apporto ematico e pertanto può andare incontro a necrosi e perforazione, mettendo a rischio la vita del paziente.
Come si interviene per l’ernia femorale?
L’intervento per correggere un’ernia femorale prevede l’impiego di reti che possono essere di vari materiali: non assorbibili, riassorbibili o parzialmente riassorbibili. Abitualmente si usa una rete non assorbibile di polipropilene, un polimero inerte che viene facilmente integrato dai tessuti del paziente, non crea rigetto e forma un irrobustimento della parete addominale che si mantiene a lungo nel tempo con un tasso di recidive molto basso.
L’intervento può essere eseguito per via inguinotomica (con un’incisione in regione inguinale di pochi centimetri) oppure per via laparoscopica (con 3 buchini di pochi millimetri ciascuno sull’addome), entrambe le tecniche sono ottime per correggere l’ernia femorale ma entrambi hanno dei pro e dei contro.
L’intervento tradizionale (con il taglio inguinale) ha i vantaggi di poter essere effettuato in anestesia locale (con delle punture sotto-pelle) o spinale (con una puntura nella schiena) con un’eventuale sedazione (qualora il paziente desiderasse dormire durante l’operazione) e ha un tasso di recidive (ricomparsa di ernia a distanza) in assoluto più basso.
L’intervento laparoscopico (con i buchi) ha il vantaggio di avere una ripresa funzionale post-operatoria più rapida (non dovendo tagliare le fasce muscolari) ma ha gli svantaggi di avere un’incidenza maggiore di recidive e la necessità di dover essere eseguita in anestesia generale (con intubazione).
La degenza in ospedale di solito è molto breve: poche ore o al massimo una notte nei casi più complicati. Durante questo periodo verrà impostata una terapia antidolorifica personalizzata e la profilassi anti-tromboembolica, secondo le ultime linee guida internazionali, che poi andranno proseguite ambulatorialmente.
Successive visite chirurgiche oltre alla prima di solito non sono necessarie, ma vengono valutate caso per caso.
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