Distorsione alla caviglia, ecco come curarla e come “rieducarla” al passo e alla corsa

La distorsione alla caviglia – tecnicamente chiamata distorsione tibio-tarsica – è un trauma molto frequente che riguarda sia gli sportivi, in particolare quelli che praticano sport di contatto come il basket, il calcio e la pallavolo, sia le persone “normali” che a seguito di un movimento errato provocano un processo distorsivo.

Ne parliamo con il dottor il dottor Michele Albano, fisiatra, Responsabile della Riabilitazione di Humanitas Gavazzeni e del Centro di Riabilitazione Hi–Tech e Sport Lab Humanitas Medical Care a Bergamo, in cui sono a disposizione macchinari di ultima generazione che si avvalgono di programmi basati sull’intelligenza artificiale con cui svolgere attività di preparazione o di riabilitazione ortopedica.

Dottor Albano, che cos’è, precisamente, una distorsione?

«La distorsione è una condizione di natura traumatica che riguarda nello specifico le articolazioni. Nel caso della caviglia, nello specifico, è la conseguenza di un movimento anomalo dell’arto inferiore che influisce sull’articolazione provocando un brusco allontanamento dei capi articolari senza arrivare alla lussazione che nei casi più importanti può portare alla frattura dell’osso o a un danno legamentoso che può consistere in una lesione solo parziale e totale».

Quali sono i sintomi del trauma distorsivo?

«La distorsione della caviglia provoca un dolore vivo, particolarmente intenso, una limitazione del movimento della caviglia e in generale una difficoltà a camminare, per cui chi la subisce va incontro a zoppia o addirittura, nei casi più gravi, deve fare uso di stampelle per spostarsi anche solo di pochi metri».

Che cosa bisogna fare in caso di una distorsione alla caviglia?

«È importante, soprattutto se ci sono segni clinici come il gonfiore, il rossore oltre al dolore, sottoporsi a un esame radiografico per escludere che ci sia una frattura dell’osso, quindi del malleolo – di quello peroneale o di quello tibiale – e poi rivolgersi a un fisiatra per una valutazione clinica. Questi potrà prescrivere ulteriori accertamenti quali la risonanza magnetica per individuare con precisione l’eventuale frattura ossea o quantificare l’eventuale danno dei legamenti esterni o interni della caviglia».

Come si può curare una distorsione alla caviglia?

«In genere si deve osservare un periodo di riposo di circa una settimana, con compressione e applicazione di ghiaccio sulla caviglia, elevazione dell’arto interessato e assunzione di farmaci antinfiammatori. È il cosiddetto “protocollo RICE”: Riposo, Ice (ghiaccio), Compression ed Elevation (elevazione dell’arto) più trattamento antnfiammatorio. Contestualmente è importante cominciare a lavorare con la fisioterapia, con applicazione di terapia sia manuale sia strumentale per, nell’ordine, gestire il dolore, recuperare il movimento, rinforzare la muscolatura, stabilizzare l’articolazione infine rieducare al passo».

Oggi la fase della riabilitazione è agevolata dall’utilizzo di nuovi strumenti che si avvalgono anche dell’Intelligenza Artificiale. Secondo quali criteri possono essere utilizzati?

«Nel Centro di Riabilitazione Hi–Tech e Sport Lab di Humanitas Medical Care a Bergamo abbiamo la possibilità di trattare, tra le varie altre, anche la distorsione della caviglia – sia negli sportivi sia nei pazienti di tutti i giorni – con apparecchiature che consentono di fare una valutazione della situazione subito dopo l’incidente, prima di cominciare il programma riabilitativo. Si tratta di un test che dura circa un’ora, che prevede l’utilizzo di varie apparecchiature e che permette di ottenere dati oggettivi sulla situazione di partenza».

Quali sono le condizioni legate a questi dati oggettivi?

«Si può valutare prima di tutto l’appoggio del piede. Cioè, se questo tende ad appoggiare verso l’esterno, condizione che viene chiamata supinazione, o verso l’interno, che corrisponde alla pronazione. Poi se c’è un appoggio che interessa maggiormente l’avanpiede o il retropiede, oppure se c’è un appoggio più evidente in un arto rispetto all’altro. Poi si può verificare lo stato dell’articolarità, la forza muscolare, l’equilibrio e lo schema del passo».

Quale utilità hanno questi dati?

«Sono molto importanti perché consentono di impostare il successivo trattamento riabilitativo, da eseguirsi con l’utilizzo delle apparecchiature che abbiamo in via Camozzi 10, come la Tecar, la magnetoterapia, il laser e altre, tutte che consentono di trattare ognuna delle alterazioni che si presentano a seguito dell’evento traumatico».

Quali sono gli obiettivi che si vogliono raggiungere con l’applicazione del programma riabilitativo?

«Gli obiettivi sono: recuperare il movimento, far sgonfiare la caviglia, rinforzare e stabilizzare l’articolazione, rieducare la propriocezione – cioè il controllo che il cervello ha nello spazio e nel tempo dell’articolazione – e, infine, rieducare al passo e quando richiesto, al gesto sportivo, quindi alla corsa. Le nuove apparecchiature a nostra disposizione ci consentono di accelerare i tempi e di ottenere uno stretto controllo su tutti i parametri fondamentali per una rieducazione di alto livello, non solo nello sportivo professionista ma anche nel “paziente di tutti i giorni”».

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